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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Cina e sicurezza, Lega critica l'Ue ma prova a mediare. Zanni: “Valuteremo rischi su Huawei”

Bruxelles non è felice per le aperture a Pachino fatte dall'Italia. Il Carroccio parla di “atteggiamento schizofrenico”, però assicura maggiori controlli sul gigante delle telecomunicazioni

L'avvicinamento in corso tra Italia e Cina spinge la Lega a mettere dei paletti per evitare che una relazione troppo stretta tra Roma e Pechino possa mettere il nostro Paese in imbarazzo coi partner storici a Bruxelles e Washington. E così, mentre il Movimento 5 stelle e il premier Giuseppe Conte accelerano sulla Via della Seta e rete 5G in mano a Huawei, il Carroccio assicura che proprio il colosso cinese sarà oggetto di controlli più scrupolosi.

Il 5G e i rischi spionaggio

La nuova tecnologia 5G, grazie a una maggiore velocità e alla capacità di connettere più dispositivi in contemporanea, è destinata a rimpiazzare smartphone, droni e sistemi di qualsiasi altro tipo, ormai di importanza “vitale” tanto per le persone quanto per la gestione del traffico, della sicurezza e via dicendo. Ma gli Stati Uniti stanno da tempo puntando il dito contro l'azienda che sarebbe secondo Washington un cavallo di troia per lo spionaggio cinese. Il problema delle backdoor, le “porte sul retro” che potrebbero consentire un accesso da parte delle autorità di intelligence da parte di Pechino ai dati sensibili immagazzinati nei server asiatici, è stato oggetto di una votazione a Strasburgo, sulla quale la Lega si è astenuta. Ma il responsabile esteri del Carroccio, l’eurodeputato Marco Zanni, assicura il rispetto di uno dei punti principali del testo votato in aula. Quello, appunto, dei controlli più stringenti in tema di cybersicurezza in confronti delle aziende cinesi. “Quello della infrastrutture di telecomunicazione è un tema molto importante - ha detto Zanni a EuropaToday - e sul 5G valuteremo attentamente quelle che sono le implicazioni della tecnologia Huawei e dei rischi in ambito di sicurezza”.

Linea dura degli Stati Ue

La linea leghista è una mediazione rispetto a quanto già fatto da diversi Paesi Ue che hanno preso misure più drastiche, scatenando le ire degli investitori cinesi.  La Francia, ad esempio, impedisce a Huawei di fornire strumentazioni per le infrastrutture principali del Paese, una misura mirata a ridurre il rischio di sorveglianza delle comunicazioni mobili. Sulla stessa lunghezza d’onda, l’agenzia nazionale britannica per la cybersicurezza (NCSC) sta sottoponendo l'azienda a controlli più stringenti, anche se non sono previsti divieti di fornitura. Nel fronte degli scettici si è arruolata anche la Danimarca, che sta testando i controlli di sicurezza delle aziende cinesi, provocando una lettera di lamentela da parte di Huawei. La Polonia, molto vicina agli Stati Uniti nelle questioni di politica estera, sta cercando di convincere i partner europei a imporre sanzioni e ha accusato di spionaggio un alto dirigente della multinazionale. Gli Stati Uniti sono quelli che premono di più, a livello internazionale, per fermare l’espansione dei cinesi nel settore tecnologico. Ma Paesi Ue tentennano tra chi pensa a restrizioni e chi preferisce tenere buone relazioni con Pechino. 

La Lega prova a mediare

L’Italia si era finora collocata tra i più fedeli sostenitori dell’ingresso di Huawei in Europa, tanto che sta di fatto affidando alla Cina gran parte della sua rete strategica. Ma le posizioni espresse dal Carroccio, dopo l’impegno preso dell’Eurocamera per una maggiore attenzione nei confronti delle aziende cinesi, stanno ammorbidendo questa posizione, almeno nelle promesse. Zanni ha puntato il dito contro Bruxelles definendo il suo atteggiamento “un po’ schizofrenico”, in quanto “usa due pesi e due misure”. L’esponente della Lega, che era stato eletto nel 2014 nelle liste del M5s, ricorda che “per volume di investimenti il Regno Unito o la stessa Germania hanno una presenza cinese molto più folta e più nutrita rispetto a quella in Italia”. Ciò che preoccupa gli alleati europei e atlantici i rischi collegati a possibili appropriazioni di dati sensibili, inclusi quelli militari, che potrebbe comportare una rete 5G Made in China su tutto il territorio italiano.  

Le differenze tra Lega e 5 Stelle

Zanni non nasconde le differenze con i pentastellati sul tema delle relazioni con Pechino, soprattutto sulla Via della Seta, un maxi-progetto di infrastrutture che coinvolge gli attracchi navali di Trieste e Venezia.  Dalle parti della Lega si definiscono “più prudenti, perché vogliamo vedere bene quello che c’è scritto, quali sono le implicazioni e poi, concretamente, quali saranno i progetti”. Gli alleati del M5s, prosegue Zanni, “sono molto più aperti”, ma hanno anche “un conflitto al loro interno”. “Il progetto della Via della Seta implica investimenti in grosse infrastrutture: “Qual è la visione dei Cinque stelle su eventuali nuove grosse infrastrutture che possono portare beneficio al nostro Paese?”, chiede maliziosamente il nuovo responsabile Esteri della Lega, alludendo alle resistenza sul Tav.

In Europa manca un concorrente

Tornando al 5G, secondo l’esponente leghista il vero problema è l’assenza di aziende europee tra le prime della classe a livello mondiale. “Come mai l’Europa, negli ultimi anni, non è stata in grado in molti campi di costruire una tecnologia, diciamo, autoctona?”, si interroga nuovamente l’eurodeputato, ma stavolta in maniera per niente ironica. “La Telecom fino agli anni ’90 era l’azienda innovatrice più grande d’Europa”, ricorda Zanni, “e la finlandese Nokia era un gigante tecnologico, che si è sciolto sotto i colpi della crisi”.  A dir la verità, un competitor europeo al 5G cinese ci sarebbe. Si tratta della svedese Ericsson, che sta investendo sulla nuova tecnologia con la partnership dell’americana Intel. Ma Zanni è scettico: “Ericsson è un altro esempio di un’azienda che sembrava avere un grandissimo futuro come campione tecnologico europeo e sotto i colpi della crisi, evidentemente, ha avuto delle difficoltà”. “Dal punto di vista del 5G è ancora molto indietro rispetto a quella che è la tecnologia Huawei o alla tecnologia Made in USA”, conclude l’eurodeputato leghista.

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