rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
La storia / Regno Unito

Assange, chi è l'attivista che ha messo alla gogna gli Stati Uniti

Il giornalista australiano ha pubblicato documenti riservati che provano crimini di diverse nazioni, tra cui gli Usa, e ora potrebbe finire all'ergastolo con l'accusa di spionaggio

Il governo britannico ha dato il via libera all'estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange, dopo che a marzo la Corte Suprema britannica aveva respinto il ricorso presentato dal fondatore di Wikileaks contro la sua consegna alle autorità americane. Il giornalista e attivista 50enne, che ha annunciato un ulteriore ricorso, era rinchiuso in carcere dal 2019, dopo essersi rifugiato per sette anni nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra per sfuggire all'arresto. Negli Usa potrebbe affrontare fino a 18 capi d'imputazione tra cui quello di spionaggio per aver pubblicato illegalmente informazioni segrete, e rischia l'ergastolo.

Wikileaks

Per capire come si è arrivati a questo punto bisogna fare un passo indietro di almeno 16 anni, fino al 2006, quando il giornalista e attivista australiano lancia l'ormai celebre progetto Wikileaks pubblicando un documento che provava un complotto per assassinare i membri del governo somalo, firmato dallo sceicco Hassan Dahir Aweys. Lo scopo del sito era quelli di diffondere documenti riservati fatti trapelare da informatori (leaks in inglese), garantendo alle fonti la massima protezione informatica possibile e totale riservatezza. Col tempo Wikileaks ha pubblicato file sempre più scottanti che riguardavano Stati di tutto il mondo come le prove della repressione cinese della rivolta tibetana, delle purghe contro l'opposizione in Turchia, della corruzione nei Paesi arabi, di esecuzioni sommarie compiute dalla polizia keniota.

Gli Usa nel mirino

Ma sotto la lente di ingrandimento del progetto sono finiti anche gli Stati Uniti. Nel 2007 Wikileakes pubblica il manuale per le guardie carcerarie di Guantanamo, la base statunitense su territorio cubano, in cui sono stati torturati decine di presunti terroristi islamici legati ad Al Quaeda e ai talebani. Il sito inizia anche una collaborazione con importante testate mondiale per non limitarsi a pubblicare i documenti, ma anche analizzarli, verificarne l'autenticità e spiegarli al grande pubblico. Nel 2010 insieme a giornali come il New York Times, il Guardian, Der Spiegel, Le Monde ed El Pais diffonde documenti sulle guerre in Afghanistan e Iraq che denunciano, tra le altre cose, uccisioni di civili ma anche la mancanza di indagini adeguate sugli abusi commessi dagli statunitensi durante i conflitti. Ad aver reso possibile la colossale fuga di notizie fu un militare statunitense, Bradley Manning (che poi cambiò sesso diventando Chelsea Manning), che aveva girato ad Assange 700 mila documenti classificati. Condannata a 35 anni, l'ex soldatessa sarebbe poi uscita di prigione il 17 maggio 2017, dopo che l'allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, le commutò la pena. Sempre nel 2010 Wikileaks fa esplodere il Cablegate, con la pubblicazione di cablogrammi diplomatici Usa dai quali emergevano giudizi spesso poco lusinghieri da parte degli ambasciatori di Washington su capi di Stato e di governo di Paesi alleati, anche in Europa.

Le accuse di stupro

E fu quell'anno che iniziarono i guai giudiziari di Assange, ma per motivi non legati alla sua attività di giornalista, anche se i suoi sostenitori parlarono subito di una caccia alle streghe nei suoi confronti. A novembre la magistratura svedese lanciò un mandato di cattura europeo contro il fondatore di Wikileaks, denunciato per violenza sessuale da due donne, due sue ex amanti e tra di loro amiche. Il reato contestatogli era quello di aver avuto rapporti sessuali non protetti, seppur consenzienti, e di essersi successivamente rifiutato di sottoporsi a un controllo medico sulle malattie sessualmente trasmissibili, condotta considerata criminosa dalla legge svedese. Assange si consegnò alla polizia britannica il 7 dicembre ma dopo circa una settimana fu liberato in seguito al pagamento di una cauzione di 240mila sterline, ma gli vennero imposte comunque delle restrizione alla libertà di movimento, in quanto su di lui pendeva comunque un mandato di cattura internazionale. Il giornalista iniziò allora un lungo procedimento giudiziario contro l'estradizione, culminato con la decisione Corte suprema del Paese che nel maggio del 2012 stabilì in maniera definitiva che Assange doveva essere estradato.

La fuga nell'ambasciata

Fu dopo quella decisione che Assange, che sosteneva che l'estradizione in Svezia sarebbe stato solo il primo passo verso l'estradizione negli Usa, dove sosteneva di rischiare l'arresto nonostante non fossero state ancora formalmente formulate accuse nei suoi confronti, si rifugiò nell'ambasciata dell'Eucador e chiese asilo politico all'allora presidente del Paese, il socialista bolivariano Rafael Correa, alleato del venezuelano Hugo Chavez e molto critico nei confronti di Washington. L'asilo venne concesso alcuni mesi dopo e così iniziò una sorta di esilio dorato nell'ambasciata dalla quale Assange non poteva uscire, ma dove aveva totale libertà di continuare le sue attività. Vi rimase per sette anni, sette anni nei quali ha continuato la sua attività di diffusione di documenti riservati, come quelli che accusavano i dirigenti del Partito Democratico Usa di aver tramato contro il popolare candidato della sinistra, Bernie Sanders, perché Hillary Clinton vincesse le primarie, primarie che quest'ultima poi vinse per poi essere sconfitta nelle urne da Donald Trump.

L'arresto

Ma nel 2017 le cose iniziarono a cambiare quando fu eletto come nuovo presidente dell'Ecuador, Lenin Moreno, meno radicale del suo predecessore (e compagno di partito) e più propenso al dialogo con la destra e con gli Stati Uniti. La nuova amministrazione gli impose tutta una serie di restrizione alle sue attività e alla possibilità di comunicare con l'esterno. Poi nel 2019, accusando Assange di aver violato le condizioni per l'asilo politico, gli tolse la protezione e l'11 aprile la polizia britannica ottenne il permesso di entrare nell'ambasciata per arrestarlo. Il giorno dopo gli venne anche tolta la cittadinanza ecuadoriana che Correa gli aveva concesso. L'arresto era per aver violato la libertà condizionale nel 2012, anche se nel frattempo la richiesta di estradizione da parte della Svezia era stata eliminata, in quanto il processo nei suoi confronti era stato chiuso per mancanza di prove. Ma dopo l'arresto arrivò immediata la richiesta di estradizione negli Usa, confermando di fatto i sospetti che Assange aveva avuto fin dal primo momento. Dopo l'arresto l'attivista ha dato il via all'ennesima battaglia legale per evitare l'estradizione, che si è conclusa, almeno per ora, con il via libera al trasferimento da parte del governo di Boris Johnson.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Assange, chi è l'attivista che ha messo alla gogna gli Stati Uniti

Today è in caricamento