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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Violenze in Libia: "l'Italia è stata lasciata sola, ma l'accordo non si doveva fare"

Parla César Dezfuli, il foto-giornalista spagnolo autore della petizione al Parlamento Ue sulle violenze nei centri per migranti gestiti da Tripoli. Denuncia partita da testimonianze, immagini e video raccolti tra i rifugiati arrivati in Italia

César Dezfuli è un giovane foto-giornalista spagnolo di 26 anni, gli ultimi 2 passati a testimoniare il dramma dei migranti che cercano di arrivare in Europa. Ha lavorato prima nei Balcani, poi in mezzo al Mediterraneo sulla barca Iuventa dell’Ong tedesca Jugend Rettet, quella bloccata per presunte collisioni con i trafficanti di esseri umani, e, infine in Italia, nei centri di accoglienza. Un contatto con i superstiti di un viaggio terribile che ha aperto a Dezfuli, attraverso le loro testimonianze e le immagini dei compagni o parenti lasciati nella sponda sud del Mediterraneo, le porte dell’inferno libico, un inferno su cui solamente ora si inizia a far luce mediatica. Di fronte al silenzio di media e politica, ad aprile di quest’anno Dezfuli fa una cosa semplice: scrivere una petizione alla Commissione petizioni del Parlamento Ue per chiedere alle istituzioni comunitarie di indagare sugli abusi e per imporre il rispetto dei diritti umani anche in Libia. La sua petizione è stata presentata giovedì scorso nell’eurocamera di Bruxelles.

Come mai hai preso questa iniziativa?

Non sono mai stato in Libia, ma sono stato 3 settimane sulla Iuventa documentando le operazioni di salvataggio, e quindi un anno in Italia facendo il seguimento delle storie dei migranti, documentando la vita che facevano. Li ho avuto più tempo per ascoltare le loro testimonianze sulla loro esperienza in Libia.

E qual è questa esperienza?

Sono testimonianze univoche di vessazioni: l’obiettivo delle mafie è che il business continui a funzionare e per quello continuano le estorsioni e le violenze, legate alle estorsioni. Quelli che riescono a pagare all’inizio, pur stando nei centri in condizioni inaccettabili per sovraffollamento, mancanza di cibo ed acqua, non subiscono grosse torture. Ma quelli che non possono pagare sono sistematicamente torturati.

E sono i sorveglianti, le guardie, i miliziani, quelli che fanno le foto ed i video delle torture in modo da mandarli alle famiglie dei migranti per metter loro pressione perhé inviino denaro e quindi fermino le violenze sui loro cari. Lo fanno per alimentare il ricatto o anche solo per divertirsi a riprendere le loro brutalità, ci sono video in cui ridono di quel che fanno. Quando ricevo questa informazione, inizio ad investigare, a chiedere ad altre persone che conoscono la realtà della migrazione in Libia, e inizio a ricevere ancora più materiale.

Sei sicuro che siano foto che provengono dalla Libia?

So che non posso provare che chi ha preso le immagini sia in Libia, non sono dei giornalisti che indicano il luogo ed il momento dello scatto, sono degli aguzzini che riprendono le loro vittime e potrebbero essere anche in altri posti lungo la filiera della migrazione, ma le foto coincidono con i racconti di chi è passato di lì. Potrebbero esser immagini di altri posti, ma se coincidono con le testimonianze è un dato da tenere in considerazione.

Forte di questo materiale decido di condividerlo e mi viene l’idea di scrivere al Parlamento Ue, seguendo il procedimento della Commissione petizioni, a essere sincero, senza molte speranze. Invio la lettera in aprile e un mese fa mi arriva la risposta dicendo che la mia petizione era stata accettata ed invitandomi ad esporla il 23 novembre, giovedì scorso. In quest’ultimo mese mi sono messo al lavoro per recuperare altro materiale e chiedendo a diverse Ong se volevano sottoscrivere la mia petizione, Medici senza frontiere, Sea Watch e Jugend Rettet l’hanno firmata.

Com’è andata giovedì?

La Commissione petizioni era vuota, c’erano pochissimi deputati anche se si parla tantissimo della situazione in Libia. La cosa mi ha fatto tristezza. Ho spiegato la mia petizione e il senso del materiale che ho raccolto, poi è intervenuto un rappresentante della Commissione europea che di fatto ha difeso la posizione della Ue. Ha detto di accettare ciò che io presentavo, che comprendeva la sofferenza dei migranti, che la situazione nei centri e la schiavitù sono un’infamia, ma ha anche detto che l’Ue sta lavorando con la legge, che non finanzia alcun gruppo armato, che l’accordo con Libia è uguale a quello con altri paesi ed è conforme al diritto internazionale. Il rappresentante della Commissione ha di fatto difeso ciò che fa la Ue, ha criticato un po’ il comportamento della Guardia costiera libica, ma rivendicando che proprio per questo che è un bene che l’Italia e la Ue continuino a formarli.

Secondo te, invece, Ue e l’Italia operano secondo il diritto internazionale?

Mi appoggio sui rapporti che ci sono e sulla base di questi posso solo dirti che l’Onu, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni e diverse Ong dicono che le condizioni dei centri continuano ad essere di tortura e abusi, che la guardia costiera non rispetta i diritti umani, che la Libia partecipa al respingimento di potenziali richiedenti di asilo in barba al diritto internazionale. In questo contesto l’Ue sta dando risposte improvvisate. La Ue rivendica sempre la legalità, ebbene basandosi sulla legalità non stanno facendo le cose come andrebbero fatte.

Quanto all’Italia, è certo che sta affrontando praticamente da sola questa crisi ed è per questo che ha preso questa decisione di esternalizzare sulla Libia il controllo delle sue frontiere, per essere rimasta da sola e perché a breve ci saranno le elezioni. E’ chiaro che c’è un gioco politico dietro, ma ci sono anche accordi internazionali che vanno rispettati e in questo quadro la Ue deve fare di più: intendere le ragioni dell’Italia, ma al tempo stesso fare pressioni sull’Italia perché non ci siano accordi di questo tipo con la Libia che vulnerano i diritti umani. Il problema è che l’Europa non sta facendo questo, anzi, fa il contrario.

Cambierà qualcosa?

Fino a che non ci sono immagini che documentano torture e vessazioni, questi temi si silenziano, ma queste immagini stanno arrivando, soprattutto in questo caso, così grave. Le violenze sui migranti si fanno anche in altri paesi che lavorano come controllori esterni delle frontiere europee, ma il caso della Libia è ancora più terribile.  Quanto alla petizione, l’ho fatta come normale cittadino, ma sono un giornalista e non voglio diventare un attivista. Sono contento che sia arrivata al Parlamento europeo, voglio che la Ue indaghi e sono contento di dare tutte queste informazioni raccolte a chi può usarle meglio di me.

Da giornalista che è stato sulla Iuventa, hai notato atti favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come da accuse del procuratore di Trapani?

Non ho visto nulla, mi sembra illusorio pensare che ci possa essere una collaborazione in mare aperto, anche perché non ho notato alcun telefono satellitare nelle barche recuperate e pure se ci fossero contatti è comunque tremendamente complesso incontrare un’imbarcazione nel Mediterraneo. Ho visto foto di persone vicino alla barca, ma non so se siano trafficanti o pescatori libici. I pescatori si fanno un denaro extra recuperando i motori delle barche e, se ci riescono la barca intera, anche io ho fatto foto di queste operazioni. Ma collaborazione con i trafficanti, no, non ho visto nulla.

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