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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Offensivo chiamare le varianti del Covid "inglese" o "indiana": adesso saranno Alpha e Delta

L'Oms vuole che si usino le lettere dell'alfabeto greco per denominare i vari ceppi del coronavirus: "Sono meno discriminatorie e facili da usare anche per un pubblico non scientifico"

Basta con le varianti del coronavirus denominate in base al Paese in cui si sono sviluppate, servono dei nomi neutri che evitino la stigmatizzazione di una determinata nazione e della sua popolazione. Per questo l'Organizzazione mondiale della sanità ha deciso che ora si dovranno usare le lettere dell'alfabeto greco e così la variante inglese o di Kent (come viene chiamata nel Regno Unito), conosciuta anche con la sigla scientifica B.1.1.7 diventerà la variante Alpha. Le altre seguiranno poi in base all'ordine di rilevamento e così la sudafricana (B.1.351) sarà la Beta, la brasiliana (P.1) sarà la Gamma, l'indiana (B.1.617.2) la Delta e così via.

"Sebbene abbiano i loro vantaggi, i nomi scientifici possono essere difficili da ricordare e spesso sono riportati in modo errato. Di conseguenza, le persone spesso chiamano le varianti in base ai luoghi in cui vengono rilevate, il che è stigmatizzante e discriminatorio”, sostiene l'Oms che "per evitare questo e per semplificare le comunicazioni pubbliche, incoraggia le autorità nazionali, i media e altri ad adottare queste nuove etichette". L'Oms ha spiegato che le lettere greche non sostituiranno i nomi scientifici esistenti, ma sono "più facili e pratiche da usare per un pubblico non scientifico". "Sono semplici, facili da usare e da ricordare e si basano sull'alfabeto greco, un sistema che è stato scelto dopo un'ampia consultazione e una revisione di diversi potenziali sistemi", ha detto Maria Van Kerkove, responsabile tecnico dell'Oms per il Covid-19.

La decisione di optare per questo sistema di denominazione è arrivata dopo mesi di discussioni con esperti che hanno valutato tutta una serie di altre possibilità come ad esempio quella di usare i nomi degli dei greci. Storicamente, le malattie hanno spesso preso il nome dai luoghi in cui si pensava si fossero sviluppate, come il virus Ebola, che prende il nome dall'omonimo fiume congolese. Altre volte il nome è stato scelto in maniera deliberata anche senza associazione geografica, come nel caso della “influenza spagnola” del 1918, le cui origini sono sconosciute. Il nome nazionale però crea in effetti una diffidenza verso persone provenienti o solo originarie di un determinato Paese, che sfociano a volta addirittura in atti di razzismo, come è avvenuto contro gli indiani, che ora vengono ritenuti i portatori dell'ultima variante, che sta mettendo in difficoltà addirittura il Regno Unito, portando a un'accelerazione delle vaccinazione per provare a fermare la diffusione di questo ceppo che è molto più contagioso.

All'inizio di questo mese il governo di Nuova Delhi ha anche ordinato alle piattaforme di social media di rimuovere i contenuti che si riferivano alla "variante indiana", anche se per molti è stata solo una maniera per provare a distogliere l'attenzione dall'accusa di aver gestito male l'epidemia nella nazione. Lo stesso Oms quando fu individuato il nuovo coronavirus decise di chiamarlo Covid-19 e di evitare l'associazione con la città cinese di Wuhan, anche se poi la malattia negli Stati Uniti è stata spesso denominata il “virus cinese” dallo stesso ex presidente Donald Trump, cosa che ha infiammato al retorica anti-cinese e portato a veri e proprie aggressioni e atti di razzismo contro i cittadini originari della nazione.

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