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Martedì, 23 Aprile 2024
Lo studio

"Senza vaccino saremo contagiati di nuovo ogni 16 mesi": lo studio su chi è guarito dal Covid

La reinfezione resta poco probabile ma capita soprattutto tra i bambini, che sono quelli che ricevono di meno le dosi, e che poi possono contagiare adulti e anziani

Aver avuto il Covid ed essere guariti non vuol dire che si resterà per sempre immuni dalla malattia. Le persone che sono già state contagiate ma che non sono vaccinate rischiano, in media, di poter tornare ad ammalarsi ogni 16 mesi. Lo afferma un recente studio pubblicato su The Lancet Microbe che spiega che le reinfezioni diventano sempre più comuni man mano che l'immunità costruita nel corpo diminusce.

Fino ad un anno fa si pensava che le reinfezioni da Covid fossero rarissime, agli inizi della pandemia se ne contavano poco più di una ventina di casi nel mondo e secondo uno studio danese pubblicato lo scorso marzo gli under-65 guariti dalla malattia avrebbero avuto una protezione dell’80 per cento dalla malattia, mentre coloro che hanno più di 65 anni del 47 per cento, e la durata della protezione si attestava attorno ai sei mesi. La variante Delta ha però cambiato le cose aumentando drasticamente il rischio di contagiarsi più volte, anche a distanza di poco tempo dall’infezione.

Per questo, avvertono le autorità sanitarie, è importante che anche le persone che hanno già contratto il virus si vaccinino comunque al fine di ridurre al minimo il rischio di propagazione della malattia. "Non sappiamo ancora molto sui fattori di rischio per la reinfezione, ma l'ipotesi secondo la quale una volta che tutti i giovani si saranno contagiati la pandemia sarà finita, sta diventando sempre più improbabile", ha spiegato al Guardian il dottor Nisreen Alwan , professore associato in sanità pubblica all'Università di Southampton, aggiungendo che il rischio che la malattia diventi endemica, come il comune raffreddore, si fa sempre più reale.

Il nuovo studio

Ora lo studio pubblicato sul The Lancet Microbe sostiene che “il tempo mediano alla reinfezione dopo il picco di risposta anticorpale per la Sars-cov-2 è di 16 mesi”. Secondo il documento il rischio aumenterebbe col passare del tempo e sarebbe maggiore in momenti in cui la circolazione del virus, e quindi il numero di persone infette, è elevato. Per condurre la ricerca il professor Jeffrey Townsend e i colleghi della Yale University School of Medicine hanno analizzato i dati immunologici di altri coronavirus, compresi quelli che causano Sars, Mers e raffreddori comuni, e questo gli ha permesso valutare il rischio di reinfezione da coronavirus nel tempo.

La legge dei grandi numeri

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Ons (Office for National Statistics), centro statistico governativo britannico, tra i 20.262 britannici che sono risultati positivi al virus tra luglio 2020 e settembre 2021, ci sono state 296 reinfezioni. Il rischio di contagiarsi più volte è dunque improbabile ma, come mette in evidenza lo studio “durante una pandemia con centinaia di migliaia di individui infettati, il verificarsi di questi eventi rari è altamente probabile e potrebbe avere implicazioni sostanziali per la salute pubblica” aggiungendo poi che “affidarsi all'immunità di gregge senza vaccinazione diffusa mette a rischio milioni di vite, e comporta alti tassi di reinfezione, morbilità e morte”.

L’importanza del vaccino

Townsend ha spiegato che “se nessuno utilizzasse la mascherina o rispettasse il distanziando socialmente, se non esistessero i vaccini, dovremmo aspettarci una reinfezione su una scala temporale da tre mesi a cinque anni” aggiungendo che per evitare che questo accada “se non sei stato vaccinato, dovresti vaccinarti, e se sei stato infettato, dovresti andare a farti vaccinare comunque, perché questo estenderà la durata della tua protezione".

Secondo Stephen Griffin, professore associato di virologia all’ Università di Leeds, è fondamentale cercare di vaccinare anche i bambini e far fare la seconda dose agli adolescenti (in UK i ragazzi tra 12 e 15 anni ricevono solo una dose) perché attualmente, questi sono i gruppi con i tassi più alti di infezione. Per Griffin "se non si mette un freno alla prevalenza" nei bambini delle scuole, "si otterrà la diffusione dell'infezione e forse la reinfezione, che poi si diffonderà potenzialmente ai genitori i cui anticorpi dati dal vaccini possono essere calanti, e più criticamente ai nonni e alle persone clinicamente vulnerabili".

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