Uranio e gas: come il golpe in Niger potrebbe pesare sulle bollette in Europa
Non solo migranti: il Paese del Sahel è strategico anche per il futuro energetico dell'Ue, dalle centrali nucleari al maxi-gasdotto subsahariano
Il filo rosso che collega la guerra in Ucraina e la Russia al colpo di Stato in Niger è stato evidente fin dal primo momento, con il gruppo di mercenari Wagner che ha rivendicato un ruolo nel rovesciamento del governo di Niamey. In Italia e in Europa, la prima preoccupazione ha riguardato i flussi di migranti, di cui questo Paese nel cuore del Sahel è una sorta di cinghia di trasmissione verso il Nord Africa, e da qui verso le coste dell'Ue. Ma se Mosca ha deciso di allungare la sua sfera di influenza in Niger, la ragione va cercata anche nel braccio di ferro energetico con Bruxelles. L'uranio, innanzitutto. Ma anche, in prospettiva, il gas.
La lotta sull'uranio
Sull'uranio, gli interessi contrastanti di Occidente e Russia sono evidenti. Il Niger, nonostante la sua popolazione viva per lo più al di sotto della soglia di povertà, è il settimo Paese produttore di questo combustibile chiave per le centrali nucleari. Attualmente, oltre la metà dell'uranio estratto dal sottosuolo nigerino è in mano a Orano, società controllata dallo Stato francese. Il resto è estratto da un'azienda canadese. Secondo gli esperti, le riserve di uranio sono sottosfruttate, tanto che si prevede un aumento della attività minerarie.
Nel maggio scorso, proprio Orano ha stretto un accordo con il governo di Niamey per aumentare la produzione. Pochi giorni dopo, la dirigenza dell'azienda ha fatto rientrare il suo personale francese in patria. "È il periodo delle vacanze, sul posto ci sono pochi espatriati e pochi dipendenti nigerini", è la motivazione fornita a Le Monde dai manager di Orano. Ma diversi media avevano sottolineato nei giorni scorsi che l'impresa aveva avuto informazioni circa un potenziale colpo di Stato che avrebbe messo a rischio i suoi dipendenti. A protezione della miniera di Arlit (l'unica attiva delle tre di proprietà nel Paese), sono rimasti "300 soldati", riporta sempre Le Monde.
Import di uranio nell'Ue per Paese d'origine. Fonte: Euratom 2021
Orano è presenta da circa 50 anni in Niger, ma il suo nome (o meglio, il vecchio nome, Areva) è uno dei punti di forza con cui i mercenari di Wagner potrebbero conquistarsi simpatie presso la popolazione. L'azienda è accusata dagli attivisti locali e francesi di non aver fatto nulla, o troppo poco, per evitare l'inquinamento delle falde acquifere del Paese: secondo le accuse, circa 20mila tonnellate di fanghi radioattivi sono stati lasciati all'aperto, mettendo a rischio l'acqua potabile per 100mila persone. Nel 2017, poi, un tribunale nigerino aprì un'inchiesta dopo che un gruppo di cittadini denunciò alcuni dirigenti del Paese di aver intascato mazzette per rivendere l'uranio a prezzo scontato ad Areva. Tra questi dirigenti c'era anche l'attuale ministro delle Finanze, Hassoumi Massoudou, che ha sempre respinto le accuse e che da presidente ad interim sta cercando di resistere al golpe.
Il maxi-gasdotto dalla Nigeria alla Sicilia
Tutti questi elementi non giocano a favore di Parigi, ma anche dei Paesi Ue che, come la Germania e l'Italia, importano energia nucleare dalla Francia. Nei mesi scorsi, era emerso lo strano caso delle mancate sanzioni da parte dell'Europa alle importazioni di tecnologia nucleare dalla Russia. Le centrali francesi, che normalmente coprono circa il 70% della produzione elettrica nazionale, dipendono dall'importazione di uranio. L'anno scorso, secondo il Telegraph, il 30% di tale import proveniva direttamente dalla Russia. Un ulteriore 12% e 9,6% provenivano rispettivamente dal Kazakistan e dall'Uzbekistan, entrambi ex Stati sovietici rimasti nell'orbita di Mosca. La quota del Niger ammontava a circa il 15%, ma le potenzialità per farla crescere ci sono. Aumentare l'estrazione delle miniere nigerine consentirebbe a Parigi di ridurre la sua dipendenza da Putin e soci. Inoltre, permetterebbe di calmierare i prezzi, che negli ultimi due anni sono aumentati del 74%.
La via del gas
Ma non c'è solo il nucleare a preoccupare l'Ue, almeno in prospettiva. Tra i grandi piani europei per ridurre la dipendenza dal gas russo c'è anche il maxi gasdotto trans-sahariano che dalle enormi riserve della Nigeria (su cui ha messo le mani anche l'italiana Eni) arriverebbe in Algeria, passando proprio dal Niger.
Una volta completato (sempre che ci si riesca), questo gasdotto di oltre 4mila chilometri potrebbe inviare in Europa circa 30 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno, sufficienti a soddisfare la domanda di gas di circa 30 milioni di case europee. Lo scorso luglio, i governi di Nigeria, Algeria e Niger siglarono un'intesa per avviare i lavori. A guardare con interesse l'opera ci sono giganti europei come la già citata Eni, la francese Total e l'anglo-olandese Shell.