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Giovedì, 25 Aprile 2024
A Bruxelles

L'Ue è pronta a rinunciare al petrolio russo?

In settimana è atteso il sesto pacchetto di sanzioni. Ma da Berlino a Washington, un embargo completo all'oro nero di Putin solleva timori

Dopo lo stop al carbone, l'Unione europea potrebbe avviare fermare le sue importazioni di petrolio dalla Russia. È questo uno dei punti sul tavolo dei negoziati a Bruxelles, dove la Commissione sta elaborando quello che sarebbe il sesto pacchetto di sanzioni avviate nei confronti di Mosca dopo l'invasione dell'Ucraina. Un pacchetto che dovrebbe essere presentato in settimana agli ambasciatori dei 27 Stati membri. 

Stando a quanto emerso negli ultimi giorni, l'esecutivo Ue è sempre più deciso nel sanzionare direttamente le esportazioni petrolifere russe nonostante la loro importanza strategica fondamentale per diversi Paesi del blocco. A confermare la presenza del settore petrolifero tra le prossime sanzioni è stato Ivo Schmidt, alto funzionario della direzione Energia della Commissione europea. “Il petrolio sarà sicuramente parte del sesto pacchetto di sanzioni”, ha dichiarato di fronte alla commissione Affari esteri del Parlamento europeo. L’impatto di tale provvedimento “sarebbe enorme sulla Russia, secondo esportatore dopo l'Arabia Saudita nel mondo”. “Naturalmente terremo conto delle specificità degli Stati membri e delle dipendenze che hanno in termini energetici per evitare impatti sproporzionati una volta che saranno introdotte le sanzioni”, ha garantito Schmidt.

Per il momento, il gas resta fuori dal tavolo delle discussioni dei leader Ue. Delle tre fonti fossili russe da cui dipende buona parte del mix energetico europeo, il gas viene considerato quella più pericolosa per la stabilità economica dell'Unione. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha più volte sventolato il rischio delle recessione nel caso di un brusco stop ai gasdotti di Mosca. E anche gli analisti confermano le difficoltà per i Paesi più dipendenti dalle forniture russe, tra cui l'Italia, di riuscire a trovare rapidamente altre fonti di approvvigionamento. Un po' come per il carbone, quello del petrolio è considerato un mercato più flessibile, e dunque i barili russi potrebbero venire sostituiti in tempi relativamente rapidi con altre forniture.

Guardando alle casse della Russia, poi il petrolio ha un peso molto più forte nel bilancio di Mosca. Basti pensare che nel 2021 il valore totale delle importazioni Ue di energia dalla Russia ammontava a circa 150 miliardi di dollari. Di questi, circa 104 miliardi provenivano dai prodotti petroliferi come il greggio, la benzina e il gasolio. Nello stesso anno, la sola Germania ha importato petrolio greggio, benzina e diesel per un valore stimato intorno ai 23,6 miliardi di dollari. L’import verso l’Ue di gas naturale russo si è invece fermato a un valore di ‘soli’ 43,4 miliardi di dollari. Numeri che avrebbero convinto la Commissione, ma non ancora tutti i governi nazionali, a sanzionare Mosca sul settore più redditizio.

Le perplessità non provengono solo dalla capitali Ue. Anche il segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen ha esortato alla cautela. "L'Europa deve chiaramente ridurre la sua dipendenza dalla Russia per quanto riguarda l'energia, ma dobbiamo stare attenti quando pensiamo a un divieto europeo completo, diciamo, delle importazioni di petrolio", ha detto Yellen durante una conferenza stampa a Washington. Ha avvertito che un divieto immediato del petrolio da parte dell'Ue "avrebbe un impatto dannoso sull'Europa e in altre parti del mondo". Compresi gli Usa stessi, hanno fatto notare alcuni esperti. 

Chi ha seguito da vicino il dossier ritiene che difficilmente il sesto pacchetto prevederà uno stop completo e immediato al petrolio russo: più probabile che l'embargo colpirà inizialmente solo alcuni prodotti petroliferi e con una certa gradualità nel tempo. Insieme al petrolio il nuovo pacchetto dovrebbe anche allungare la lista delle banche russe messe fuori dal sistema di pagamenti internazionali Swift, secondo Politico. Finora sono state escluse dalle sanzioni grandi istituti come Gazprombank e Sberbank, in quanto coinvolti in prima linea nelle transazioni energetiche. Ma stavolta, potrebbe essere il loro turno a finire fuori da Swift. Alcuni Paesi, come quelli baltici, stanno anche spingendo per ulteriori misure per affrontare le attività di disinformazione del Cremlino.

 

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