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Venerdì, 19 Aprile 2024
La proposta

"Un codice di condotta per le ong in tutta Europa": l'Italia fa scuola a Bruxelles

Il principale partito europeo, il Ppe, ha chiesto alla Commissione Ue di presentare una misura come quella varata dal governo Meloni con l'ultimo decreto sicurezza

L'Italia fa scuola a Bruxelles: il principale partito europeo, il Ppe, ha chiesto formalmente alla Commissione Ue di adottare un codice di condotta valido in tutto il blocco per le ong che si occupano di ricerca e soccorso di migranti. I popolari, che rappresentano i partiti moderati del centrodestra europeo, tra cui Forza Italia, presenteranno mercoledì una serie di proposte sull'immigrazione in vista del summit Ue del 9 e 10 febbraio.

Il codice di condotta

Nel documento, nel gergo burocratese di Bruxelles un 'position paper', si chiede all'esecutivo europeo di presentare un "codice di condotta" per "il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile che partecipano alle attività di ricerca e soccorso, per evitare la perdita di vite in mare". Per i popolari, le navi che conducono operazioni di ricerca e soccorso devono rispettare "il diritto internazionale e le leggi Ue", nonché "seguire le regole e cooperare con le autorità, per la sicurezza dei migranti". 

Svolta a destra

L'accento posto sul codice di condotta è significativo da un punto di vista politico, perché segna un ulteriore passo dei moderati verso le posizioni della destra, in particolare dei conservatori guidati da Giorgia Meloni e dal PiS polacco. Il leader del Ppe, il tedesco Manfred Weber, sta cercando di spostare gli equilibri del suo partito verso i conservatori, allontanandosi dall'alleanza con il centrosinistra. Una strategia che guarda alle elezioni europee del 2024 e che rischia di complicare la rielezione alla presidenza della Commissione di Ursula von der Leyen, anche lei del Ppe, ma la cui attuale maggioranza si fonda sul patto con socialisti e liberali. 

Muri, rimpatri e respingimenti

Al netto delle ragioni politiche, il pugno duro nei confronti dell'immigrazione illegale sta facendo sempre più proseliti tra i governi Ue, anche quelli di centrosinistra (si prenda il caso danese). Dodici Paesi, tra cui anche l'Olanda, si sono uniti alla richiesta dell'Austria di costruire un muro anti-migranti tra la Bulgaria e la Turchia, idea finora respinta dalla Commissione. In contemporanea, la scorsa settimana, buona parte dei ministri degli Interni del blocco hanno concordato sulla necessità di attuare misure più stringenti per favorire i rimpatri dei clandestini.

Nel 2022, solo il 16% degli oltre 330mila arrivi irregolari registrati è stato oggetto di operazioni di rimpatrio. Per aumentare questa quota, una delle proposte è di forzare la mano con i Paesi terzi da cui partono i flussi facendo leva sui visti e sugli aiuti allo sviluppo, comprese le tariffe agevolate all'export di beni e servizi verso l'Ue. In sostanza, l'idea è di "punire" quei Paesi che si ritiene non cooperino abbastanza nell'accettare i rimpatri dall'Europa. 

L'Europa inaugura il commercio di migranti

Di contro, le organizzazioni umanitarie denunciano che il vero problema sono i respingimenti illegali, e sempre più violenti, di richiedenti asilo alle frontiere dell'Ue. Secondo una recente inchiesta condotta da Lighthouse Reports, in collaborazione con diverse testate europee, in Bulgaria, Croazia e Ungheria esisterebbero vari "siti neri", centri di detenzione clandestini,  in cui rifugiati e migranti vengono trattenuti, prima di essere rimpatriati forzatamente, e viene negato loro il diritto di chiedere asilo. I migranti sono rinchiusi in gabbie, furgoni o container e prima di essere espulsi e subiscono abusi fisici. Durante il periodo di detenzione non hanno accesso ai servizi igienici, all'acqua corrente e non ricevono cibo e bevande

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