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Mercoledì, 27 Marzo 2024
La giornata / Ucraina

Tra richieste di jet e (vaghe) promesse, cosa resta del viaggio di Zelensky a Bruxelles

Il presidente Ucraino ha detto di non avere "il diritto di tornare in patria senza risultati", ma la questione dei caccia da combattimento è molto complicata e gli Stati sono restii a prendere impegni

Il viaggio di Volodymyr Zelensky a Bruxelles è stata l'occasione per mostrare che l'Europa è compatta al fianco di Kiev. Ma al di là delle belle parole quello che interessava al presidente dell'Ucraina era portare a casa risultati concreti, soprattutto sul fronte che più preme al Paese: le armi e nello specifico i jet da combattimento.

"Non ho il diritto di tornare in patria senza risultati", ha detto senza mezzi termini Zelensky parlando con i giornalisti dopo il suo intervento al Consiglio europeo. "Tutto dipende dai partner e da me. Per me è molto importante che tutti i negoziati portino a dei risultati. Si tratta di un punto di vista pragmatico, non cinico. Dobbiamo mettere da parte le emozioni, che abbiamo lasciato da parte lo scorso 24 febbraio: per sopravvivere abbiamo bisogno di armi, di queste armi", ha detto riferendosi in particolare ai jet da combattimento.

Ieri a Londra ha strappato al premier Rishi Sunak l'impegno del Regno Unito ad addestrare i suoi militari a pilotare gli arei da combattimento, ma il Paese ha frenato sulla possibilità di inviare, almeno nel breve periodo, i caccia a Kiev. Il Segretario di Stato alla Difesa, Ben Wallace, ha detto oggi che inviare jet adesso sarebbe come far passare i militari ucraini dal guidare "una bicicletta a un'auto di Formula 1". Il Regno Unito tiene d'occhio i "potenziali rischi di escalation" quando prende in considerazione l'invio di aerei da guerra in Ucraina, ha aggiunto un portavoce di Downing Street, spiegando che la nazione "dispone di un numero significativo di Typhoon e F-35", ma "ovviamente non faremmo mai nulla che possa mettere a rischio la sicurezza del Regno Unito".

Uno dei problemi dell'Ucraina è che l'invio al Paese di jet Typhoon o F-35 non può essere deciso da un solo Paese ma per i primi servirebbe l'autorizzazione di Italia, Spagna e Germania, mentre per gli F-35 sarebbe necessario il consenso degli Stati Uniti. Questo perché, come accaduto per carri armati tedeschi Leonard 2, il Paese o i Paesi di origine del mezzo armato devono dare il beneplacito alla vendita o alla donazione a una determinata nazione. Ieri Zelensky ha incontrato anche Emmanuel Macron e Olaf Scolz a Parigi, e il tema di ulteriori forniture di armi è stato sicuramente al centro dell'agenda. In quella riunione "sono state prese decisioni concrete che non intendo annunciare pubblicamente", ha detto nella conferenza stampa a Bruxelles, aggiungendo: "Lavoreremo per rafforzare le nostre capacità per l'aspetto offensivo e per quanto riguarda carri armati e artiglieria".

Difficile che però abbia ricevuto rassicurazioni sui jet, e altrettanto difficile che ne abbia avute in uno dei tanti bilaterali che ha svolto a margine del Consiglio europeo. Quelli, più che la partecipazione al Summit in sé, sono stati per lui fondamentali, questo perché, come ha ribadito sempre in conferenza stampa la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, "la consegna di armamenti è una decisione sovrana degli Stati membri", su cui l'Ue in sé non ha alcun potere.

Nel suo messaggio ai leader dell'Ue, durante la riunione, Zelensky ha ribadito la richiesta di maggiori armi e di aggiungere jet da combattimento e missili a lungo raggio ai pacchetti di aiuti militari. "Voglio ringraziarvi per aver capito quanto abbiamo bisogno di cannoni d'artiglieria, munizioni, carri armati moderni, missili a lungo raggio e aerei da combattimento moderni", ha detto. Poi alla stampa ha assicurato: "Ho sentito parlare della disponibilità a fornirci gli armamenti e il supporto necessari, compresi gli aerei. Farò una serie di accordi bilaterali, ora solleveremo la questione dei jet da combattimento", ha detto.

Ma l'unica che ha pubblicamente appoggiato la sua richiesta è stata la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola,, secondo cui i Paesi membri dell'Ue "dovrebbero ora considerare la possibilità di fornire i sistemi a lungo raggio e i caccia necessari per proteggere la libertà che molti danno per scontata". La voce della popolare maltese è sicuramente autorevole a Bruxelles, ma il cui potere in materia, purtroppo per Kiev, è nullo.

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