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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Verso il blocco / Turchia

Se l'Ucraina avvicina la Turchia all'Europa (anche grazie alla destra anti Islam)

Dopo anni di stallo, i negoziati per l'adesione di Ankara all'Ue potrebbero ripartire. Erdogan chiede concessioni sul commercio in cambio del suo ok alla Svezia nella Nato, ma non solo

Il summit Nato di Vilnius, almeno nelle speranze di Volodymyr Zelensky, doveva accelerare l'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza atlantica. Per Kiev è andata male, ma in compenso il vertice potrebbe aver (ri)avvicinato la Turchia all'Unione europea, facendo ripartire un processo di adesione in stallo da più di un lustro. Grazie in qualche modo proprio alla guerra in Ucraina, ma anche, per paradosso, a governi di destra solitamente pronti a sventolare in campagna elettorale lo spauracchio dell'islamizzazione dell'Occidente e, connesso a esso, i rischi per la crescente influenza di Ankara negli affari interni del continente.

Tra Russia e Ucraina

La decisione del presidente russo Vladimir Putin di far marciare il suo esercito verso Kiev ha in effetti accresciuto il peso sullo scacchiere internazionale del collega turco, Recep Tayyip Erdogan, il quale ha finora saputo muovere al meglio le proprie pedine per porsi quale mediatore principale tra Mosca e l'Occidente. È stato Erdogan a negoziare con successo, insieme all'Onu, l'accordo per far ripartire le navi ucraine cariche di grano e altri cereali attraverso il mar Nero e da qui verso l'Europa e i Paesi più poveri. Ed è stato sempre Erdogan a riconsegnare di recente direttamente a Zelensky alcuni prigionieri ucraini, mossa che non è piaciuta moltissimo al Cremlino.  Per Ankara, l'Ucraina resta un partner strategico con cui, poco prima dell'inizio del conflitto, aveva stretto un nuovo accordo di cooperazione nel settore della difesa.

Ma Putin non ha molto da lamentarsi con lo storico "amico-nemico" Erdogan: se la Russia continua a ricevere ancora tecnologie fondamentali per sopravvivere alla sforzo bellico lo deve anche, se non soprattutto, alla Turchia, che è diventata una sorta di piattaforma per aggirare le sanzioni occidentali. Inoltre, il progetto di Erdogan di trasformare il Paese a metà tra Asia e Europa in un hub del gas potrebbe tornare utile a Mosca per dare nuovi sbocchi ai suoi immensi giacimenti dopo la "disconnessione" del suo principale cliente, l'Ue. 

Da seconda potenza militare della Nato, Ankara sta facendo anche valere il suo peso nell'Alleanza dinanzi alle richieste di allargamento provenienti da Finlandia e Svezia. Se con Helsinki, Erdogan non ha opposto molte resistenze, diverso è stato l'atteggiamento nei confronti della Svezia, rimasta finora fuori dallo scudo atlantico proprio per il no della Turchia. Il leader turco ha prima chiesto garanzie da Stoccolma sul trattamento degli attivisti curdi, rifugiati in Svezia, che Ankara considera terroristi e che rivuole indietro. Quando ha ottenuto queste garanzie, ha alzato nuovamente il tiro rivolgendosi direttamente all'Ue: "Per prima cosa, apriamo la strada per la Turchia nell'Unione europea e poi apriamo la via per la Svezia come abbiamo fatto con la Finlandia", ha detto Erdogan prima del vertice Nato.

L'accordo con Stoccolma

A quanto pare, la strada è stata riaperta. La stretta di mano a Vilnius tra un raggiante premier svedese Ulf Kristersson e un serioso Erdogan ha sancito l'avvio dell'ultimo step prima che Stoccolma entri nell'Alleanza. E il caso ha voluto che l'intesa sia avvenuta proprio quando al governo svedese c'è una maggioranza di centrodestra in cui siedono forze, come i Democratici svedesi (alleati di Giorgia Meloni in Europa), che hanno fatto dell'antislamismo uno dei loro cavalli di battaglia (con tanto di sostegno ai roghi del Corano). Lo stesso Kristersson ha fatto capire che in cambio del suo benestare, Ankara ha ottenuto garanzie da Bruxellles.  

"Ci sono sviluppi positivi nel percorso che dovrebbe avvicinare la Turchia all'Ue", ha detto Erdogan. La richiesta di adesione da parte di Ankara risale al lontano 1987, e a cavallo tra la fine degli anni '90 e i primi anni del Duemila c'era stato un avvicinamento, tanto che la Turchia aveva ottenuto lo status di candidato e i governi Ue avevano dato l'ok all'inizio dei negoziati di adesione. Il processo, però, si è interrotto proprio con l'arrivo al potere di Erdogan, da un lato per le resistenze interne all'Ue (in particolare dai partiti di destra), dall'altro per il progressivo autoritarismo del leader turco. E nel 2018, è stato pressoché sospeso.

Entrare nell'Ue senza aderirvi 

Ora, Erdogan si dice sicuro di far ripartire i negoziati. Pensare a un'adesione della Turchia resta a oggi pressoché impossibile, e neanche Ankara ha tutta questa fretta di diventare un membro dell'Ue. Semmai, quello che interessa a Erdogan è di ottenere delle concessioni sul commercio: entrare nel mercato unico dell'Ue pur restando fuori dal blocco, come già accade in qualche modo per la Norvegia. La base, in tal senso, c'è già, ossia l'unione doganale in vigore tra Turchia e Europa dal 1995. "L'unione doganale facilita il commercio tra i due partner, ma ha un disperato bisogno di modernizzazione per riflettere i cambiamenti nella tecnologia e nelle catene di approvvigionamento globali", scrive Politico. "Il Santo Graal per la Turchia, tuttavia, è la liberalizzazione dei visti - scrive ancora Politico - che consentirebbe ai cittadini turchi di viaggiare senza visto nel blocco per lunghi periodi, liberandoli dall'oneroso processo a cui devono sottoporsi solo per entrare nell'Ue". 

Putin e Erdogan, nemici-amici

A Bruxelles, in molti sono convinti che il riavvicinamento del Paese ottomano attenga più alla propaganda politica di Erdogan che a reali avanzamenti diplomatici nei rapporti con l'Ue. Ma il leader di Ankara ci crede:"Ho parlato con (la presidente della Commissione Ue) Ursula Von der Leyen che mi ha detto alcune cose assolutamente positive", ha osservato durante una recente intervista con alcuni media turchi. Erdogan sottolinea come prova di impegno da parte dell'Ue "il fatto che la Commissione abbia chiesto un nuovo rapporto sulla Turchia", ossia un nuovo dossier di valutazione che serve da base per i negoziati di Bruxelles con i Paese terzi candidati all'accesso. "Mi aspetto un rapporto dai contenuti positivi che permetta di andare avanti con la procedura. Noi abbiamo dato la nostra parola e la manterremo fino alla fine. Ci aspettiamo però passi positivi e concreti", ha concluso il Sultano.

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