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Sabato, 20 Aprile 2024
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Libia, la tregua è già finita. E Macron sfida Italia e Germania

Le forze vicine al governo denunciato nuovi assalti da parte dell'esercito di Haftar. Mentre la Francia si sfila dalla dichiarazione di condanna al generale dopo il blocco delle esportazioni di petrolio

Dopo la Conferenza di Berlino di domenica, sembrava che una tregua, almeno parziale, era stata raggiunta. Ma sono bastate poche ore a far tramontare le speranze: in Libia sono ricominciati gli scontri tra le forze del generale Khalifa Haftar, comandante dell'autoproclamato esercito nazionale libico (Lna), e quelle del governo di accordo nazionale del premier Fayez al-Sarraj. Secondo quanto dichiarato da fonti vicine all'esecutivo, nelle ultime ore ci sarebbero stati diversi tentativi delle milizie legate ad Haftar di entrare a Tripoli, capitale e roccaforte del governo. Mentre un comandante dell'Lna, secondo quanto riferito da un quotidiano panarabo edito a Londra di proprietà saudita 'Asharq al Awsat', ha dichiarato che "la tregua è ufficiosamente crollata".

Del resto, gli ultimi sviluppi internazionali stanno dimostrando la fragilità dell'accordo promosso prima dalla Turchia (ormai in guerra al fianco di al-Sarraj) e dalla Russia (alleata di Haftar), e poi ribadito alla Conferenza di Berlino organizzata sotto l'egida Ue. Secondo quanto apprende l'agenzia Adnkronos, la Francia starebbe bloccando una dichiarazione congiunta con Italia, Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti di condanna del blocco delle esportazioni di petrolio deciso dal generale Haftar sabato scorso, proprio alla vigilia della Conferenza di Berlino. Parigi, come è noto, sostiene da tempo il generale, mentre l'Italia aveva puntato su al-Sarraj (salvo mostrare di recente perplessità dopo l'apertura del premier libico alla Turchia).

Questa situazione ha di fatto diviso l'Ue negli ultimi anni, impedendo di trovare una posizione comune. In parallelo, gli Usa si sono sfilati dalla Libia per concentrarsi su altri scenari geopolitici (come l'Iran). Con il risultato che nel Paese nordafricano si è aperto un canale per l'ingresso di Ankara che rischia di provocare un rimescolamento delle carte rischioso per gli interessi italiani. Dietro la crisi libica ci sono, tra le altre cose, i giacimenti di petrolio e gas. Non a caso, alla mossa di Haftar ha fatto subito seguito la decisione della Noc, l'ente che gestisce i pozzi delle zone controllate dal governo, di fermare le spedizioni di gas da cucina nella città di Bengasi, considerata vicina al generale.

La crisi, dunque, rischia di precipitare. Un tentativo di mediazione ulteriore è arrivato in queste ore dall'Algeria, che ha proposto di "ospitare un dialogo tra i libici" per una soluzione pacifica. Ma in pochi credono che un nuovo tavolo di negoziati possa portare a una tregua concreta. 

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