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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Il padre è un jihadista, ma il giudice si rifiuta di dare l'affidamento esclusivo alla madre

Un tribunale spagnolo ha deciso di non revocare la patria potestà nonostante l'uomo sia in carcere per terrorismo, condannato per aver reclutato e indottrinato combattenti nel Paese

È stato condannato per terrorismo, per aver arruolato e radicalizzato combattenti jihadisti, eppure potrà continuare a mantenere la patria potestà dei figli, nonostante la madre chieda l'affidamento esclusivo per proteggerli.

Il caso

Sta facendo discutere in Spagna la storia di Raquel Alonso che si sta battendo nei tribunali del Paese per impedire all'ex marito, Nabil Benazzou, di poter influire negativamente sull'educazione e i valori dei loro figli. La donna ha raccontato che l'uomo, arrestato nella loro casa a Madrid nel 2014, si era radicalizzato nel 2011 e, soprattutto a partire da quel momento, si è dimostrato un "padre aggressivo e intransigente". La coppia ha due figli, un maschio ormai diciottenne, quindi legalmente un adulto, e una femmina ancora minorenne. Alons ha chiesto che la patria potestà di quest'ultima fosse attribuita in modo esclusivo a lei, per proteggerla da atti come quelli che ha dovuto subire il primogenito che, ha spiegato ai giudici, tra il 2011 e il 2014 (le date della radicalizzazione e poi dell'arresto dell'uomo), "ha dovuto vedere come venivano uccisi gli infedeli, come venivano decapitati, come i giovani si sacrificavano".

La decisione

Benazzou è stato condannato a otto anni di carcere e sei anni di libertà vigilata per aver reclutato, radicalizzato, indottrinato, finanziamento e fatto partire verso diverse località del mondo volontari jihadisti pronti a compiere azioni terroristiche. Ma nonostante questo per il giudice del tribunale di Madrid "non ci sono motivi per rimuovere la custodia dal padre". La Corte ha preso atto del fatto che l'uomo in prigione abbia incontrato i figli in cinque occasioni e che abbia scritto lettere colme d'affetto alla figlia, nonostante lei avesse espresso il desiderio di non vederlo più. Il magistrato ha ritenuto che la ragione principale per cui il condannato non può adempiere ai doveri richiesti dalla potestà genitoriale sia la detenzione, e dunque il fatto che si trovi in carcere a scontare una pena, ma che non vi è motivo di privare Benazzou della potestà quando avrà scontato la sua pena.

La denuncia in un libro

Alonso ha scritto anche un libro intitolato 'Sposato con il nemico', in cui ha raccontato come Benazzou, che era nato in Marocco, fosse inizialmente l'amore della sua vita. Lo aveva incontrato nei primi anni '90 in un bar, e lui era tollerante e colto, con un buon lavoro come ingegnere. Secondo il racconto della donna tutto è cambiato dopo la morte del padre di suo marito, nel 2011, quando lui ha iniziato a frequentare una moschea di Madrid ed è entrato in contatto con membri della Brigata al-Andalus, un ramo spagnolo di al-Qaeda. Da quel momento, la donna ha notato gli sforzi di Benazzou per indottrinare i figli. "Non era più l'uomo di cui mi sono innamorata", ha detto. "Ha fatto loro molti danni. Tra un anno e otto mesi finirà di scontare la pena e sarà rilasciato. Non voglio che torni. Lui non lascerà che i miei figli si sviluppino, abbiano le loro opinioni e vivano come vogliono", ha dichiarato a Niusdiario.

"Non è più il padre"

L'uomo è in prigione da sei anni, "i primi due ho portato mia figlia in visita", ma "lui le ha parlato solo di religione, era molto freddo. Le ha chiesto se aveva pregato". Poi "abbiamo smesso di andarci e lo hanno trasferito dal carcere di Villahierro a León a Pontevedra. I miei figli lo sentono più come il loro padre. In questi quattro anni non li ha chiamati una volta, né ha voluto saperne nulla", ha raccontato Alonso, secondo cui "se l'Alta Corte nazionale ha stabilito che è un pericolo per la società, che la sua intenzione era di uccidere e che ha indottrinato i miei figli, allora non è un esempio da seguire", e non può essere legalmente un padre.

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