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Martedì, 19 Marzo 2024
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Tutela dello Stato di diritto, la Commissione lavora alla stretta contro i sovranisti

Si vuole riconsiderare il concetto e il modo di tutelarlo ma le decisioni sono rimandate a dopo le elezioni europee

La Commissione europea lavora ad una nuova politica di difesa dello stato di diritto. Un’iniziativa che intende rispondere, nella pratica, a quelle pratiche oggi in uso in Paesi i cui governi si caratterizzano per la natura più “sovranista” che europeista, come l'Ungheria di Viktor Orban, con cui Bruxelles proprio sul rispetto dei diritti ha un scontro aperto da tempo. Nella comunicazione inviata a Parlamento e Consiglio Ue, l’esecutivo comunitario invita a riflettere sull’opportunità di promuovere, da una parte, la consapevolezza sullo Stato di diritto e di ragionare, dall’altra parte, al concetto stesso di ‘Stato di diritto’.

“Chiarezza e coerenza” sono gli obiettivi prefissati della comunicazione della Commissione europea, che si concede tempo fino giugno prima di decidere cosa fare. Ora è tempo di interrogarsi sulle definizione e il suo rispetto in maniera uniforme, così da agire tutti allo stesso modo, sia in termini preventivi che successivi. Tutto però è rinviato a dopo le elezioni europee, inclusa la possibilità di bloccare l’erogazione dei fondi strutturali. Nella comunicazione si fa espliciti riferimento alla “necessità di approfondire la conoscenza del Paese per determinare in che modo i fondi e l'assistenza tecnica dell'Ue possono sostenere al meglio lo Stato di diritto in un Paese membro”.

A detta dell’esecutivo comunitario, “l'esperienza suggerisce che l'applicazione ex-ante delle condizionalità per i fondi dell’Unione europea ha rappresentato un importante incentivo” al rispetto dei valori fondamentali dell’Ue. Si prende tempo, insomma. Nel frattempo Bruxelles avvia una nuova procedura d’infrazione, la terza, contro la Polonia. La nuova normativa in materia di riorganizzazione della giustizia è vista come lesiva dell’indipendenza del potere giudiziario e, di conseguenza, dell’impalcatura democratica. Preoccupa la possibilità di sottoporre i giudici ordinari a indagini disciplinari, procedure e sanzioni, a causa delle loro decisioni giudiziarie.

Provvedimenti che devono essere presi dalla Camera disciplinare della Corte suprema, composta da giudici selezionati dal Consiglio nazionale per la magistratura i cui membri-giudici sono ora nominati dal parlamento polacco. “Il nuovo regime disciplinare – denuncia Bruxelles – mina l'indipendenza giudiziaria dei giudici polacchi, non offrendo garanzie necessarie per proteggerli dal controllo politico, come richiesto dalla Corte di giustizia dell'Unione europea”.

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