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Sabato, 20 Aprile 2024
Lo stop di Bruxelles

Come gli stadi di Firenze e Venezia stanno bloccando 19,5 miliardi del Pnrr

Il caso dei progetti per la ristrutturazione dell'Artemio Franchi e il nuovo Bosco dello sport: per l'Italia sono opere di rigenerazione urbana, ma la Commissione Ue non è d'accordo

Perché l'Italia non riesce a spendere i soldi del Pnrr

I progetti per gli stadi di Firenze e Venezia stanno diventando un caso politico sempre più delicato tra Roma e Bruxelles. I due interventi sono stati inseriti all'interno del Pnrr e fanno parte delle misure contestate dalla Commissione europea, che, proprio per vederci chiaro, ha rinviato di un mese l'erogazione della terza tranche da 19,5 miliardi di euro dei finanziamenti per il piano di ripresa italiano. In realtà, a contestare i due progetti non è solo l'esecutivo Ue: tanto a Firenze, quanto a Venezia, esponenti politici e società civile si oppongono ai lavori, e stanno cercando di far leva proprio su Bruxelles per fermarli.

L'Artemio Franchi

La ragione per cui la Commissione europea ha sollevato rilievi è legata al contesto in cui sono stati inseriti i progetti: secondo l'Italia, i due progetti sono da considerare opere di riqualificazione urbana e sociale. A Firenze, è previsto un intervento da 200 milioni di euro (di cui 70 dal Pnrr) per la ristrutturazione e l'ammodernamento dello stadio cittadino, lo storico "Artemio Franchi", costruito negli anni '30 su progetto di Pier Luigi Nervi, considerato tra i più grandi ingegneri civili italiani (suo, per esempio, anche il progetto del Grattacielo Pirelli a Milano). Con le sue pecualirità architettoniche, innovative per l'epoca, lo stadio è considerato una "importante infrastruttura culturale nazionale".

Il sindaco di Firenze Dario Nardella è il primo sostenitore del progetto che, a suo giudizio, mira a rendere lo stadio "ultramoderno" e "a disposizione di tifosi e visitatori". Non sono dello stesso avviso i famigliari dell'ideatore dell'impianto, riuniti nella fondazione "Pier Luigi Nervi project": secondo loro, la ristrutturazione comprometterebbe il valore storico dello stadio. La Commissione europea non entra nel merito di questa diatriba, ma si limita a sollevare dubbi sul fatto che il progetto possa essere considerato di riqualificazione urbana e sociale, e dunque accedere ai fondi Pnrr previsti per questo tipo di misure: lo stadio, infatti, sorge in uno dei quartieri più ricchi di Firenze, fanno notare da Bruxelles. Mentre lo scopo della missione in cui è stato inserito l'intervento è di "rigenerare, rivitalizzare e valorizzare grandi aree urbane degradate".

Il Bosco dello sport

Più o meno gli stessi dubbi che gravano sul progetto del "Bosco dello sport" di Venezia, un piano da 300 milioni di euro per costruire un centro sportivo in un'area agricola disabitata vicino Tessera, con tanto di stadio, arena e palazzetto dello sport. Uno dei principali sponsor del progetto è il sindaco Luigi Brugnaro, che è anche proprietario della locale squadra di basket, la Reyer (che potrebbe beneficiare del nuovo impianto). Ma contro il nuovo centro sportivo si è schierato un pezzo della società civile, tra cui Italia Nostra, che ha presentato in questi giorni un ricorso al Tar: secondo l'organizzazione, il "Bosco dello sport" sarebbe un'opera di cementificazione scollegata da qualsiasi finalità di rigenerazione urbana: "L’area di intervento (Venezia-Tessera) non presenta alcuna delle caratteristiche di degrado sociale e di vulnerabilità previste dalla normativa, avendo indici di criminalità bassissimi e una struttura territoriale prevalentemente costituita da villette unifamiliari all’interno di un paesaggio agrario incontaminato", scriva Italia Nostra. "Al contrario vaste zone della città di Mestre, che avrebbero pieno titolo ad ottenere questi fondi Pnrr, sono lasciate al loro lento e inesorabile declino", aggiunge. 

I rilievi di Italia Nostra sembrano essere in linea con quelli della Commissione europea. E visti così, sembrano legittimi. Cosa farà adesso il governo? Per il momento, da Roma si tira dritto. Se i progetti sono stati inseriti dal governo Draghi, è anche vero che i due interventi uniscono l'intero spettro politico italiano: da un lato c'è Firenze, roccaforte del Pd. Dall'altro c'è Venezia, guidata dal centrodestra. "Il governo fornirà ulteriori elementi a sostegno dell'ammissibilità di tutti questi interventi, in particolare di quelli inclusi nei Piani urbani integrati di Venezia e Firenze", ha affermato Palazzo Chigi in una nota dopo lo stop di Bruxelles.

Le grane del Pnrr

Il problema, però, è che i due progetti rischiano di essere la classica goccia che fa traboccare il vaso. Come segnalato ieri dalla Corte dei conti, il Pnrr italiano deve fare i conti con problemi sicuramente più gravi: i ritardi nell'avvio delle misure previste si stanno accumulando, e la macchina burocratica italiana non sembra capace di assorbire la gigantesca mole di sussidi e prestiti che stanno arrivando dall'Ue. Ecco perché la premier Giorgia Meloni, spalleggiata dal ministro Raffaele Fitto, ha cercato fin dall'inizio del suo mandato di intavolare trattative con la Commissione per rivedere il Pnrr e chiedere un allungamento dei tempi per la realizzazione delle misure. 

Un eventuale fallimento del Pnrr italiano porterebbe acqua al mulino di chi, in Europa, non ha mai digerito il maxi piano di ripresa di Bruxelles, a partire dai Paesi frugali come l'Olanda, che contestano sia i sussidi provenienti dai loro bilanci, sia i prestiti Ue finanziati con l'emissione di eurobond. Di contro, la Commissione punta proprio sul successo dell'Italia per dimostrare l'importanza degli eurobond anche per future iniziative (come per esempio il Fondo di sovranità proposto da Ursula von der Leyen per finanziare la transizione ecologica dell'industria e già stoppato da Germania e Olanda). "Dobbiamo rimboccarci le maniche a Bruxelles e a Roma e far funzionare queste cose", ha detto qualche giorno fa il commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni. "Noi italiani non possiamo assumerci la responsabilità del fallimento dei primi eurobond a livello europeo, perché sarebbe davvero un disastro", ha aggiunto.

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