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Giovedì, 7 Dicembre 2023
Analisi del voto / Spagna

La sconfitta dei sovranisti in Spagna è un segnale per l'Europa

L'intransigenza di Vox è stata punita, con una parte dell'elettorato che ha preferito la destra moderata. È risorta anche la sinistra radicale con il neonato partito Sumar

Era il partito più temuto e reputato decisivo per un governo di destra in Spagna, invece è caduto e la sua rilevanza politica si è ridotta in maniera inaspettata. In una tornata elettorale di cui ancora non sono chiari i vincitori, né i contorni di un possibile governo, uno sconfitto c'è: Vox. La formazione di estrema destra guidata da Santiago Abascal in realtà non ha perso un numero spropositato di voti. A livello nazionale è passato dal 15% delle passate elezioni al 12%, circa 623mila voti in meno, eppure il sistema di attribuzione dei seggi lo ha punito in modo pesante, facendo passare i suoi deputati da 55 a 33. Una mazzata. Anche in ottica europea, dove Giorgia Meloni fremeva nell'attesa di aggiungere un altro tassello al suo puzzle di governi "patriottici", insieme ad Italia, Finlandia, Svezia, Polonia ed Ungheria. Le posizioni minacciose di Abascal, che prometteva di cestinare femminismo, diritti Lgbtq+, socialismo e indipendentismo, hanno trascinato al voto migliaia di cittadini, magari non entusiasti di Pedro Sanchez, ma che hanno comunque riempito le urne pur di non dover subire le minacce dell'estrema destra. Chi temeva l'ascesa al potere di Vox può tirare un respiro di sollievo, ma la consolazione è di corta durata. Le prossime europee potrebbero comunque consegnare un Parlamento europeo, e quindi una Commissione, trainato da sovranisti e conservatori se dovessero trovare accordi convenienti coi popolari.

Regioni opposte

In base ai dati diffusi dal Ministero degli interni ed elaborati dal quotidiano El Pais, nel suo insieme la Spagna ha votato in modo simile a come ha fatto quattro anni fa. Ci sono però delle profonde differenze a livello locale. La destra è cresciuta in modo deciso in alcune regioni, in particolare la Galizia del leader dei popolari Alberto Núñez-Feijóo (+8%). Stesso percorso di crescita in Andalusia, La Rioja e Madrid. All'inverso, la sinistra ha guadagnato molto terreno in Catalogna. Il partito socialista insieme alla nuova formazione politica Sumar ha ottenuto un vantaggio di 12 punti rispetto alla destra dalle ultime elezioni. Il peso di un'area di otto milioni di abitanti è stato decisivo per compensare le perdite subite dal Psoe in altre regioni meno densamente popolate.

Accelerata dei popolari

A crescere in tutta la Spagna è stato il Partito popolare, grazie anche alla scomparsa del rivale Ciudadanos. Il centro-destra ha finito però con l'indebolire anche Vox, sottraendo voti proprio al partito candidato a diventare la principale stampella di un possibile governo guidato da Núñez-Feijóo. I due partiti hanno già stretto accordi per governare a livello locale in numerose comunidad, a seguito delle elezioni regionali e comunali dello scorso maggio. Un'alleanza che sembrava destinata a ripetersi anche a livello nazionale e che invece risulta adesso depotenziata.

Patriottismo in discesa

Il partito di Santiago Abascal è passato da 52 a 33 seggi, perdendone quasi un terzo rispetto alle passate elezioni. Il calo di voti non è stato disastroso, ma incisivo: -20% dei consensi. Vox rimane quindi il terzo partito più votato in Spagna, ma dove è davvero rappresentativo? Il fortino di Abascal è la Castilla y León, una regione scarsamente popolata, dove l'estrema destra si è affacciata per la prima volta in un governo regionale nel corso delle passate elezioni. Quest'area è il modello dove Abascal può proporre con successo le sue idee, volte ad eliminare le leggi spagnole sull'aborto, i diritti Lgbtq+, l'uguaglianza di genere. Una visione che però attira meno in altre aree del Paese, dove il ritorno di un'estrema destra dal sapore franchista rappresenta ancora un incubo da evitare.

Meloni amara

Fuori dai confini iberici, il rammarico principale è per la premier italiana Giorgia Meloni, che da anti-europeista vuole adesso diventare una leader europea a tutto tondo. La leader di Fratelli d'Italia si era collegata ad un comizio di Vox per benedire la formazione di Abascal in vista del voto. La vittoria di Vox l'avrebbe aiutata ad imprimere lo stampo "patriottico" in un altro Paese, rafforzando l'idea di un'alleanza vincente tra popolari e conservatori nel vecchio continente in vista delle europee del 2024. Una circostanza offuscata dai risultati del 23 luglio in Spagna. Durante la notte del voto, quando era chiara la debacle di Vox, Meloni ha telefonato ad Abascal per consolarlo e promettendo di non abbandonare il loro progetto politico comune. Secondo l'analisi del Guardian, il risultato iberico è il barometro dell'affezione dell'elettorato di estrema destra, che tutto sommato si è dimostrato non così "fedele" e ideologico come suppongono i suoi leader.

Sommare le sinistre

Dalle elezioni spagnole è intanto emersa una figura di donna politica opposta a quella della Meloni, che potrebbe convincere l'elettorato di sinistra ad essere meno restio alle urne anche in chiave europee: Yolanda Díaz Pérez. Ex membro del Partito Comunista, avvocato e sindacalista, già militante di Esquerda Unida e di Podemos, nonché ministra del lavoro del governo Sanchez II e vicepresidente del governo, Yolanda Díaz è stata il volto di riferimento di Sumar (in italiano Sommare), una coalizione nata ufficialmente il 31 maggio a seguito della pesante sconfitta elettorale alle regionali della sinistra e di Podemos in particolare. La ministra ha fatto della lotta al precariato e del salario minimo i suoi cavalli di battaglia, impegnandosi inoltre in maggiori controlli sulle condizioni di lavoro nel mondo agricolo. La forza della coalizione risiede però nell'aver appunto sommato i voti di tante piccole formazioni. Hanno aderito al movimento anche altri partiti: Podemos, Izquierda Unida, Catalunya en Comú, Más Madrid/Más País, Compromís, Iniciativa per Catalunya Verds, Equo. Con i suoi 31 seggi Sumar potrebbe sostenere un eventuale nuovo governo a guida Sanchez, col sostegno delle formazioni regionaliste basche e catalane. Un esecutivo precario, ma simile a quello rimasto in piedi negli scorsi cinque anni. Tutte le ipotesi restano sospese fino a venerdì 28 luglio, quando si conosceranno i risultati del voto degli spagnoli residenti all'estero (noto come voto Cera). Quei voti potrebbero aggiungere o togliere seggi a uno dei due blocchi e si capirà allora chi governerà alla Moncloa.

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