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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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"Il vero volto dei sovranisti Ue: al fianco delle lobby e contro famiglie e lavoratori"

Uno studio dell'Osservatorio corporativo europeo (Ceo) punta il dito contro 14 partiti tra cui la Lega e il Rassemblement National di Marine Le Pen accusati di prendere finanziamenti dai grandi gruppi finanziari e di votare a favore di leggi che aiutano le aziende più che i lavoratori e le famiglie

Contro il sistema, ma forti grazie a quello stesso sistema che tanto disprezzano e che tanto vorrebbero affossare. Ecco spiegati in sintesi partiti sovranisti, nel rapporto prodotto dall'associazione no profit Osservatorio corporativo europeo (Ceo) e che si concentra anche sulla Lega di Matteo Salvini. Sono quattordici le formazioni politiche prese in esame dallo speciale rapporto, che copre tredici Stati membri dell’Ue.

Cos’hanno in comune il Rassemblement National di Marine Le Pen, il Pvv di Geert Wilders, il partito del primo ministro ungherese Viktor Orban, Fidesz, i nazionalisti fiamminghi di Vlaams Belangs, la destra austriaca del Fpo, gli euroscettici svedesi di Sweden Democrats, e il Carroccio? Almeno tre cose, rilevano gli autori del rapporto. In primo luogo “rivendicano di combattere le ‘élite’ tradizionali, ma dipendono dai finanziamenti di queste stesse cerchie”. In secondo luogo questi partiti fanno della ‘questione morale’ un cavallo di battaglia, ma spesso “rimangono invischiati in scandali finanziari, dalla corruzione ai finanziamenti illeciti al partito, a schemi per l’arricchimento personale e persino alle frodi”. Ancora, le forze sovraniste “affermano di difendere i lavoratori disillusi, mentre le loro dichiarazioni di voto nell’Ue, o le azioni di governo, ricalcano un’agenda fermamente pro-aziendale, specialmente intorno ai diritti dei lavoratori e alla tassazione”.

Gli autori dello studio non hanno difficoltà a riconoscere la natura “ipocrita” di questi partiti, che però rimane sconosciuta ai più. Come spiega Margarida Silva, dell’Osservatorio corporativo europeo (Ceo), “conosciamo già le orribili opinioni di queste forze politiche su immigrazione, razzismo o diritti civili. Ma il loro comportamento di voto e le loro azioni al potere sono molto meno conosciuti, specialmente su questioni come i diritti dei lavoratori e la tassazione”.

Vediamo qualche esempio contenuto nel rapporto.

I veri amici di Orban

Orban è diventato noto ai più in Europa, e anche in Italia, per le sue battaglie contro i presunti amici del capitalismo, dell'alta finanza e delle multinazionali, concentrando i suoi strali sul miliardario George Soros. Peccato che, escluso Soros, il resto dei cosiddetti amici delle grandi lobby industriali e finanziarie godano di ottimi rapporti con il premier ungherese. 

Lo dimostrano anche i voti della folta pattuglia di eurodeputati di Fidesz, il partito di Orban: a Bruxelles e a Strasburgo, i sodali del premier, scrive il rapporto, "hanno votato contro tutte le proposte volte contrastare l'elusione fiscale", a creare "una base imponibile comune per le imprese al 25%" e "creare una speciale imposta sui servizi digitali al tre per cento". A parole, come l'ex deputato Ildikó Gáll-Pelcz, Fidesz è contro i giganti come Apple per "i privilegi fiscali di cui gode in Irlanda". Ma quando si è trattato di far approvare leggi europee contro questi colossi, il partito di Orban ha messo i panni del capitalista incallito. 

Tra i sovranisti, non è stato l'unico a opporsi a questo tipo di leggi: lo hanno fatto anche l'AfD, il partito tedesco di destra oggi in trattativa con la Lega per entrare nel gruppo europeo dell'Enf, i polacchi del partito di governo del PiS, alleati di Fratelli d'Italia in Europa, e i francesi del Rassemblement national di Marine Le Pen. A dirla tutta, è stato l'intero fronte variegato di sovranisti a votare contro regole più stringenti per multinazionali e lotta all'evasione, dagli olandesi del Partito per la libertà ai belgi del Vlaams Belang.

La difesa della famiglia

C'è poi il capitolo "famiglia", tanto caro alla Lega e allo stesso Orban, che ha più volte criticato l'Ue perché colpevole di non fare abbastanza in materia. Ebbene, quando al Parlamento europeo vi è stata l'occasione di promuovere leggi a favore delle famiglie, Fidesz si è sempre opposto: i suoi eurodeputati hanno votato contro il congedo di paternità, le misure volte a migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata, la trasparenza delle disparità retributive di genere e anche contro la direttiva per promuovere "un lavoro dignitoso" per tutti. 

Anche i tedeschi dell'AfD, i francesi del Rn di Le Pen e i polacchi del Pis, solo per citare tre partiti del cosiddetto fronte sovranista, si sono opposti a queste leggi. Con loro, stranamente, anche la Lega.

Prima i poveri lavoratori? No, prima l'industria

Il governo di Orban si è distinto anche per una legge, approvata dal Parlamento, che porta a 400 ore il tetto massimo di straordinari che i lavoratori sono costretti a fare durante l'anno. Gli oppositori l'hanno ribattezzata "la legge degli schiavi". Ma nel panorama sovranista non è l'unico caso. Si pensi all'Fpo, il partito austriaco di destra alleato di Salvini a Bruxelles: porta la sua firma la nuova legge che estende la settimana lavorativa massima da 48 a 60 ore, senza una garanzia di retribuzione. 

Gli scandali

A proposito dell'Fpo, come non citare lo scandalo della "Busta di plastica": negli anni '90, mentre era direttore del Club parlamentare dell'Fpo, l'attuale ministro della giustizia Josef Moser avrebbe rucevuto un sacchetto di plastica contenente quasi 400mila euro da parte di un ricco industriale. Moser ha respinto tutte le accuse. E la giustizia ha indagato. Ma si attende ancora l'esito di queste indagini.

Di scandali giudiziari e non è costellato l'intero fronte sovranista: ci sono i finanziamenti "oscuri" che l'AfD avrebbe ricevuto dalla Svizzera, o quelli del bonus accordato ad alcuni ministri polacchi del PiS prima di un rimpasto di governo (fondi poi girati a enti di beneficenza dopo lo scoppio dello scandalo). C'è poi il genero di Orban, finito in una inchiesta per presunte frodi sui fondi Ue. Restando in tema di fondi Ue, come non ricordare i 470mila euro che Marine Le Pen e il suo gruppo devono restituire al Parlamento europeo per aver usato in modo "improprio" i finanziamenti ai partiti concessi da Bruxelles: tra le spese contestate, anche "228 bottiglie di champagne". 

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