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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il piano di Londra / Regno Unito

Soldi e sconti di pena ai migranti per farli tornare nel loro Paese

Il Regno Unito sta cercando di portare avanti un programma di rimpatri ambizioso. Per ora, puntando sulla cooperazione con l'Albania. Ma un'inchiesta della Bbc solleva dubbi sui risultati

Migranti rispediti in patria con un assegno da 1.700 euro e, in molti casi, con sconti di pena. Già, perché tra le loro fila molti sono quelli che si trovavano in carcere per reati, anche gravi, come il traffico di stupefacenti. Si chiama Early release scheme (Ers), ed è il programma con cui il Regno Unito sta cercando di tenere fede a una delle grandi promesse della Brexit, ossia la fine (o almeno, un forte ridimensionamento) dell'immigrazione clandestina. Un programma che, però, per il momento si concentra su un Paese che dell'Ue non fa ancora parte, l'Albania. 

Il programma di rimpatri

Da Tirana, infatti, arriva una buona fetta dei migranti irregolari che sbarcano, sempre più numerosi, sulle coste britanniche attraverso la Manica su dei barconi. Nel 2022, sono state oltre 45mila le persone che, partendo dalle coste del Nord Europa, hanno raggiunto il Regno Unito, secondo i dati ufficiali di Londra. Il governo britannico si è trovato a fare i conti con le pressioni del suo elettorato, preoccupato da un fenomeno fino a poco tempo fa marginale (i flussi di irregolari, prima della Brexit, passavano per lo più dal tunnel della Manica). E nell'affrontare il problema, ha preso di mira proprio Tirana.

Il difficile accordo

Prima, con le buone: nel 2021, l'allora governo di Boris Johnson ha proposto all'Albania lo stesso accordo che sta cercando di portare avanti con il Ruanda: il Paese balcanico sarebbe dovuto diventare una sorta di piattaforma distaccata di Londra, riprendendosi, in cambio di lauti finanziamenti, non solo i suoi cittadini giunti illegalmente in terra britannica, ma anche i clandestini provenienti da altre aree del mondo. Questi migranti irregolari sarebbero stati detenuti in appositi centri albanesi, ma gestiti dal Regno Unito, in attesa di ricevere una risposta alla loro richiesta di asilo depositata alle autorità britanniche. Tirana, a differenza del Ruanda, ha rifiutato l'offerta. 

A fine 2022, il nuovo governo di Rishi Sunak è tornata all'attacco, in tutti i sensi: per voce della ministra degli Interni Suella Braverman, l'Albania è diventata il nodo centrale da affrontare per combattere l'immigrazione clandestina: gli albanesi sono stati accusati non solo di essere tra i principali gruppi di migranti, ma anche di gestire il traffico di esseri umani attraverso la Manica grazie alle loro potenti gang, già attive nel Regno Unito nel mercato della droga. L'accusa ha provocato un vero e proprio scontro diplomatico, che, oggi, sembra già alle spalle.

"Il futuro è nel Regno Unito"

Se dei mille e passa clandestini rimpatriati finora nell'ambito del programma Early release scheme la stragrande maggioranza sono albanesi, il motivo è che Londra e Tirana sembrano aver trovato il modo di cooperare su questa delicata materia. Da dicembre scorso, è in vigore un accordo di cooperazione congiunta "scoraggiare e ostacolare la migrazione illegale". Questo accordo prevede, come prima cosa i rimpatri, compresi quelli di cittadini albanesi condannati nel Regno Unito. L'incentivo viene dato ai diretti interessati: 1.700 euro come bottino da riportare a casa, a cui si aggiunge uno sconto di pena di 1 anno per chi è condannato.

L'altra parte dell'accordo di cooperazione riguarda gli investimenti britannici nel Paese balcanico, che dovrebbero servire da deterrente per chi intende partire alla volta del Regno Unito. A Kukes, per esempio, che si trova in una zona dell'Albania con altri tassi di emigrazione, Londra sta portando avanti progetti di formazione e di imprenditoria per circa 9 milioni di euro.

Se il piano britannico funzionerà o meno lo si vedrà nei prossimi anni. Un'inchiesta della Bbc ha sollevato qualche perplessità. Intervistando alcuni dei cittadini albanesi rimpatriati, c'è chi ha espresso l'intenzione di voler tornare nel Regno Unito il prima possibile. E a Kukes, nonostante i milioni investiti dal governo britannico, la maggior parte dei giovani si vede all'estero: "Il futuro non accade a Kukes, ma nel Regno Unito". 

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