Forti in robotica, deboli nelle infrastrutture: Italia a due velocità sul digitale
Il Belpaese ancora indietro nelle classifiche Ue sulla banda ultra larga e i servizi tecnologici. L'allarme dell’I-Com Broadband Index
Male sul digitale, meglio su intelligenza artificiale e robotica. La performance italiana in campo tecnologico risulta ancora ‘appesantita’ dal ritardo nei confronti del resto d’Europa. Nel 2020 il Belpaese si è classificato 22mo sui 27 Stati Ue secondo l’I-Com Broadband Index, l’indice elaborato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) che misura lo sviluppo della banda ultra larga nei mercati nazionali ed europei. “A determinare lo stallo italiano - secondo gli esperti - è soprattutto la domanda digitale, che cresce a un ritmo ancora troppo lento rispetto ai principali Paesi del Vecchio continente”.
I motivi del ritardo italiano
L’indice tiene conto soprattutto della domanda, e quindi il grado di digitalizzazione degli italiani, e dell’offerta, ovvero il livello di sviluppo delle infrastrutture digitali. L’Italia è rimasta stabile rispetto all’anno precedente, ma in calo se si considera il 2018, quando il Belpaese era 21mo in Europa. Due i settori che vedono l’Italia particolarmente in ritardo. A fronte di una media europea del 63%, solo il 38% degli italiani utilizza i servizi di e-commerce, mentre una percentuale ancora più bassa, il 22%, ha sottoscritto nell’anno in corso abbonamenti con una velocità di connessione superiore a 100 Megabit per secondo (Mbps). Se si guarda al resto del continente, è il Nord Europa a registrare i risultati migliori secondo l’indice I-Com. A fare la parte del leone è la Svezia, che guida la classifica per il terzo anno consecutivo. Seguono Lussemburgo e Danimarca a pari merito con un punteggio di 97,3, grazie alla copertura totale del 4G e quella della banda larga nelle aree rurali, che ha raggiunto il 96%. Come pure la copertura della rete NGA, che in entrambi i Paesi supera il 95%. La Spagna si posiziona al quarto posto, la Germania al sedicesimo e la Francia al ventesimo.
Belpaese più forte nella robotica
Lo studio prende in considerazione un indice che misura il grado di sviluppo dell’intelligenza artificiale nell’Unione europea. Ancora una volta, a trainare la classifica sono i Paesi del Nord. L’Italia risulta a metà classifica, al 13mo posto nell’Unione. Al contrario, ottima la performance nel campo della robotica, come pure è discreto il numero di imprese specializzate nell’intelligenza artificiale – circa il 17% del totale – che ha depositato domande di brevetto. Non a caso si tratta di realtà che hanno un discreto ecosistema di imprese che adottano tecnologie di intelligenza artificiale e una percentuale di aziende focalizzate sui Big Data che si aggira intorno al 20% ed è ben al di sopra della media europea (12%). Seguono in 7ma e 11ma posizione due dei principali Paesi Ue: la Francia e la Germania che, nonostante l’elevato numero di realtà che operano in questo settore, sono ancora indietro per la loro dimensione, per la mancanza di un ecosistema industriale e per il basso punteggio ottenuto sul lato della ricerca.
Il parere degli esperti
I risultati dell’indice sono contenuti nel rapporto dal titolo “Tutte le strade portano al digitale. Regole e investimenti per la ripresa economica in Italia e in Europa” condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) nell’ambito dell’Osservatorio sulle reti e i servizi di nuova generazione. Lo studio, curato dal presidente dell’istituto Stefano da Empoli e dal direttore dell’area Digitale Silvia Compagnucci, è stato presentato ieri a Roma nel corso di un webinar a cui hanno preso parte oltre trenta relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese. “Negli ultimi anni - è stato il commento del presidente dell’Istituto per la Competitività Stefano da Empoli - abbiamo fatto passi in avanti, spesso anche importanti, ma soprattutto su un versante: quello delle infrastrutture”. “Siamo invece indietro, troppo indietro, nell’utilizzo dei servizi digitali. E non riusciamo in alcun modo a ridurre il gap con gli altri Paesi”, aggiunge Empoli. “Ora occorre reagire con decisione, grazie a policy che consolidino rapidamente lo scatto in avanti determinato dalla necessità di ricorrere al digitale durante la pandemia”, ha concluso.