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Sabato, 20 Aprile 2024
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I respingimenti in mare dell'Ue hanno portato alla morte di 2mila migranti

Un recente rapporto ha evidenziato che gli Stati comunitari hanno fatto ricorso a operazioni illegali per fermare quasi 40mila richiedenti asilo che cercavano di attraversare il Mediterraneo

Migliaia di rifugiati, compresi bambini in fuga dalle guerre, sarebbero stati respinti dai confini comunitari attraverso l'utilizzo di tattiche brutali e illegali dagli Stati membri dell'Ue, supportati dall'agenzia Frontex. Questo è quanto denuncia un'analisi condotta dal Guardian sulla base dei dati delle Nazioni Uniti e di diverse Ong. Secondo il report, durante pandemia, i Paesi Ue avrebbero espulso circa 40mila richiedenti asilo dai confini dell'Europa e i metodi utilizzati, tra cui aggressioni durante detenzione o trasporto, avrebbero portato alla morte di oltre 2mila persone. L'analisi avrebbe rivelato che la regolarità delle pratiche disumane sarebbe aumentata notevolmente e che gli Stati europei sarebbero responsabili di cattiva condotta e operazioni illegali.  "

Dati recenti suggeriscono un aumento delle morti di migranti che tentano di raggiungere l'Europa e, allo stesso tempo, un aumento della collaborazione tra gli Stati membri con Paesi terzi come la Libia, che ha portato al fallimento di diverse operazioni di salvataggio", ha spiegato Fulvio Vassallo Paleologo, esperto di diritti umani e immigrazione. "In questo contesto, le morti in mare dall'inizio della pandemia sono direttamente o indirettamente collegate all'approccio dell'Ue volto a chiudere tutte le porte". Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2020, quasi 100mila immigrati sono arrivati ​​in Europa via mare e via terra rispetto ai 130mila del 2019 e i quasi 200mila del 2017. Come si legge nel rapporto del giornale britannico, nonostante il calo numerico, Stati come Italia, Malta, Grecia, Croazia e Spagna da gennaio 2020 avrebbero accelerato i loro programmi di accoglienza dura, adottando chiusure parziali o complete delle frontiere per limitare la diffusione del coronavirus. Questi Paesi avrebbero quindi pagato Stati terzi e arruolato navi per intercettare le imbarcazioni e indirizzare i passeggeri nei centri di detenzione. Nell'analisi si parla di persone picchiate, derubate, abusate sessualmente, spogliate e lasciate addirittura in mare. Tuttavia, Frotex ha ribattuto "le autorità, inclusi noi, hanno fatto tutto ciò che era umanamente possibile per salvare i migranti" e ha respinto le accuse. 

Uno degli esempi più gravi evidenziato nel rapporto è quello della Croazia, che ha intensificato la violenza sistemica nei confronti dei migranti della Bosnia, iniziando addirittura a respingerli più frequentemente. Il Consiglio danese per i rifugiati (Rdc) ha registrato quasi 18mila esclusioni dall'inizio della pandemia. Alcuni migranti avrebbero riportato di essere stati verniciati a spruzzo con croci rosse in testa da agenti croati che dicevano loro che quella era la "cura contro il coronavirus". "Nonostante l'impegno della Commissione europea con le autorità croate negli ultimi mesi, non abbiamo praticamente registrato alcun progresso, né sulle indagini, né sullo sviluppo di meccanismi indipendenti di monitoraggio delle frontiere", ha affermato Nicola Bay, direttore della Rdc per la Bosnia. "Ogni singolo respingimento rappresenta una violazione del diritto internazionale e dell'Ue, che si tratti di violenza o meno" ha spiegato Bay.

Ma anche lo Stato greco ha aumentato le esclusioni e ha bloccato alla frontiera più di 6mila richiedenti asilo, secondo i dati di Border Violence Monitoring Network (Bvmn). Anche in questo caso si parla di "uso sproporzionato ed eccessivo della forza". Secondo Bvmn sono stati registrati "esempi estremamente crudeli di violenza della polizia, incluse percosse prolungate, spesso su corpi nudi, immersione in acqua, abuso fisico di donne e bambini e l'uso di barre di metallo per infliggere ferite". Addirittura una causa intentata contro lo Stato greco ad aprile presso la Corte europea dei diritti umani ha accusato Atene di aver abbandonato in mare dozzine di migranti su zattere di salvataggio dopo averli picchiati. Inoltre, Unhcr ha detto che dall'inizio della pandemia, le autorità libiche, con il sostegno italiano, hanno intercettato e respinto a Tripoli più di 15mila richiedenti asilo. Questa strategia ha provocato il ritorno forzato di migliaia di persone nei centri di detenzione libici dove, secondo i rapporti, subiscono torture. 

"Nel 2020 la pratica dei respingimenti violenti non solo è continuata, ma aumentata, con un ruolo sempre più importante svolto da Frontex, che con i suoi aerei avvista le barche in mare e comunica la loro posizione alla guardia costiera libica", ha detto Matteo de Bellis, ricercatore sulla migrazione di Amnesty International. “Quindi, mentre l'Italia ad un certo punto ha persino usato la pandemia come scusa per dichiarare che i suoi porti non erano sicuri per lo sbarco delle persone soccorse in mare, non ha avuto problemi con la guardia costiera libica che ha rimpatriato le persone a Tripoli. Anche quando la Libia era sotto bombardamento o quando centinaia di persone sono attaccate a colpi d'arma da fuoco subito dopo lo sbarco ". "Le operazioni di push e pull-back sono diventate routine, così come le forme di abbandono marittimo in cui centinaia di persone sono state lasciate ad annegare", ha detto un portavoce di Alarm Phone, un servizio di hotline per migranti in difficoltà in mare. '' Abbiamo documentato così tanti naufragi che non sono mai stati ufficialmente contabilizzati e quindi sappiamo che il vero bilancio delle vittime è molto più alto. In molti casi, le guardie costiere europee si sono rifiutate di rispondere: hanno preferito lasciare che le persone annegassero. Anche se tutte le autorità europee cercano di rifiutare la responsabilità, sappiamo che la morte di massa è il risultato diretto sia delle loro azioni che delle loro inazioni'' ha detto il portavoce. 

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