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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il Recovery si scontra con la questione meridionale: in Italia è polemica sugli asili del Sud discriminati

Un'inchiesta de 'Il Mattino' mette in luce i criteri di assegnazione dei fondi Ue che agevolano le aree più ricche del Paese. Ma Bruxelles chiede di "tenere conto delle ampie disparità geografiche nella disponibilità dei servizi" e il semaforo verde al piano italiano non va dato per scontato

Nuove risorse, vecchi problemi. Il piano europeo di ripresa Next Generation Eu dovrà fare i conti con la questione meridionale, il divario che ha lasciato indietro il Mezzogiorno rispetto al resto del Paese dal periodo post-unitario ai giorni nostri. A stabilirlo sono le raccomandazioni Ue che l’Italia dovrebbe seguire nella speranza di ricevere la sua fetta dei 750 miliardi di euro, che verranno assegnati dalle istituzioni di Bruxelles sulla base dei piani nazionali da presentare entro aprile. 

Tenere conto delle disparità

Come si legge nel documento che la Commissione europea ha dedicato all’Italia nel 2019, “gli investimenti nell'assistenza all'infanzia, nell'assistenza sanitaria e nell'assistenza a lungo termine dovrebbero tenere conto delle ampie disparità geografiche nella disponibilità dei servizi”. Queste raccomandazioni rappresentano oggi l’orientamento da seguire per accedere ai fondi di ripresa. Peccato che, stando alle rivelazioni di un autorevole quotidiano di Napoli, il Belpaese stia andando in direzione opposta. 

La diseguaglianza dalla tenera età

A spiegare la prima deviazione tra gli obiettivi del Recovery Fund e le azioni messe in campo per perseguirli è un articolo di Marco Esposito pubblicato su ‘Il Mattino’. L’inchiesta approfondisce i criteri di assegnazione della prima gara da 700 milioni di euro che prevede l’utilizzo del Recovery Fund europeo per la “costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza di asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia” dando “priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane”. Numeri alla mano, non ci dovrebbero essere molti dubbi sulle zone che dovrebbero beneficiare in misura maggiore delle risorse in arrivo dall’Europa. Come evidenziato un anno fa in un'analisi condotta da Openpolis, Sicilia e Campania sono le uniche due regioni italiane incapaci di offrire almeno 10 posti in asilo nido per ogni 100 bambini fino ai 2 anni. Dall’altra parte dello Stivale, tutte le regioni del Nord Italia possono contare su almeno 27 posti in asilo ogni 100 bambini. Uno squilibrio evidente, come quello di cui parla il documento Ue. 

La beffa

Eppure, i criteri stabiliti dal primo bando assegnano meno del 50% delle risorse totali alle aree periferiche e svantaggiate. Come ha fatto notare ‘il Mattino’, la quota del 60% inizialmente riservata alle zone in difficoltà viene applicata solo all’80% dei fondi, facendo scendere la percentuale dell’intervento destinato alle sole aree in ritardo a un ben più modesto 48%. Altro tasto dolente del bando presentato dal Governo è il punteggio assegnato alle scuole che riescono a garantire, grazie alle risorse già in cassa, un co-finanziamento dell’intervento. Chi ha già soldi da cumulare a quelli in arrivo da Bruxelles può ricevere fino a 10 punti sul totale dei 100 in palio. “Un esempio plastico - è l’analisi di Esposito - di come, a parità di altre condizioni, si premia chi è più ricco rispetto al bimbo che vive dove non ci strutture”. Per capire la differenza rispetto agli altri criteri di assegnazione del punteggio, basti pensare che il bando assegna soli tre punti in più al progetto di edilizia scolastica se l’area dove sorgerà l’asilo nido è priva di asilo. 

In attesa del giudizio Ue

“Aveva ragione don Milani: non si possono fare parti uguali tra diseguali”, è stato il commento amaro di Andrea Morniroli della cooperativa sociale Dedalus di Napoli, attiva da quarant’anni nell’assistenza dei più deboli. Il bando presentato, secondo Morniroli, rappresenta “un paradosso”. “Si scrivono bandi e leggi con l’obiettivo di favorire i più fragili, e poi alla fine i più fragili sono sempre i più penalizzati”, ha aggiunto intervenendo su 'Vita' in un pezzo di Anna Spena. Morniroli ha infine denunciato “una logica che funziona al contrario: chi più ha, più prende”. Una critica che andrebbe presa sul serio dal Governo italiano, dal momento che la Commissione, sulla base degli obiettivi di superamento dei divari, potrebbe bloccare il piano italiano di ripresa. Lasciando così a bocca asciutta tanto le categorie fragili quanto i più fortunati.

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