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Venerdì, 31 Marzo 2023
Energia

I nodi da sciogliere sul price cap: tre modelli per fissare il tetto al prezzo del gas

La Russia, i bilanci statali e le casse Ue: ecco chi rischia di perderci dall’introduzione delle tariffe limitate

Tramonta, almeno per ora, l’ipotesi del vertice Ue straordinario a luglio richiesto dal governo italiano per discutere del tetto al prezzo del gas e altre misure contro il caro energia. Tuttavia, a Bruxelles si continua a discutere della misura richiesta a gran voce dal premier Mario Draghi per determinare un limite massimo, ormai noto con l’anglicismo 'price cap', alle tariffe energetiche. La proposta italiana non è ancora stata esplicitata nei dettagli e ciò rende confuso il dibattito su un provvedimento che potrebbe tradursi in almeno tre modi diversi, con conseguenze altrettanto divergenti. 

Innanzitutto c’è il modello iberico, oggi escluso da Draghi in conferenza stampa. Spagna e Portogallo hanno ottenuto la possibilità di poter fissare tariffe massime al prezzo del gas applicato ai fornitori nazionali di elettricità. La deroga alle regole sul mercato elettrico europeo, che fissano le tariffe in funzione del costo della fonte più cara e necessaria a completare il mix energetico (dunque il gas), è stata concessa per via dell’isolamento della rete spagnola rispetto a quella del resto del continente (il tasso di interconnessione tra la penisola iberica e il resto dell’Ue si ferma al 3 per cento). Ma il modello iberico corrisponde, in realtà, a un maxi aiuto di Stato dal momento che spetta al bilancio pubblico compensare la differenza tra il prezzo di mercato del gas e quello che viene fissato dal governo. 

Con tale modello “l'importatore compra il gas al prezzo di mercato, ma viene poi trasferito ai consumatori a un prezzo più basso e gli importatori vengono risarciti”, ha spiegato il presidente del Consiglio. Un sistema che “non funziona neanche in questi Paesi”, ha tagliato corto Draghi senza mai nominare la Spagna.

Un’opzione meno gravosa per il bilancio italiano potrebbe essere quella di usare risorse europee per sovvenzionare il sistema di tetto ai prezzi del gas, per mezzo di una sorta di Recovery bis per l’energia. Tuttavia questa seconda possibilità scatenerebbe l’ira dei Paesi ‘frugali’, Olanda in testa, storicamente contrari alla fissazione di limiti ai prezzi sia per questioni ideologiche - si tratta pur sempre di deviazioni rispetto alle regole del libero mercato - che di convenienza economica, dal momento che si dovrebbero far carico delle sovvenzioni sui limiti ai prezzi in tutta l'Unione europea.

Un terzo modello di price cap potrebbe invece mettere d’accordo tutti dentro l’Ue, ma anche aumentare la tensione con il vero sconfitto della misura: la Russia. Il tetto ai prezzi può infatti essere introdotto come sanzione a Mosca, fissando una tariffa limite al di sopra della quale gli Stati europei si rifiuterebbero di pagare. Tuttavia quest’ultima opzione anderebbe a danneggiare non solo i russi di Gazprom, ma anche gli altri grandi fornitori di gas, dalla Norvegia all’Azerbaigian, passando per l’Algeria. Tale opzione potrebbe anche esporre gli Stati a conseguenze legali.

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Queste e altre opzioni intermedie meritano studi approfonditi prima di essere applicate a tutto il mercato Ue. E per una volta a non fare i compiti a casa è stata la Commissione europea, visto che un mese fa i leader Ue le avevano chiesto di esaminare “modalità per contenere l'aumento dei prezzi dell'energia, compresa la fattibilità dell'introduzione di tetti temporanei ai prezzi all’importazione”. Ma dall’esecutivo europeo non è arrivato alcun riscontro sul tetto alle tariffe richiesto soprattutto dall’Italia. Di qui lo slittamento a ottobre di ogni decisione sul tetto ai prezzi del gas, in barba alle difficoltà economiche di imprese e famiglie.

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