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Venerdì, 19 Aprile 2024
La resa dei conti

O ti prendi i migranti o paghi, l'Ue allo scontro finale sui ricollocamenti

Al Consiglio Affari Interni si andrà ai voti sulla riforma delle regole di Asilo. I Paesi dell'Est come Ungheria e Polonia, alleati del governo Meloni, sono contrari a ogni forma di solidarietà

Il tempo delle chiacchiere e delle trattative è arrivato alla fine, ora è il momento di decidere. L'Unione europea ha scelto di andare allo scontro sulla revisione delle regole comunitarie in materia di asilo, e di mettere ai voti il testo che impone a tutti i Paesi membri una "solidarietà obbligatoria", che significa che o si accetterà di ospitare una parte dei migranti arrivati ai confini delle nazioni di primo approdo, o si dovrà mettere mano al portafogli per aiutarli almeno economicamente. Dopo negoziati che vanno ormai avanti da mesi, la Svezia, che detiene la presidenza di turno dell'Unione, ha deciso di provare a far passare il testo del compromesso raggiunto a maggiorana qualificata.

Di solito su un tema così delicato come quello dei migranti Bruxelles ha sempre provato a raggiungere il consenso, ma questa volta non è stato possibile. Durante la crisi del 2016 la Commissione di Jean-Claude Juncker, aveva provato ad approvare a maggioranza un ricollocamento obbligatorio, ma il tentativo era fallito sia a causa della ferma opposizione del presidente del Consiglio europeo di allora, il polacco Donald Tusk. Ma oggi i ricollocamenti obbligatori non ci sono più, c'è solo la solidarietà obbligatoria. "In tutto il processo siamo stati molto chiari: il voto finale sarà a maggioranza qualificata. È l'unico modo per aver un accordo. Se dovessimo cercare l'unanimità non ce la faremmo mai ad approvarlo, quindi usiamo quello che i trattati ci permettono e voteremo a maggioranza qualificata", ha assicurato un alto funzionario Ue.

Oggi nel Consiglio Affari interni in Lussemburgo, dove verranno fatti gli ultimi accorgimenti, si potrebbe approvare quindi una riforma storica, che si attende da anni, la riforma di quelle regole sull'asilo che di fatto sono saltate in aria nel 2016, quando più di un milione di persone, per lo più in fuga dalla guerra in Siria, hanno raggiunto il nostro continente attraverso il Mediterraneo. Il voto di oggi però potrebbe essere sul filo del rasoio, fonti diplomatiche parlando di un "50 e 50" di possibilità che vada in un modo o in un altro. I Paesi del cosiddetto gruppo Visegrad come la Polonia di Mateusz Morawiecki e l'Ungheria di Viktor Orban, gli alleati in Europa di Giorgia Meloni, si oppongono praticamente a tutto: non vogliono accogliere i richiedenti asilo, ma non vogliono nemmeno contribuire né finanziariamente né fornendo un sostegno logistico, ad esempio fornendo elicotteri per la sorveglianza delle frontiere o droni, attrezzature, uniformi o organizzando rimpatri (la "solidarietà obbligatoria" potrebbe essere anche operativa oltre che finanziaria).

"Ovviamente dobbiamo calcolare la maggioranza qualificata, ora non so se ci sia, ma sulla base dell'animo in stanza, faremo i calcoli per vedere se procedere con la votazione", ha aggiunto la fonte. Una bocciatura sarebbe troppo imbarazzante. Decisivo potrebbe essere il voto dell'Italia, che dal punto di vista diplomatico è in difficoltà a sostenere questa riforma tanto odiata dai suoi alleati dell'Est, e infatti non sta facendo molto rumore per sostenerla pubblicamente, anche se nelle stanze dei bottoni sta lavorando a favore, seppur chiedendo di più. Il governo di Meloni insiste da tempo sul fatto che la cosa importante per bloccare i flussi è la dimensione esterna, i patti coi Paesi di partenza, sul fatto che i migranti in Europa non dovrebbero proprio arrivare. Musica per le orecchie di leader come Orban.

Ma che lo si voglia o meno i migranti arrivano e bussano alle nostre porte: nel 2022 sono stati registrati circa 330mila arrivi irregolari (da tutte le rotte) nell'Ue, la cifra più alta dal 2016. E di queste persone non si possono fare carico solo le nazioni di primo ingresso come la nostra. Secondo i calcoli più ottimisti sarebbe "possibile" arrivare ad una maggioranza qualificata in Consiglio anche senza l'Italia, ma di certo questo "non è desiderabile", ha chiarito la fonte. Il via libera di uno dei Paesi più colpiti dai flussi migratori, anche da un semplice punto di vista dell'immagine, sarebbe fondamentale. È difficile pensare che alla fine il ministro Matteo Piantedosi possa davvero far saltare il tavolo di un testo che, seppur migliorabile, di sicuro sarebbe molto favorevole al nostro Paese. A fine luglio è previsto il Consiglio europeo, un'altra possibilità potrebbe essere quella di rimandare tutti al tavolo dei leader, ma gli svedesi sembrano determinati a tirare dritto.

La commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson, martedì era stata molto più ottimista: "Ci sono grandi possibilità che possa esserci un progresso decisivo già al Consiglio di Lussemburgo, giovedì. Il Consiglio per sei o sette anni non è stato in grado di trovare un accordo. Questo è il momento". Sui contributi economici da elargire, in casi si rifiuti di accettare i migranti da ricollocare sul proprio territorio, non è stato ancora trovato un punto di caduta, ma secondo fonti europee dovrebbe essere di 20mila euro a persona. In pratica si dovrebbe fissare una soglia nel numero di sbarchi che, una volta sorpassata farebbe scattare il meccanismo di emergenza. A quel punto tutti i migranti in più arrivati in un Paese come l'Italia sarebbero trasferiti, in proporzione, negli altri Paesi membri. E chi dirà di no dovrà pagare.

Ma l'importo corrispondente all'accoglienza di ciascun Paese potrebbe essere flessibile: la Commissione potrebbe calcolarlo tenendo conto del numero di arrivi sul territorio dell'Ue, della popolazione e del Pil di ciascuno Stato. In ogni caso chi non accetterà i ricollocamenti dovrà fare la sua parte in altro modo. "Non si può chiedere ad alcuni Stati membri di fare i ricollocamenti mentre altri non fanno nulla. Non sarebbe una soluzione sostenibile", ha sottolineato la commissaria Johansson. Il nuovo regolamento approva anche la creazione di centri per migranti e strutture di detenzione alle frontiere degli Stati membri, nel territorio di transito o "in prossimità della frontiera esterna", in cui le persone in ingresso vengano tenute mentre viene elaborata la loro richiesta di accoglienza o venga presa una decisione sul loro eventuale rimpatrio.

In questo senso dovrebbe essere stilata anche una lista molto chiara di Paesi ritenuti sicuri, rendendo quasi impossibile l'accettazione di una domanda di asilo di chi provenga da questi. "Non ha senso che le persone provenienti dall’Albania, dal Pakistan o dalla Turchia siano trattate allo stesso modo di quelle che vengono dall’Afghanistan, dalla Siria o dal Sudan, per esempio", ha detto Johansson. Infine il nuovo regolamento sull'asilo propone di rivedere il periodo di tempo in cui il Paese attraverso il quale il migrante irregolare è entrato è responsabile del caso, come stabilito dal famigerato Regolamento di Dublino. I Paesi mediterranei, come l'Italia, vogliono che questo periodo sia solo di un anno, quelli che ricevono più movimenti secondari come la Germania vogliono che questo periodo sia portato a tre anni.

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