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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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I popolari trionfano a Madrid. Ma non è solo la Spagna, in tutta Europa l'elettorato si sposta a destra

La vittoria di Isabel Diaz Ayuso porta all'abbandono della politica del leader di Podemos Iglesias. Secondo uno studio anche in Germania, Francia, Italia e Regno Unito i conservatori guadagnano terreno

Alle elezioni regionali a Madrid è stato un trionfo per i popolari, con la vittoria della presidente uscente Isabel Diaz Ayuso che rischia di creare un terremoto nella politica nazionale. Il suo successo, che ha portato quasi a raddoppiare i consensi del partito guidato da Pablo Casado, ha portato all'addio alla politica del leader di Podemos, Pablo Iglesias, che ha annunciato le dimissioni da tutti i suoi incarichi dopo il cattivo risultato del blocco di sinistra nella Comunitad di Madrid. "Quando non si è utili bisogna sapersi ritirare", ha detto il segretario generale di Unidas Podemos, che in vista delle elezioni aveva anche lasciato il suo ruolo di vicepremier per sfidare proprio Ayuso. La formazione di sinistra ha ottenuto solo 10 seggi nel parlamento locale, pari al 7,21 per cento dei voti: tre in più rispetto alle elezioni del 2019 ma molti di meno rispetto ai 27 del 2015, quindi troppo pochi per le aspettative del partito.

Paga la lotta al lockdown

I popolari avranno invece 65 seggi, più della somma di tutti i partiti di sinistra, a soli quattro seggi della maggioranza assoluta (69), più del doppio delle elezioni del 2019. Isabel Diaz Ayuso potrà comunque governare grazie all'appoggio esterno dell'estrema destra di Vox che ha ottenuto 13 deputati. In tutto la coalizione dei partiti di sinistra elegge 58 rappresentanti con il Partito socialista operaio spagnolo del premier Pedro Sanchez al 16,8 per cento (24 deputati), Màs Madrid al 16,9 (24) e Unidas Podemos al 7,2 (10). Grandi sconfitti i centristi di Ciudadanos che rimangono fuori dall'Assemblea e perdono tutti i 26 deputati. Stella nascente nel Partito popolare, Diaz Ayuso, è stata una delle principali critiche del governo del premier Sanchez e della sua gestione della pandemia. Madrid è l'unica grande capitale europea che ha tenuto aperti bar, ristoranti e teatri dal giugno 2020; e nei mesi della pandemia, ha guidato il fronte delle regioni che hanno contestato la linea dura sulle chiusure voluta dal governo. Una strategia, criticatissima dalla Moncloa, che non ha però portato alla temuta esplosione di focolai di Covid: con un coprifuoco fissato prima alle 21 e poi spostato alle 23, Madrid è la regione spagnola con meno restrizioni ma l'incidenza accumulata ha smesso da tempo di essere la più elevata del Paese e il numero di nuovi casi e decessi è ben lontano dal picco di gennaio.

L'Europa svolta a destra

La vittoria dei popolari si inscrive in quella che sembra essere una tendenza a una svolta a destra dell'elettorato europeo. O almeno questo è quello che sostiene uno studio del think tank Fondation pour l'innovation politique (Fondapol) che, basandosi su un sondaggio commissionato a Opinion Way, parla di uno “spostamento a destra” in diverse nazioni: Italia, Francia, Germania e Regno Unito. L'analisi parla di un “fallimento della sinistra” che a livello elettorale “è in ritirata o in difficoltà un po' ovunque in Europa”, affermando che questo è dovuto al fatto che “senza dubbio da diversi anni non riesce ad imporre un immaginario collettivo”. Le ragioni della crescita dei consensi a destra secondo lo studio sarebbero varie e andrebbero da un rinnovato spirito nazionalista, da una crescente opposizione all'immigrazione, da una fiducia nel libero mercato e anche dalla volontà di affrontare sì i temi ambientali, ma senza mettere in pericolo la crescita economica. “La percezione dell'immigrazione è dominata dal giudizio negativo”, si legge nello studio che afferma che “in media sei cittadini su dieci (60 per cento) concordano con l'affermazione 'ci sono troppi immigrati nel nostro Paese'” e più della metà degli intervistati (56 per cento) pensa che il proprio Paese debba essere più chiuso in termini di migrazione. Inoltre la maggioranza degli intervistati (54 per cento) ritiene che "per affrontare le difficoltà economiche" sia necessario "che lo Stato si fidi delle aziende e dia loro maggiore libertà". Mentre l'opzione "lo Stato controlli le società e le regoli più strettamente" è scelta dal 41 per cento degli intervistati.

I temi ambientali

Secondo l'analisi poi ai cittadini non piacerebbe un approccio punitivo sull'ambientalismo punitivo e l'idea della decrescita per il bene del pianeta. Per il 76 per cento degli intervistati, "possiamo continuare a sviluppare la nostra economia preservando l'ambiente per le generazioni future". Gli italiani sarebbero i più propensi (84 per cento) a pensare che crescita e tutela ambientale siano compatibili. Seguono al 74 per cento tedeschi e inglesi. E non a caso sia Germania che Regno Unito sono tra le nazioni che hanno puntato maggiormente sulla riduzione delle emissioni, con la prima che sta andando verso la totale decarbonizzazione dell'economia e la seconda che ha lanciato un fortissimo piano di investimenti verdi e ha anticipato al 2030 l'addio ai veicoli inquinanti.

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