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Sabato, 20 Aprile 2024
L'analisi / Ucraina

Il messaggio della Nato a Kiev: vi diamo le armi ma non entreremo in guerra

La bomba caduta in Polonia ha fatto temere un'estensione del conflitto, ma l'Alleanza atlantica ha fatto capire che non vuole un'escalation e che Zelensky deve rassegnarsi a combattere da solo

La crisi del missile caduto in Polonia ha fatto temere il peggio. Immediatamente ieri si è diffusa la paura che il momento di svolta del conflitto ucraino tanto temuto stesse arrivando e che si fosse sull'orlo di un pericolosissimo allargamento della guerra alla Nato e di conseguenza al mondo intero. E invece la gestione dell'intera vicenda è stata improntata sulla massima cautela, al punto tale che alla fine l'Alleanza atlantica sembra aver mandato a Kiev un messaggio chiaro e definitivo: ci spiace, continueremo a sostenervi con le armi ma non abbiamo alcuna intenzione di entrare in guerra al vostro fianco. La scoperta che il missile precipitato in un villaggio polacco a circa 6 chilometri dal confine con l'Ucraina, e che ha ucciso due persone, sia in realtà con ogni probabilità uno di quelli lanciati dagli ucraini ha ribaltato la narrativa su cui ancora una volta Kiev si era lanciata.

La Nato: "Esplosione in Polonia causata da missili ucraini, ma la colpa è russa"

Come spesso accaduto negli ultimi mesi le dichiarazioni di Volodymyr Zelensky sono state incendiarie. Il presidente da sempre sta chiedendo l'aiuto dell'Occidente e non è un segreto che vorrebbe che la Nato si schierasse apertamente al suo fianco. Ma questa volta è andato forse troppo oltre, anche per i gusti dei suoi alleati. "Oggi è successo qualcosa di cui avevamo a lungo avvertito. Il terrore non si limita ai nostri confini. I missili russi hanno colpito la Polonia", e questa è "una significativa escalation, è ora di agire", è stata la prima dichiarazione del presidente.

Alle sue parole hanno fatto subito seguito quelle del suo ministro degli Esteri. "Una risposta collettiva alle azioni russe deve essere dura e basata sui principi", ha affermato Dmytro Kuleba, che chiedeva "un vertice Nato con la partecipazione dell'Ucraina per elaborare ulteriori azioni congiunte, che costringeranno la Russia a cambiare rotta sull'escalation, fornendo all'Ucraina aerei moderni". Quando Mosca ha assicurato che il missile non era stato lanciato dalle sue truppe Kuleba ha addirittura parlato di "teoria del complotto", chiedendo a tutti di non "seguire la propaganda russa o amplificarne i messaggi".

Eppure è difficile pensare che lui e Zelensky non sapessero che il missile precipitato in Polonia fosse in realtà il loro. Ma alle loro lampanti richieste di coinvolgimento della Nato, l'Occidente ha risposto dal primo momento con una assoluta cautela e addirittura la Polonia, il Paese bombardato e che è tra i falchi dell'Europa per quanto riguarda la risposta da dare alla Russia di Vladimir Putin, non ha subito evocato il famigerato Articolo 5, quello che impone ai membri della Nato militare di entrare in guerra, e alla fine nemmeno il più moderato Articolo 4, quello che chiede un Vertice di emergenza. Anche gli Stati Uniti hanno subito fatto capire a Kiev che era il caso di abbassare i toni. "È improbabile che il missile sia stato sparato dalla Russia", ha dichiarato immediatamente Joe Biden.

E oggi è stato il Segretario generale della Nato a gettare acqua sul fuoco e a spegnere del tutto le speranze dell'Ucraina di avere finalmente al suo fianco gli eserciti più potenti del mondo. Jens Stoltenberg ha sostenuto che la colpa di quanto accaduto è chiaramente della Russia di Vladimir Putin, perché se non ci fosse stata questa guerra e i bombardamenti aerei contro cui Kiev ha dovuto difendersi, quel missile non sarebbe mai stato sparato. Ma nelle parole molto misurate che ha usato dopo la riunione del Consiglio Atlantico, il norvegese ha elogiato la reazione "prudente e responsabile" dei membri dell'Alleanza che ha consentito, ha detto, di "evitare un'escalation non necessaria".

E il punto più volte ribadito dalla Nato è proprio questo: che la Nato l'escalation non la vuole e quindi è inutile che Kiev continui a chiedere interventi diretti, no fly zone o altro. Le armi invece sì, quelle continueranno ad arrivare (almeno per ora) e l'Ucraina deve continuare a lottare. Ma deve rassegnarsi a farlo da sola. Nella parte conclusiva del suo intervento in conferenza stampa il Segretario generale questo lo ha spiegato bene. "Se Zelensky e l'Ucraina smettono di combattere allora la Russia vincerà" e il Paese "smetterà di esistere come nazione indipendente".

Gli ucraini "hanno il diritto di difendersi", ma è "molto probabile" che a un certo punto "questa guerra finirà al tavolo negoziale", e lì "le conclusioni saranno fondamentalmente legate ai rapporti di forza sul campo di battaglia". Quindi per Stoltenberg, "il modo migliore in cui possiamo massimizzare le possibilità di avere una soluzione negoziata di pace è supportare l'Ucraina sul campo di battaglia, perché questo massimizzerà la possibilità per lei di avere una posizione negoziale accettabile su tavolo". Tutti sanno che è molto difficile, per non dire impossibile, che l'Ucraina possa vincere, ma se perdesse in maniera dignitosa il Paese sarebbe disposto a deporre le armi, sembra voler dire il Segretario generale.

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