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Venerdì, 19 Aprile 2024
Covid-19 / Polonia

La Polonia non vuole più pagare i vaccini contro il Covid: "Ora emergenza è l'Ucraina"

Varsavia accusa Bruxelles e Pfizer e invoca la clausola di “forza maggiore” citando l'eccesso di offerta e i costi di accoglienza dei rifugiati ucraini

La Polonia ha informato la Commissione europea che non richiederà, né pagherà più vaccini contro il Covid-19. Le ragioni sono essenzialmente due: la prima è che l'offerta di vaccini supera ormai di gran lunga la reale esigenza. La seconda sono le tensioni finanziarie causate dall'afflusso di milioni di rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina. “Cause di forza maggiore”, le ha definite il governo di Varsavia, appellandosi a una clausola che sarebbe prevista dai contratti sottoscritti da Bruxelles con le imprese fornitrici.

“Alla fine della scorsa settimana, abbiamo esercitato la clausola di forza maggiore e abbiamo informato la Commissione europea e Pfizer che ci rifiutiamo di accettare ulteriori vaccini contro il Covid-19 e ci rifiutiamo di effettuare pagamenti per loro", ha detto il ministro della Salute polacco Adam Niedzielski a Tvn24, spiegando che la situazione epidemiologica è oggi molto diversa rispetto a un anno fa, che il Paese non ha più bisogno di tutte quelle dosi e che la crisi migratoria sta mettendo a dura prova le finanze dello Stato.

“Abbiamo provato a ridistribuirle agli Stati (non dell'Unione europea, ndr) che non ne hanno ricevuto abbastanza”, ma le dosi in eccesso sono troppe, e “abbiamo provato a ricontrattare con la Commissione e con Pfizer, per pagare alla consegna o per spalmare le consegne in dieci anni, ma non ce lo hanno permesso” ha spiegato Niedzielski. “Ci rifiutiamo di ricevere questi vaccini, ci rifiutiamo anche di effettuare i pagamenti, la conseguenza di ciò sarà un conflitto giuridico che sta già avvenendo", ha continuato il ministro.

Niedzielski si è detto “molto deluso” dall'atteggiamento della Commissione e da quello dei produttori, che anche davanti a una situazione tragica come quella attuale “non mostrano alcun flessibilità, prendono solo la posizione comoda che c'è da contratto”. Il portavoce della Commissione europea Stefan De Keersmaecker ha confermato che il governo polacco ha informato Bruxelles della sua decisione. "Gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi del contratto (per i vaccini, ndr), ma la Commissione europea ovviamente capisce la situazione difficile in cui si trova la Polonia", ha detto De Keersmaecker aggiungendo che la Commissione cercherà di facilitare i colloqui tra le autorità polacche e Pfizer, "per trovare una soluzione pragmatica a questa situazione specifica che affronta il Paese".

Il mese scorso, la Polonia, che attualmente sta accogliendo oltre tre milioni di ucraini, ha chiesto alla Commissione, assieme ad altri undici Paesi Ue, la creazione di un fondo Ue per compensare i costi sanitari dei rifugiati. Il sostegno della Polonia alla vicina Ucraina le ha fatto guadagnare plausi in tutto il blocco, ma non è stato sufficiente a sbloccare le somme del Recovery fund trattenute da Bruxelles a causa del braccio di ferro sullo stato di diritto.

Il caso polacco apre uno squarcio sulla gestione dei vaccini contro il Covid. Come EuropaToday aveva scritto il 30 marzo scorso, i contratti firmati dalla Commissione europea dall’inizio della crisi pandemica prevedono che gli Stati Ue acquistino almeno 3,2 miliardi di vaccini (1 miliardo aggiuntivo è solo opzionale, ossia non verrà pagato se non richiesto). Oltre la metà di questi vengono dagli stabilimenti BioNTech/Pfizer, mentre le altre case farmaceutiche si dividono la restante quota di approvvigionamento. Ma i ventisette Stati membri finora hanno utilizzato circa 900 milioni di dosi. Cosa succederà agli oltre 2 miliardi di vaccini che i Paesi Ue si sono impegnati ad acquistare? 

Bruxelles per ora prende tempo, sottolineando che le dosi in più potranno servire per coprire gli eventuali richiami, anche con vaccini adattati a nuove varianti. Inoltre, c'è il capitolo delle donazioni ai Paesi più poveri. La decisione della Polonia, però, è segno che qualche dubbio sulla gestione dell'eccesso di offerta comincia a circolare tra i governi Ue. Del resto, saranno loro a dover pagare tali dosi, anche a rischio di non utilizzarle. Facendo un calcolo sommario, si parla di una cifra complessiva superiore ai 40 miliardi di euro. 

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