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Martedì, 16 Aprile 2024
Kiev verso l'Europa

Perché il primo ok all’Ucraina nell’Ue è solo "un sostegno morale"

Il percorso potrebbe durare anni, se non decenni, e i funzionari di Bruxelles avvertono: “Nessuna assegnazione automatica di fondi extra collegata alla candidatura”

L’Ucraina deve diventate un Paese candidato ad entrare nell’Ue. La Commissione europea ha dato il suo assenso e ora la palla passa al Consiglio europeo, l’assemblea dei leader degli Stati membri, che la settimana prossima deciderà se confermare o meno il parere favorevole dato oggi dall’esecutivo Ue in risposta alla domanda di adesione inoltrata da Kiev lo scorso 28 febbraio, a soli quattro giorni dall’inizio della guerra. Ma anche se arrivasse l'ok dei leader europei, le novità per l’Ucraina sarebbero solo formali e non si tradurrebbero nello stanziamento di fondi Ue né tantomeno nella protezione militare del Paese invaso dalla Russia.

A chiarirlo sono stati i funzionari europei, nelle ultime ore impegnati a chiarire cosa implica il passo avanti fatto oggi da Kiev nel lungo cammino verso l’Unione. “Non c’è alcuna assegnazione di fondi extra che verrebbe sbloccata dal Consiglio europeo”, ha precisato una fonte Ue. “L’impatto” della scelta odierna “è forte, come dimostrato dalle prime reazioni dei leader, ma non prevede un’immediata conseguenza di natura finanziaria”. In altre parole, niente fondi Ue a Kiev, salvo quelli già concessi da Bruxelles (principalmente in forma di prestiti) per far fronte alle emergenze dettate dalla guerra. Per i finanziamenti sulla coesione, i fondi per l’agricoltura e le tante altre voci di sostegno Ue agli Stati, l’Ucraina dovrà attendere di diventare un membro a pieno titolo dell’Ue. E, come dimostrato dai lunghi negoziati ancora in corso sull’ingresso in Europa di altri cinque Paesi, le trattative possono durare anche decenni e non è detto che vadano a buon fine (come è successo alla Turchia, candidata a entrare nell’Ue dal lontano 1999).

Convincere l'Ucraina a tornare ai negoziati di pace: la missione di Scholz, Macron e Draghi

L’eventuale sì dei leader alla candidatura Ue dell’Ucraina “darebbe un sostegno morale al Paese - ha spiegato un altro funzionario europeo - e dopo cento giorni di guerra conosciamo tutti l’importanza della motivazione di chi combatte”. Chi di certo si sente più motivato a resistere dopo la ‘promozione’ di Bruxelles è il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha parlato di “un giorno davvero storico” segnato dal “sostegno al nostro movimento verso l'Ue”. “Tutti i leader capiscono perché i negoziati per porre fine alla guerra non sono in corso”, ha aggiunto Zelensky separando però il processo verso l’adesione all’Ue da una possibile trattativa con la Russia per porre fine alla guerra. In occasione della visita di Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi diversi retroscena avevano ipotizzato la richiesta di una sorta di scambio, l'apertura all'adesione in cambio di concessioni teritoriali di Kiev a Mosca, pur di raggiungere al più presto una pace. “Continueremo a combattere fino a quando non garantiremo al nostro Stato la piena sicurezza e integrità territoriale”, ha concluso il leader ucraino, come a voler smentire questa ipotesi. 

Dall’altra parte del fronte, il Cremlino ha fatto sapere di seguire “da vicino” il processo di candidatura dell'Ucraina verso l’adesione all'Ue, “dato il rafforzamento dell'elemento di difesa dell'Unione europea” che un domani - se Kiev dovesse entrare a tutti gli effetti nell’Ue - potrebbe coinvolgere il Paese ex sovietico. Il percorso di Kiev verso Bruxelles unito alla scelta europea di creare un sistema di difesa militare integrato “richiede la nostra maggiore attenzione”, ha avvertito il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov. Un avvertimento all’Ue da parte del governo russo determinato a garantire che anche quello che resterà dell’Ucraina alla fine della guerra non finisca dell’orbita dell’Occidente.

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