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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cybercrime

Il Parlamento Ue all'Italia: "Violenza online a donne e Lgbt sia reato penale". La Lega: "È come il ddl Zan"

Gli eurodeputati hanno chiesto alla Commissione di proporre delle norme per armonizzare le legislazioni nazionali sui crimini online. Ma la destra italiano protesta

Le violenze online contro le donne e i membri della comunità Lgbt+ sia un reato penale riconosciuto in tutta l'Unione europea. È quanto chiede il Parlamento europeo in una risoluzione che impegna la Commissione a rivedere la lista dei cosiddetti reati europei includendo tutti quei crimini d'odio compiuti sul web e basati sul genere e sull'orientamento sessuale. Un messaggio rivolto soprattutto ai 14 Stati membri, tra cui l'Italia, che non prevedono ancora questa tipologia di reato. Secondo la destra italiana, la richiesta di Strasburgo, se accolta dalla Commissione, sarebbe equiparabile per certi versi al ddl Zan. E per questo gli eurodeputati della Lega si sono opposti al testo. 

La risoluzione riconosce la necessità di adottare regole comuni a livello Ue per criminalizzare i reati in rete contro le donne e i membri della comunità Lgbt+. Il fenomeno, dicono i legislatori, ha assunto dimensioni preoccupanti: secondo le stime dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), durante la pandemia sette donne su dieci sono state vittima di cyber stalking. Regole comuni che al momento mancano, dato che Bruxelles ha già esortato una quindicina di Stati membri (tra cui l’Italia) ad adeguare le proprie normative per includere anche questo reato, che si vorrebbe rendere penale. Gli europarlamentari hanno chiesto quanto meno una definizione comune, così come delle pene minime e massime uguali in tutti i Paesi Ue. Tra le azioni che rientrerebbero nella definizione del reato sono inclusi: la molestia online, il cyber stalking, le violazioni della privacy, la registrazione e diffusione di atti di violenza sessuale, la sorveglianza e/o il controllo da remoto, l’accesso clandestino ai dati e agli account personali e altro ancora.

“La violenza cibernetica di genere ha un grande impatto sui diritti e le libertà fondamentali delle persone, sulla loro dignità e le le loro vite a tutti i livelli”, ha dichiarato Elissavet Vozemberg-Vrionidi dei popolari, che ha anche chiesto “misure per supportare le azioni degli Stati membri nel campo della prevenzione”. E auspica “tolleranza zero” verso questo genere di reati. “Riguarda la legge, riguarda i diritti umani, riguarda la democrazia”, ha chiosato Sylwia Spurek dei Verdi.

L’Eurocamera vorrebbe anche che questo genere di reati venisse incluso nella lista dei cosiddetti “crimini europei”, cioè perseguibili in tutto il territorio dell’Unione a prescindere dallo Stato membro. Dal canto suo, la Commissione ha risposto che presenterà una proposta di legge nel marzo prossimo, tenendo in considerazione gli aspetti della prevenzione, della protezione delle vittime e dell’azione penale contro chi perpetra questi reati, sia online che offline.

Ma non sono tutti d’accordo. L’eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri, ad esempio, ha definito “ideologico” l’approccio di Strasburgo, pur condividendo in linea di principio alcuni punti come l’introduzione di una “regia transnazionale contro la violenza informatica”. “Ciò che non possiamo condividere”, ha dichiarato, “è la volontà della sinistra in Ue di utilizzare il dossier sulla violenza di genere per portare avanti la propria agenda politica, riproponendo a livello europeo i contenuti del ddl Zan, bocciato dal Parlamento italiano, richiamando all’ordine ben quindici Paesi sgraditi a Bruxelles”, colpevoli secondo lei di non includere nei propri ordinamenti giuridici la definizione di identità di genere.

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