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Venerdì, 19 Aprile 2024

Con Twitter, Elon Musk entra in politica (e protegge i suoi affari)

Controllare i media è sempre stato un modo per i grandi imprenditori per avere una leva in più sulla politica. Con l'acquisizione di Twitter, Elon Musk sembra intenzionato a fare lo stesso, ma stavolta usando i social media. 

Già, perché il sospetto che non si tratti solo di una mossa strettamente commerciale, o volta a soddisfare il noto egocentrismo dell'uomo più ricco del mondo (o i suoi presunti fini filantropici), è venuta a molti, a Washington come a Bruxelles. Del resto, Musk è pur sempre un affarista e offrire 44 miliardi di dollari per mettere le mani su un social media che, pur essendo tra i big mondiali in quanto a utenti, ne vale decisamente meno (gli esperti parlano di un valore di mercato di 36-40 miliardi massimo, considerati anche i recenti trend di crescita e di ricavi non entusiasmanti) appare quantomeno poco conveniente.

Lo stesso patron di Tesla ha ammesso che l'acquisto di Twitter "non è un modo per fare soldi", ma lo ha giustificato così: "Il mio forte senso intuitivo è che avere una piattaforma pubblica che è altamente affidabile e ampiamente inclusiva è estremamente importante. Lo faccio per il futuro della civiltà, non mi interessa l’aspetto economico”, ha detto durante un TedTalk. E dopo che il consiglio di amministrazione di Twitter ha comunicato il suo ok all'offerta di acquisto, Musk ha scritto (chiaramente sul suo account da 84 milioni e passa di follower, uno dei più seguiti del social dell'uccellino cinguettante): "La libertà di parola è il fondamento di una democrazia funzionante e Twitter è la piazza della città digitale in cui si dibattono questioni vitali per il futuro dell'umanità. Twitter ha un enorme potenziale: non vedo l'ora di lavorare con l'azienda e gli utenti per sbloccarlo", ha aggiunto. 

Già in passato, Musk si è autodefinito un "assolutista" della libertà di parola, criticando le censure adottate sempre più di frequente dai social. Nel 2018, un suo tweet gli causò non pochi problemi con la Sec, la Securities and exchange commission, ossia l'autorità di regolamentazione dei mercati finanziari degli Stati Uniti: il magnate annunciò l'intenzione di rendere privata la Tesla grazie a una serie di finanziamenti che era riuscito ad assicurarsi. L'intenzione non fu mai tradotta in azioni concrete, ma in compenso le azioni della società di auto elettriche fecere un grande balzo in borsa. La Sec aprì allora un procedimento, conclusosi con una serie di sanzioni, tra cui quella che prevede che gli avvocati di Tesla controllino i tweet di Musk prima della loro pubblicazione. 

Da quel momento, Musk ha aperto un vero e proprio fronte di guerra con la Sec, che potrebbe riguardare anche l'operazione di acquisto di Twitter, che sarebbe stata condotta non proprio in linea con le regole Usa. Ma le vicissitudini dell'uomo più ricco del mondo con le autorità Usa non finiscono qui. Come ricorda Politico, Musk ha un conto aperto con il Pentagono, reo di aver preferito Boeing e Lockheed alla sua SpaceX in un mega contratto di forniture di satelliti spaziali. Sempre per SpaceX, Musk starebbe facendo pressioni sulla Federal communications commission (Fcc), l'authority responsabile delle comunicazioni Usa, per presunti problemi di interferenza tra i suoi satelliti e le reti 5G. C'è poi la stessa Tesla, che è alle prese con una serie di indagini da parte di due agenzie statunitensi di sicurezza nei trasporti (National highway traffic safety administration e National transportation safety board) per alcuni problemi di sicurezza delle sue vetture. Senza dimenticare il fronte aperto con i sindacati sui diritti dei suoi operai. 

Cosa c'entra Twitter in tutto questo? Secondo gli esperti di media e politica, molto: l'uccellino cinguettante magari non assicurerà ricavi come Instagram o TikTok, ma è centrale per il dibattito politico. Si pensi alla vicenda dell'account censurato di Donald Trump, e alle divisioni interne alla politica Usa: da un lato i repubblicani, che nel nome della libertà di parola chiedono meno tenaglie per i social. Dall'altro i democratici, che invece spingono per una maggiore lotta alla disinformazione, in particolare da parte dei big del settore.

In questo, un ruolo lo ha anche l'Europa: proprio in questi giorni, Parlamento europeo, Commissione e Stati Ue hanno trovato l'intesa sul Dsa, il Digital services act, la legge che dovrebbe mettere in riga Facebook e compagnia nella loro gestione dei contenuti ritenuti illegali o che promuovono informazioni false e rischiose per la sicurezza (si pensi alla disinformazione sul conflitto in Ucraina). Tra le armi del Dsa, anche multe fino al 6% del fatturato globale delle aziende che non rispetteranno le nuove norme.

L'intesa è stata applaudita dall'amministrazione Biden: il Dsa europeo potrebbe essere un assist per i democratici Usa per vincere le resistenze in seno ai repubblicani su una maggiore stretta sulla disinfomazione online. Inoltre, fonti vicine alla Casa bianca hanno fatto trapelare la preoccupazione che con Musk al timone di Twitter, Trump possa tornare sul suo social preferito senza più freni e in tempo per le prossime elezioni presidenziali. 

C'è poi un'altra questione, sollevata dal patron di Amazon Jeff Bezos (non proprio in rapporti idilliaci con Musk): la Cina potrebbe ottenere adesso una maggiore influenza su Twitter, e dunque sulla "piazza" della politica occidentale? La domanda di Bezos è legata al fatto che per Tesla il mercato cinese rappresenta un doppio tesoro, sia per le vendite, sia peché fornisce le preziose batterie elettriche a basso costo. 

Quello che succederà davvero, lo capiremo nei prossimi mesi, quando verrà concluso l'acquisto (a meno di soprese dell'ultima ora). In molti, sono convinti che Musk potrebbe usare la bandiera della libertà di informazione per sfidare le nuovi leggi europee (o riforme simili negli Usa) e fare pressioni politiche su Washington e Bruxelles. Le ragioni dell'acquisto di Twitter, insomma, potrebbero non essere strettamente legate ai diritti umani. Ma piuttosto all'impero economico sempre più ampio e variegato dell'uomo più ricco del mondo. Niente di nuovo sotto al ponte dei rapporti tra affari, media e politica.
 

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