Il muro europeo per fermare i profughi del terremoto in Turchia e Siria
La Grecia ha deciso di fortificare i confini terrestre e marino in vista dell'arrivo di sfollati dalle zone devastate dal sisma. Ma la misura rischia di aumentare i barconi verso l'Italia
La potenziale ondata di migranti e profughi in fuga dai devastanti terremoti nel sud-est della Turchia e nel nord della Siria preoccupa la Grecia. Che, forte del sostegno politico ricevuto all'ultimo vertice Ue di Bruxelles, ha deciso di rafforzare i controlli lungo la sua frontiera terrestre e marittima con la Turchia, in attesa di completare l'annunciato raddoppio del muro anti-migranti, che già oggi copre circa 35 chilometri di confine. Un'iniziativa che inevitabilmente aumenterà le partenze dalla costa turca in direzione dell'Italia, l'oramai tristemente nota "rotta jonica", la stessa battuta dal barcone affondato domenica mattina al largo di Cutro, in Calabria, uccidendo oltre 60 persone, tra cui diversi bambini.
Meno nota alle cronache di quella del Mediterraneo centrale, la rotta jonica è cresciuta negli ultimi anni per traffico di esseri umani: nel 2022, oltre 42mila richiedenti asilo (soprattutto da Siria, Afghanistan, Congo e Nigeria) hanno lasciato illegalmente la Turchia in direzione dell'Europa, il doppio rispetto all'anno precedente. Di questi, 18mila sarebbero quelli giunti fino alle coste italiane, in particolare in Calabria. Un viaggio lunghissimo, sempre più gettonato dai trafficanti dopo che la Grecia, nel suo pugno di ferro con la Turchia, ha rafforzato i controlli terrestri e respingimenti via mare, anche con il silenzio di Frontex, l'agenzia Ue di guardia costiera finita nella bufera, tra le altre cose, per il ruolo svolto nell'Egeo.
Con la tragica scia di terremoti che ha colpito Turchia e Siria, il flusso di richiedenti asilo è destinato ad aumentare nei prossimi mesi, in particolare tra la primavera e l'estate. Per fermarlo, le autorità greche hanno innanzitutto iniziato a pattugliare la frontiera terrestre greco-turca nella regione di Evros. “Il movimento di massa di milioni di persone non è una soluzione”, ha affermato il ministro greco per le Migrazioni, Notis Mitarachi, sottolineando la necessità di inviare aiuti di emergenza a Turchia e Siria “prima che ciò accada”. Il governo ha anche aggiunto che il muro al confine turco, che dovrebbe misurare 70 chilometri di lunghezza e alto 5 metri, sarà completato entro la fine dell'anno. "La recinzione sarà estesa lungo l'intera lunghezza del fiume (Evros, ndr) in modo da poter proteggere il continente europeo dai flussi illegali", ha affermato.
Ma Atene sa bene che fortificare solo il confine terrestre non basta, e per questo ha annunciato l'acquisto di decine di nuove navi della guardia costiera per pattugliare le isole del mar Egeo di fronte alla costa turca. Il premier Kyriakos Mitsotakis, che guida una coalizione di centrodestra, punta molto sul pugno duro contro i migranti in vista delle elezioni in cui proverà a ottenere un secondo mandato, previste per luglio. La sua prova di forza si è attirata le critiche di organizzazioni umanitarie e deputati del Parlamento europeo, ma le posizioni di Atene sono in perfetta linea con l'indirizzo seguito da buona parte dei governi Ue per fermare i flussi di migranti clandestini. All'ultimo summit di Bruxelles, almeno 12 Paesi hanno appoggiato la richiesta di Bulgaria e Grecia di ricevere fondi Ue per costruire muri alle frontiere esterne per bloccare le rotte dei Balcani occidentali e del Mediterraneo orientale (la rotta jonica, per intenderci). Muri che possono rassicurare gli Stati, come l'Austria, che sono i destinatari finali dei flussi via terra. Ma che rischiano di aumentare le partenze dei barconi in direzione dell'Italia.