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Sabato, 20 Aprile 2024
Lo scandalo

"Motori tedeschi sulle navi da guerra della Cina", l'inchiesta che imbarazza Berlino

Dal 1989, i Paesi Ue hanno deciso di vietare la vendita di armi a Pechino. Ma ci sono delle scappatoie. Usate anche da una società della Volkswagen

Che i motori made in Germany siano tra i più affidabili e potenti del mondo è cosa nota. Meno noto, almeno fino a oggi, è che questa eccellenza della tecnologia tedesca sia utilizzata anche per spingere le navi da guerra della Cina, in particolare quei cacciatorpedinieri classe Luyang-III con cui Pechino sta conducendo negli ultimi tempi una serie di esercitazioni militari nel Pacifico che preoccupano gli Usa (e non solo loro). Nulla di scandaloso, se non fosse che sulla carta, dal lontano 1989, ossia dalle proteste di piazza Tienanmen, i Paesi dell'Unione europea, tra cui la Germania, abbiano vietato la vendita di armi da parte delle proprie aziende a Pechino. Un divieto che, a quanto pare, è facilmente e legalmente aggirabile. 

L'inchiesta

A scoprirlo è una inchiesta giornalistica di due media tedeschi, l'emittente pubblica Ard e il quotidiano Welt am Sonntag. Grazie ai documenti del Sipri, il centro di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma, l'inchiesta ha scoperto che due società, la Mtu di Friedrichshafen e la Man (azienda controllata dal gruppo Volkswagen), hanno fornito i motori dei cacciatorpedinieri classe Luyang-III, balzati agli onori delle cronache internazionali dopo la maxi esercitazione nel Pacifico a pochi passi delle acque dell'Alaska. 

Entrambe le società hanno dichiarato ai media di aver sempre rispettato le normative sul controllo delle esportazioni e che in passato avevano comunicato pubblicamente di essere state coinvolte con l'esercito cinese. La Mtu ha anche aggiunto di aver fornito motori utilizzati nei sottomarini cinesi di classe Song. Il tutto fatto alla luce del sole: in effetti, sfogliando i siti delle due società, si trovano comunicati stampa che annunciano la stipula di accordi di questo tipo con la marina di Pechino. In barba al fatto che, per esempio, i cacciatorpedinieri motorizzati dalle aziende tedesche portino con sé missili terra-aria e cruise.

Le armi a duplice uso

Come è possibile che tutto ciò sia legale nonostante l'embargo di armi alla Cina? La risposta sta in quella che si chiama tecnologia a duplice uso. In sostanza, l'embargo contro Pechino, come altri in vigore verso altri Paesi, prevede che le aziende europee non possano vendere armi finite, ma non singoli componenti che possono essere utilizzati anche per scopi non bellici: questo vale per i motori, ma anche per tecnologie più sofisticate come i droni. "C'è una zona grigia", dice Siemon Wezeman del Sipri. E questo nonostante l'Ue abbia adottato un regolamento sulle armi a duplice uso che dovrebbe prevenire tali casi. 

Inoltre, stando a Sebastian Rossner, avvocato ed esperto di esportazioni consultato dall'emittente Ard, "poiché l'embargo Ue sulle armi alla Cina non è stato formalmente deciso in conformità con i trattati europei, alcune esportazioni di motori navali potrebbero essere consentite anche per la marina cinese". Ecco perché, "se si vuole cambiare questa situazione, l'Ue deve modificare il regolamento sul duplice uso o imporre formalmente un embargo sulle armi", ha aggiunto. 

L'inchiesta di Ard e Welt am Sonntag arriva sulla scia di una serie di rivendicazioni territoriali da parte di Pechino sulle isole contese nel mar Cinese Meridionale. La Germania, forte dei suoi legami commerciali con la Cina, ha cercato un anno fa di intervenire per disinnescare le tensioni internazionali inviando una sua fregata nella zona. Ma a settembre la Cina ha negato la richiesta di Berlino di fare scalo a Shanghai. In compenso, le consegne dei motori tedeschi prodotti in Europa sono andate a buon fine. 

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