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Giovedì, 25 Aprile 2024
Le trattative / Italia

La metamorfosi di Meloni lascia Salvini sempre più solo

Malumori in maggioranza per l’alleanza popolari e conservatori: tra un anno si vota e con le elezioni sempre più vicine la Lega in cerca di distinguo alza la voce

I tempi in cui Giorgia Meloni era un personaggio pericoloso da cui tenersi alla larga sembrano ormai un ricordo lontano. Il premier italiano si sta accreditando sempre più a Bruxelles come figura politica responsabile e presentabile, e i popolari europei le stanno facendo la corte in cerca di preziosi alleati per provare a modificare le geografie politiche dell'Unione europea. Un corteggiamento che sta portando a un ulteriore isolamento in Europa della Lega di Matteo Salvini, che insieme al Rassemblement National di Marine Le Pen, resta nel gruppo dei politicamente 'intoccabili', contro cui fare muro ad ogni costo. Il presidente del Ppe, Manfred Weber, in visita a Roma ha dribblato i rappresentanti del Carroccio, non concedendo loro neanche un incontro. I malumori per questa situazione stanno portando il partito di Salvini ad alzare sempre di più la voce, cosa che con ogni probabilità accadrà sempre più spesso, anche per distinguersi in vista del ritorno alle urne.

Le elezioni europee sono tra un anno esatto, e i partiti politici stanno già scaldando i motori. E Giorgia Meloni si sente in pole position. Un tempo anche solo farsi vedere con lei sarebbe stato percepito come un cedimento a posizioni estremiste, ma ora il presidente del Consiglio sta provando sempre più a incarnare il volto di una destra sì radicale ma presentabile. Ieri a Roma è andato a incontrarla il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha detto che l'Italia deve essere aiutata nell'accoglienza dei migranti. Addirittura la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il premier olandese, Mark Rutte (un tempo ritenuto feroce nemico del nostro Paese) andranno in missione insieme a lei in Tunisia, per discutere di un eventuale programma di aiuti al Paese, ma soprattutto del delicatissimo dossier immigrazione.

Cosa cambia (in concreto) con il nuovo accordo sui migranti

Proprio ieri il governo italiano ha dato il suo via libera alla riforma delle regole di accoglienza, una riforma che ha fatto infuriare i due principali alleati europei della leader di Fratelli d'Italia: la Polonia di Mateusz Morawiecki e l'Ungheria di Viktor Orban. Quello di Meloni nei loro confronti non è stato uno strappo vero e proprio, il nostro esecutivo ha provato a tenere un difficile equilibrio tra i suoi interessi nazionali e la fedeltà ai suoi alleati, ma di fatto ha mostrato una divergenza che nel futuro potrebbe acuirsi, anche se solo per ragioni pragmatiche. Uno dei problemi di Meloni in Europa sono proprio i suoi alleati, i polacchi di Diritto e Giustizia (Pis) in primis.

Nella nazione non esiste alcun centrodestra come da noi, e il Pis sta portando avanti uno scontro fortissimo con il leader dei popolari, l'ex premier Donald Tusk, che addirittura rischia di essere escluso dalle elezioni nazionali del prossimo autunno, messo sotto indagine da una commissione politica (e non giuridica) con l'accusa di aver favorito gli interessi della Russia di Vladimir Putin. Una mossa ritenuta da molti antidemocratica e che è stata condannata non solo dall'Ue ma anche dagli Stati Uniti. Gli scontri tra Bruxelles e Varsavia su stato di diritto e diritti civili vanno avanti ormai da anni, e un'alleanza al Parlamento europeo tra i popolari e il Pis, che siedono nel gruppo conservatore Ecr insieme a FdI, risulterebbe quantomeno imbarazzante.

Scenario simile si registra in Spagna, dove gli alleati di FdI sono gli estremisti di Vox, anche loro uno di quei partiti che sono ancora nella zona intoccabili. La nazione il 23 luglio andrà a elezioni anticipare, i popolari spagnoli sono dati come favoriti nei sondaggi, ma per governare potrebbero doversi alleare proprio con Vox, cosa che il partito di Alberto Núñez Feijóo preferirebbe evitare di fare. Il premier socialista, Pedro Sanchez, sta puntando molto le sue speranze di una rielezioni sulla volontà degli spagnoli di evitare che una formazione tanto radicale si trovi al governo.

Alcuni giorni fa una delegazione di eurodeputati di Identità e Democrazia (Id), ha incontrato a Madrid il presidente di Vox Santiago Abascal e alcuni rappresentanti del partito che non rifiutò le richieste di adesione dell'Id per passare con i più influenti conservatori Ecr. Secondo fonti della Lega ci sono stati confronti "cordiali" e "amichevoli", in cui sono emersi "spunti importanti" per "costruire un'Europa diversa da quella attuale". Meloni potrebbe essere alla fine costretta ad abbandonare i suoi ingombranti alleati e ad ascoltare il canto delle sirene del Ppe, partito nel quale potrebbe finire anche per essere accolta in un futuro non troppo lontano, anche se questo farebbe infuriare Forza Italia, formazione politica che però conta sempre di meno in Europa ormai, visti i numeri elettorali in caduta libera.

Alle prossime europee non ci sarà nessuna apertura "a estremismi che hanno come solo obiettivo distruggere l'Europa", e l'obiettivo è "lottare perché all'Eurocamera l'anno prossimo la maggioranza resti la stessa", ha assicurato la presidente dell'Aula di Straburgo, Roberta Metsola. La dichiarazione della popolare maltese mostra che nel Ppe non tutti vogliono la fine della Grande Coalizione che vede il suo perno in un patto tra socialisti (quindi anche il Pd) e popolari. Ma soprattutto sul Green Deal l'accordo sta andando a pezzi via via che questi ultimi hanno ampliato la loro convergenza con le destre, Conservatori in primis, che stanno puntando sempre di più sulla lotta ai migranti e all'ambientalismo (cosa che sta facendo aumentare i loro consensi).

Argine a una possibile coalizione di puro centrodestra arriva anche dai liberali del gruppo Renew Europe, senza i quali difficilmente Ppe e Ecr potrebbero governare in futuro da soli. "Qualunque partito estremo, né di estrema sinistra né di estrema destra, potrà contare sul nostro sostegno per ottenere maggioranze con noi", è stata, non a caso, la linea ribadita dai liberali dopo l'incontro di Roma tra Antonio Tajani e Weber di ieri, in cui si è paventata una possibile futura una maggioranza di popolari, liberali e conservatori.

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