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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il caso

Cosa c'entra il Marocco con lo scandalo di corruzione al Parlamento europeo

Secondo indiscrezioni, l'inchiesta riguarderebbe anche i rapporti tra Panzeri e Rabat. Sotto i riflettori gli accordi commerciali sul Sahara occidentale approvati da Strasburgo e bocciati dalla Corte Ue

Quando nel 2019 il Parlamento europeo diede l'ok alla ratifica di due importanti (e controversi) accordi commerciali con il Marocco, in molti a Strasburgo storsero il naso. Chi seguì da vicino quei dossier, racconta di un campagna di lobby massiccia da parte delle autorità di Rabat. Non che si trattasse di una novità: tutti i governi (Ue ed extra Ue) giocano le loro carte (legalmente) con gli eurodeputati quando in ballo ci sono misure di interesse nazionale. Ma oggi, su quei voti si allunga un'ombra di sospetti che porta allo scandalo di corruzione ribattezzato Qatargate. E che, forse, non riguarda solo l'Emirato.

I rapporti di Panzeri

Secondo quanto emerso nelle ultime ore, infatti, l'ex eurodeputato di Articolo Uno, Pier Antonio Panzeri, sarebbe indagato anche per i suoi rapporti con il Marocco. Nella richiesta di estradizione in Belgio della moglie e della figlia di Panzeri, infatti, si parla anche di "trasporto di doni". "L'uomo dietro questi doni? Abderrahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia", scrive Politico facendo riferiferimento alla richiesta di estradizione delle autorità belghe. Nel documento, si parla anche di un "gigante" che avrebbe consegnato la propria carta di credito alla famiglia Panzeri, ma non è chiaro se Atmoun e il "gigante" siano la stessa persona. 

Le indiscrezioni dei media, però, hanno rilanciato i sospetti che da giorni (ma anche da prima) circolano tra deputati, assistenti e funzionari del Parlamento europeo su quanto accaduto nei primi mesi del 2019, quando Panzeri era ancora un parlamentare di spicco dell'Eurocamera (era presidente della sottocommissione Diritti umani) e Strasburgo approvò i due controversi accordi commerciali con il Marocco. Il fatto che siano controversi non dipende tanto dalle voci sulle pressioni sugli eurodeputati che sarebbero state esercitate dalle autorità di Rabat (pressioni che, ribadiamo, nel caso vi siano state, sono pur sempre legittime se non comportano fenomeni di corruzione o minacce, di cui non vi è traccia finora): semmai, il fatto è che quegli accordi sono stati bocciati due anni dopo dalla Corte di giustizia dell'Ue, ritenendo che costituiscano una violazione del diritto internazionale.

Accordi commerciali e Sahara occidentale

I due accordi commerciali riguardano infatti l'export a tariffe agevolate dei prodotti agricoli nell'Ue e lo sfruttamento da parte delle imprese europee delle risorse ittiche del Sahara occidentale. Tale territorio, ricco di materie prime come il fosfato, è al centro di una disputa internazionale da decenni: a lungo colonia spagnola, il Sahara occidentale è stato poi occupato dal Marocco. La popolazione locale saharawi si è sempre opposta al potere di Rabat e si è organizzata intorno al Fronte polisario, organizzazione politica che rivendica l'autonomia del Sahara occidentale e che è sostenuta dall'Algeria. Per l'Onu, il Sahara occidentale fa parte della Lista dei territori non autonomi: in sostanza, le Nazioni Unite riconoscono il diritto della popolazione saharawi all'autonomia, a patto che questa venga concordata con il Marocco. Il processo di pace è però in stallo. 

Proprio per questo riconoscimento internazionale, già nel 2016 la Corte di giustizia dell'Ue aveva bocciato gli accordi commerciali tra Ue e Marocco riguardanti il Sahara occidentale: per i giudici europei, qualsiasi accordo di questo tipo deve essere fatto con coinvolgimento e il consenso del Fronte Polisario. Nonostante la sentenza del 2016, però, la Commissione europea ha riproposto tali accordi con poche modifiche sostanziali, e soprattutto senza un adeguato coinvolgimento del Fronte Polisario. Testi finiti al Parlamento europeo, e approvati entrambi in plenaria tra gennaio e febbraio 2019 a larga maggioranza: per Strasburgo, c'erano abbastanza garanzie a favore dei diritti della popolazione saharawi. Peccato che il Fronte Polisario non fosse dello stesso avviso e ha fatto ricorso alla Corte di giustizia dell'Ue, che nel 2021 ha dato ragione ai ricorrenti e ha di nuovo annullato gli accordi.  

Al netto di tutto, dunque, si può dire che per il diritto europeo e per quello internazionale, gli accordi su agricoltura e pesca tra Bruxelles e Rabat siano illegali. Un elemento che però non è stato ravvisato né dalla Commissione, né dagli Stati membri, né dal Parlamento Ue. Per quanto riguarda Strasburgo, a instillare dubbi sul voto dell'Aula sono stati diversi eurodeputati e funzionari che hanno seguito i dossier all'epoca. Tra questi c'è Ana Gomes, ex europarlamentare dei Socialisti e democratici, il gruppo di cui faceva parte Panzeri: "Il Marocco potrebbe aver finanziato Antonio Panzeri & soci per annacquare le risoluzioni sul Sahara occidentale e i diritti umani in Marocco. Non riesco a contare le liti che abbiamo avuto su questi argomenti", ha scritto su Twitter. Gomes non aggiunge particolari, ma come dicevamo diverse fonti del Parlamento raccontano delle pressioni arrivate da lobby pro-Marocco a ridosso delle votazioni. Altro elemento: a presiedere la commissione parlamentare congiunta Ue-Marocco (che fa parte della delegazione parlamentare del Parlamento Ue nel Maghreb) è stato finora il deputato Andrea Cozzolino: il politico del Pd è estraneo all'indagine, ma il suo assistente Francesco Giorgi è considerato l'uomo chiave dell'inchiesta sul Qatargate. 

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