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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il caso / Regno Unito

"In Italia il mio Archie poteva restare in vita, ora l'ultima battaglia per portarlo in un hospice"

La richiesta della madre del 12enne in coma a cui i medici del London Royal Hospital hanno deciso di staccare la spina

L'ultima mossa legale per prolungare il più possibile la vita di loro figlio è stata chiederne il trasferimento dall'ospedale a un hospice. "Vogliamo che ci dica addio in un posto pacifico", ha spiegato la madre del piccolo Archie Battersbee, il 12enne finito in coma ad aprile, forse per una tragica sfida online, e al quale i medici del Royal London Hospital hanno deciso di staccare la spina dopo averne dichiarato la morte cerebrale. Lo stop alle cure sarebbe dovuto scattare in queste ore, ma l'ultimo appello della famiglia ha ritardato ancora una volta l'azione dei medici.

Per i responsabili dell'ospedale, prolungare la ventilazione assistita e i trattamenti che tengono Archie in vita artificialmente comporterebbe ulteriori sofferenze al bambino. Una posizione osteggiata dalla madre e dal padre del dodicenne, i quali hanno intrapreso una lunga battaglia legale per impedire lo stop alle cure. Ma i ricorsi in tribunale hanno dato ragione alla tesi dell'ospedale, e anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, chiamata in causa dalla famiglia, ha deciso di non intervenire dichiarandosi incompetente sul caso.  

L'unica speranza per la famiglia, a quanto pare, l'avevano data delle strutture che si erano messe a disposizione "in Paesi come Italia e Giappone" per continuare a garantire sostegno al bambino. Secondo quanto racconta Hollie Dance, la madre di Archie, alcuni medici di questi due Paesi si sarebbero fatti avanti con offerte di aiuto "davvero di supporto" e proponendo presunte terapie che avrebbero "alti tassi di successo" in casi come quello del piccolo britannico. Le autorità britanniche, stando alle parole della donna, avrebbero però impedito il trasferimento all'estero.

I medici dell'ospedale si sono detti contrari anche all'ultima richiesta della famiglia, ossia il trasferimento in un hospice: per la madre e il padre di Archie, qui il bambino potrebbe ottenere una "morte più degna", ma i rsponsabili del Royal London Hospital sostengono che "le condizioni di Archie siano instabili e che trasferirlo anche a breve distanza comporti rischi significativi" e non sarebbe "nel suo migliore interesse". Secondo Dominic Wilkinson, professore di Etica medica dell'Università di Oxford, "il rischio è che Archie muoia sul sedile posteriore di un'ambulanza mentre si dirige verso l'hospice. Sarebbe una fine potenzialmente stressante, angosciante e poco dignitosa. Un male per Archie e un male per la sua famiglia". 

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