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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"L'oscura rete di collusione della Libia": il nuovo atto di accusa contro Italia e Ue firmato da Amnesty International

Torture e abusi in cambio della chiusura della rotta del Mediterraneo Centrale, il ruolo di Roma e Bruxelles nell'industria del sequestro e dello sfruttamento dei migranti nel nuovo rapporto della ONG internazionale.

Complici consapevoli delle torture e degli abusi condotti dalle autorità di immigrazione libica su decine di migliaia di rifugiati e migranti. E' questo il nuovo atto di accusa lanciato da una ONG, questa volta Amnesty International, alla volta della Ue e, ancora più in particolare, dell'Italia. "L'oscura rete di collusione della Libia", è questo il nome del rapporto pubblicato dalla ONG, spiega in che modo i governi europei sostengano attivamente un sofisticato sistema di abuso e sfruttamento di rifugiati e migranti da parte della guardia costiera libica, dalle autorità di detenzione e dai contrabbandieri per impedire alle persone di attraversare il Mediterraneo.

"Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono alla mercé delle autorità libiche, delle milizie, dei gruppi armati e dei contrabbandieri che lavorano spesso insieme per ottenere un guadagno. Decine di migliaia di persone sono trattenute indefinitamente in centri di detenzione sovraffollati dove sono sottoposti ad abusi sistematici. I governi europei non sono stati solo pienamente consapevoli di questi abusi, sostenendo attivamente le autorità libiche nell'arrestare le traversate marittime e contenere persone in Libia, sono complici di questi crimini ".
John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l'Europa.

Il ruolo dell'Italia

Dalla fine del 2016, si legge ancora nel testo, "gli Stati membri dell'UE, in particolare l'Italia, hanno attuato una serie di misure volte a chiudere la rotta migratoria attraverso la Libia e attraverso il Mediterraneo centrale, con poca attenzione per le conseguenze per coloro che sono intrappolati nei confini senza legge della Libia". 

Roma e Bruxelles si sono impegnate a "fornire supporto tecnico e assistenza al Dipartimento libico per la lotta alla migrazione illegale (DCIM), che gestisce i centri di detenzione dove rifugiati e migranti sono detenuti arbitrariamente e indefinitamente e regolarmente esposti a gravi violazioni dei diritti umani inclusa la tortura", quindi, "hanno permesso alla guardia costiera libica di intercettare le persone in mare, fornendo loro formazione, attrezzature, comprese le barche, e assistenza tecnica e di altro tipo". Infine, "hanno stretto accordi con le autorità libiche locali e con i leader di tribù e milizie, per incoraggiarli a fermare il contrabbando di persone e ad aumentare i controlli alle frontiere nel sud del paese".

Una serie di scelte politiche che hanno portato come unico risultato, si legge nel rapporto, "alla detenzione di massa, arbitraria e indefinita che è diventata il principale sistema di gestione della migrazione nel paese". "Rifugiati e migranti intercettati dalla guardia costiera libica vengono inviati ai centri di detenzione DCIM dove subiscono trattamenti orribili. Fino a 20.000 persone attualmente rimangono contenute in questi centri di detenzione sovraffollati e insalubri".

Finora, rileva la ONG, nel 2017, "19.452 persone sono state intercettate dalla Guardia costiera libica, riportate in Libia e immediatamente trasferite in centri di detenzione dove la tortura è diffusa".

Il ciclo di sfruttamento

Decine di migranti e rifugiati intervistati hanno descritto il ciclo di sfruttamento a cui vengono consegnati dalle milizie, i contrabbandieri e la guardia costiera libica. Le guardie dei centri di detenzione le torturano per estorcere denaro. Se sono in grado di pagare, vengono rilasciati. Possono anche essere trasferiti da contrabbandieri che possono assicurarsi la loro partenza dalla Libia in collaborazione con la guardia costiera libica. Gli accordi tra quest'ultima e i trafficanti di esseri umani sono provati da segni sulle barche che consentono alle imbarcazioni di attraversare le acque libiche senza intercettazione, spesso scortati dagli stessi mezzi della guardia costiera pagati dalla Ue e dall'Italia.

E difatti filmati, immagini e documenti recensiti da Amnesty International indicano che una barca donata dall'Italia nell'aprile 2017, il Ras Jadir, "è stata utilizzata dalla guardia costiera libica durante un terribile incidente il 6 novembre 2017, in cui le loro azioni sconsiderate hanno contribuito all'annegamento di a 50 persone". "Sebbene azioni avventate e pericolose da parte della guardia costiera libica siano già state documentate", rileva il rapporto, "questa sembra essere la prima volta che una barca fornita da un governo europeo ha dimostrato di essere stata utilizzata in un incidente del genere".

Rivedere alla radice la cooperazione con la Libia

"Sostenendo le autorità libiche nel catturare persone in Libia, senza richiedere alle autorità libiche di affrontare l'abuso endemico di rifugiati e migranti o persino di riconoscere che i rifugiati esistono, i governi europei hanno mostrato dove si trovano le loro vere priorità: la chiusura del corridoio del Mediterraneo centrale, con scarsa attenzione alla sofferenza causata ", afferma ancora il direttore di Amnesty International.

"I governi europei devono riconsiderare la loro cooperazione con la Libia in materia di migrazione e consentire alle persone di arrivare in Europa attraverso percorsi legali, incluso il reinsediamento di decine di migliaia di rifugiati. Devono insistere affinché le autorità libiche pongano fine alla politica e alla pratica degli arresti arbitrari e della detenzione di rifugiati e migranti, rilascino immediatamente tutti i cittadini stranieri detenuti nei centri di detenzione e consentano all'UNHCR di operare senza ostacoli", la conclusione della ONG.

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