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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Le trattative / Spagna

Gli indipendentisti catalani tengono in ostaggio il governo spagnolo

Il leader di Junts, Carles Puigdemont, ha dettato condizioni che sembrano inaccettabili per il suo appoggio a un futuro esecutivo a trazione socialista. Si lavora a una difficile mediazione

Il destino della Spagna è nelle mani di un partito indipendentista e del suo leader che vive da anni in un esilio in Belgio per sfuggire all'arresto. I sette voti dei catalani di Junts per Catalunya, saranno decisivi per il primo ministro socialista Pedro Sánchez se vuole tornare al potere, ma il capo del partito, Carles Puigdemont, non è disposto a concederli tanto facilmente. Il politico è oggetto di un mandato di cattura internazionale per aver organizzato ai tempi in cui era presidente della Generalitat, un tentativo di secessione unilaterale nel 2017, e adesso chiede l'amnistia in cambio del suo sostegno. Il politico, attualmente deputato europeo, parlando alla stampa a Bruxelles, ha chiesto "l'abbandono completo ed effettivo della via giudiziaria contro il movimento pro-indipendenza" attraverso "una legge di amnistia", nonché l'apertura di negoziati per raggiungere un "accordo storico" sul futuro della Catalogna, che secondo lui deve includere l'organizzazione di un referendum sull'autodeterminazione.

Le elezioni parlamentari anticipate del 23 luglio non hanno prodotto una maggioranza chiara a Madrid. Alberto Nunez Feijoo, il cui Partito Popolare ha ottenuto la maggioranza, si cimenterà per la prima volta in un voto di fiducia il 27 settembre, anche se le sue possibilità di vittoria sono praticamente nulle. Feijoo dispone di 172 voti sicuri, quattro in meno dei 176 necessari a raggiungere la soglia. Sono quelli del suo Pp (137), dell'estrema destra di Vox (33), e i 2 di Unión del Pueblo Navarro (Upn) e Coalición Canaria (Cc). Gli servirebbe l'appoggio esterno di qualche organizzazione separatista, ma Vox è contraria a ogni concessione nei loro confronti.

E così paradossalmente, l'ex premier Sánchez, arrivato secondo alle elezioni, ha migliori possibilità di ottenere la maggioranza in Parlamento per tornare al potere. Per farlo ha però bisogno quantomeno dell'appoggio esterno di Junts. Con il partito le trattative vanno avanti in maniera serrata e addirittura ieri si è recata personalmente a Bruxelles per parlare con Puigdemont Yolanda Diaz, leader della sinistra radicale spagnola di Sumar e seconda vicepresidente del governo uscente. È la prima volta che un ministro dell'esecutivo parla in pubblico, facendoci anche fotografare con lui, con Puigdemont da quando è fuggito in Belgio dopo l'organizzazione del referendum dell'ottobre 2017 e la dichiarazione unilaterale di indipendenza immediatamente sospesa.

Dopo il previsto fallimento del leader del Partito Popolare a fine settembre, Sánchez avrebbe due mesi per cercare di essere investito a sua volta. Se non ci riuscirà, saranno indette nuove elezioni, probabilmente a metà gennaio. "Preparatevi alle elezioni ma anche ai negoziati che potrebbero concludersi con un accordo storico", ha detto Puigdemont. "Non abbiamo sopportato tutti questi anni solo per salvare una legislatura", ha avvertito. La concessione di un'amnistia difficilmente potrà però essere accolta da Sanchez.

Sostenitore della pacificazione in Catalogna, il premier socialista ha concesso nel 2021 un indulto agli indipendentisti catalani che non era o scappati all'estero e si trovavano in carcere, ma la grazia non si estendeva a Puigdemont che era in fuga dalla giustizia. Sebbene in passato si sia espresso contro l'amnistia, ieri Sanchez ha insistito sul fatto che è giunto il momento di "voltare pagina" rispetto agli "errori del passato" commessi nella gestione della crisi catalana, senza rivelare quanto sia disposto a concedere al movimento pro-indipendenza. Oggi Isabel Rodriguez, portavoce del governo spagnolo e ministra per le Politiche territoriali, ha assicurato che rispetto alle richieste del leader di Junts "le nostre posizioni sono agli antipodi". Sulla questione catalana "noi abbiamo uno strumento: il dialogo, una cornice: la costituzione, e un obiettivo: la convivenza. Oggi nessuno può negare che la situazione in Catalogna sia infinitamente migliore di cinque anni fa", ha detto Rodriguez in conferenza stampa.

L'indulto ai 9 indipendentisti non basta ai catalani, i latitanti rischiano lo stesso il carcere

A metà agosto, l'elezione della socialista Francina Armengol a presidente della Camera con l'appoggio di Junts aveva suscitato speranze di un accordo, ma le condizioni poste oggi da Puigdemont lo renderebbero impossibile. Ma l'ex presidente della Catalogna sa che se le trattative con Sanchez fallissero, la destra potrebbe vincere nuove elezioni, preannunciando tempi più duri per lui, che rischia ancora la possibile estradizione dal Belgio e l'incriminazione per aver organizzato il referendum del 2017 e la fallita dichiarazione di indipendenza. I popolari e l'estrema destra Vox, a differenza dei socialisti, hanno giurato di non scendere a compromessi con i separatisti e hanno criticato Sánchez per aver concesso l'indulto agli alleati di Puigdemont già condannati.

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