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Martedì, 23 Aprile 2024
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Il Piano Marshall dell'Europa per l'Africa: 44 miliardi di investimenti. Ma le risorse al momento latinano

Al via il summit di Abidjan tra Ue e Unione africana. Al centro la questione migratoria, la sicurezza e il cambiamento climatico

Un Piano Marshall per l'Africa. O, come suggerisce il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, “un Piano Europa”. Ma il nome importa poco: quel che conta è la sostanza. Che a dirla tutta, ancora non si vede. Chissà se la due giorni del summit tra l'Unione africana e l'Unione europea che si apre oggi ad Abidjan, in Costa d'Avorio, servirà a rendere più concreto l'impegno “unitario” dell'Europa verso il sui dirimpettaio del Mediterraneo. E se il tanto declamato Piano di investimenti per l'Africa avrà risorse fresche in cassa, al posto delle tante, belle promesse di impegno viste finora.

Il Piano di investimenti

Il Piano Marshall, per l'appunto. Per ora, l'impegno Ue ammonta a 3,3 miliardi di investimenti, che dovrebbero mobilitare altri 40 miliardi di risorse aggiuntive tra privato e pubblico. Di fatto, a oggi gli Stati membri hanno messo sul piatto meno di 300 milioni. Il grosso lo ha messo l'Italia, anche (se non soprattutto) per via dell'emergenza migranti. 

La questione migratoria

Del resto, è proprio in seguito alla crisi dei migranti che l'Europa ha riaperto gli occhi sull'Africa. I dati sono allarmanti: il 60% della popolazione africana è costituita da giovani e, stando a uno studio dell'Onu, nel 2050 tra i 20 paesi più popolati al mondo, 7 saranno africani. Inevitabile, dunque, che senza una reale crescita del Continente, il flusso di migranti verso l'Europa è destinato a crescere in maniera esponenziale. “La crescita della popolazione in Africa minaccia di spingere nel prossimo decennio milioni di persone verso un'Europa che è mal preparata per una tale sfida”, ha detto Tajani di recente. 

Aiutarli a casa loro

L'obiettivo, dunque, è “aiutarli a casa loro”, in modo da porre un freno all'ondata migratoria. Non a caso, il tema centrale del summit di  Abidjan sono proprio i giovani. Nella bozza di conclusioni del vertice, che dovrebbe diventare la Dichiarazione finale, si legge che “investire nei giovani è un pre-requisito per costruire un futuro sostenibile nel continente”. Poco più avanti, il testo chiede espressamente di lavorare alle “migrazioni irregolari”, in maniera da trasformarle in “una maniera ordinata, sicura e regolare, da affrontare all'interno di un dialogo continentale”. 

Il "modello" Libia

Il modello che si sta cercando di perseguire in Libia potrebbe essere emblematico: sostenere economicamente il paese a patto che gestica i flussi di migranti, rimpatriando quelli economici e dando la possibilità a chi ha il diritto all'asilo di raggiungere l'Europa attraverso canali legali e sicuri. 

Il modello è tutto da costruire, chiaramente. In Libia le condizioni dei centri di detenzione dei migranti sono terrificanti. E quando si parla di “rimpatri volontari” diverse ong alzano più di un sopracciglio. La questione dei diritti umani non è secondaria, anche da un punto di vista diplomatico: l'Europa si presenta in Africa mettendo sul piatto del dialogo i propri principi democratici. Cercando di distanziarsi in questo dalla Cina, sempre più intraprendente sul suolo africano.  

Altri temi centrali sono la sicurezza e il cambiamento climatico, anche questi legati strettamente alla questione migratoria. Come dicevamo, si tratta di dichiarazioni di principio. Il summit è iniziato. Vedremo se l'Unione europea sarà, una volta tanto, davvero unita sull”Africa. O se alla fine si procederà come si è fatto finora, in ordine sparso, ciascun paese con le prioprie ambizioni e i propri interessi. Ma con il rischio di fare il gioco della Cina, che sulla strategia africana sembra avere le idee più chiare.

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