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Giovedì, 28 Marzo 2024
Migranti

Gli Stati affidano sempre più i rimpatri dei migranti all'agenzia Ue Frontex

Nel 2021 record di operazioni gestite dalla guardia di frontiera europea. Ma c'è chi solleva dubbi sul rispetto dei diritti umani

Nel primo semestre del 2021 sono stati rimpatriate con il supporto dell’Ue oltre 8mila migranti arrivati nei Paesi dell'Unione, una cifra record che supera anche quelle della cosiddetta “crisi migratoria” del biennio 2015-16. È quanto riporta un documento ufficiale redatto da Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Ue, che si è occupata dei rimpatri. Numeri che, visti gli orientamenti recenti delle politiche degli Stati europei sull'immigrazione, rappresentano un successo per l'agenzia. Ma non tutti sono d'accordo, e c'è chi solleva dubbi sul fatto che le operazioni di Frontex rispettino non solo il diritto internazionale, ma anche i diritti umani.

Frontiere blindate

Stando a un rapporto inoltrato da Frontex al Consiglio dei ministri dell’Ue, nei primi 6 mesi di quest’anno l’agenzia europea delle frontiere esterne ha rimpatriato 8239 persone. Si tratta del numero più alto di sempre, e costituisce un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2019, prima della pandemia (rispetto al primo semestre del 2020, quando i viaggi sono stati bloccati in gran parte del mondo, la crescita è del 98%).

Le operazioni di Frontex non sostituiscono quelle degli Stati membri, che continuano in parallelo a rimpatriare i migranti che varcano le loro frontiere. Ma come nota il Guardian, l’aumento dei rimpatri da parte dell’agenzia dimostra che i Paesi Ue contano sempre più sull’aiuto di Varsavia (dove Frontex ha la sede) per gestire la pressione migratoria, dal pattugliamento dei confini al rimpatrio di chi li varca illegalmente.  

La posizione di Bruxelles

L’antenato di Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, è stato istituito nel 2004, ma è stato tra il 2015 e il 2016, quando oltre 1 milione di migranti sono scappati verso l’Europa, che Bruxelles ha ampliato il mandato dell’agenzia, cambiandole nome in Agenzia europea di confine e guardia costiera.

Dal canto suo, la Commissione europea è intenzionata a siglare più accordi di ritorno con Paesi terzi, per fare in modo che le persone cui viene negato l’asilo possano tornare nelle loro nazioni d’origine. Una forte spinta in questa direzione si è avuta negli ultimi mesi con la crisi al confine con la Bielorussia, in merito alla quale l’esecutivo comunitario ha espresso l’intenzione di rafforzare la gestione delle frontiere e di moltiplicare gli sforzi per i rimpatri.

In linea di principio, coloro ai quali non viene concesso asilo possono essere mandati indietro nel Paese d’origine, ma non è un’operazione facile per i governi europei. Nel 2019, oltre 491mila persone hanno ricevuto l’ordine di lasciare l’Ue, ma meno del 30% di queste è stato rimpatriato.

Monitorare i diritti umani

Nei primi 6 mesi del 2021, oltre il 60% delle persone respinte da Frontex ha deciso di andarsene autonomamente, mentre quasi il 40% è stato rimpatriato coercitivamente. Secondo il diritto Ue, quando si opera un rimpatrio forzato dovrebbero essere presenti uno o più “controllori” per monitorare il rispetto dei diritti umani. Da gennaio a giugno scorsi, tuttavia, questa supervisione è stata garantita solo nel 47% dei voli organizzati da Frontex e nel 23% dei voli organizzati dagli Stati membri. In complesso, c’è stato un calo del 7% nel monitoraggio rispetto al primo semestre del 2020. 

A evidenziare il problema ci ha pensato Tineke Strik, eurodeputata dei Verdi olandesi, secondo cui “sembra che Frontex sottostimi la sua responsabilità di assicurarsi che i diritti fondamentali siano rispettati”. E ha aggiunto: “Se la procedura d’asilo ha molte lacune, non si può sapere se è sicuro rimpatriare le persone”. La parlamentare ha richiamato anche i governi nazionali ad “aumentare i propri sforzi” per assicurarsi che i supervisori siano sempre presenti nei voli di rimpatrio.

Da parte sua, l’agenzia ha ribadito di non essere sotto alcun obbligo legale di verificare che tutti i passi della procedura d’asilo siano stati seguiti scrupolosamente. “Frontex è responsabile per il coordinamento delle operazioni di rimpatrio, ma la decisione di chi debba essere rimpatriato è sempre presa dalle autorità giudiziarie o amministrative degli Stati membri”, ha chiarito un portavoce dell’agenzia, specificando che quest’ultima “non entra nel merito delle decisioni di rimpatrio emesse dagli Stati membri”.

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