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Martedì, 23 Aprile 2024
Asia centrale

Le ex repubbliche sovietiche (alleate di Putin) che ora temono di finire come l'Ucraina

Non solo la Moldavia, anche altri Paesi, considerati da sempre vicini a Mosca, prendono le distanze dall'invasione

L'avvertimento non è nuovo, ma stavolta a corredo ci sono una serie di segnali che sollevano più di una preoccupazione: la Russia potrebbe non fermare la sua guerra in Ucraina. Lo ha ribadito Volodymyr Zelensky in una conferenza stampa affollata nella metro di Kiev. E lo sottolineano diversi analisti. Finora si è parlato per lo più della Moldavia, viste anche le recenti dichiarazioni arrivate da Mosca, che fanno presagire a un piano di espansione che dal Donbass arrivi fino alla Transnistria. Ma in questi giorni anche in Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, tutte ex repubbliche sovietiche, hanno manifestato i loro dissapori nei confronti del Cremlino.

Le autorità del Kirghizistan hanno vietato ai sostenitori dell'invasione di utilizzare la lettera simbolo Z - tracciata sui mezzi militari russi d'invasione - per i festeggiamenti del 9 maggio, quando si celebra la vittoria nella Seconda guerra mondiale, o meglio la Grande Guerra Patriottica, come è chiamata nell'ex Urss. Il rischio, è stato sottolineato, è che ciò provochi "ostilità tra diverse etnie". Cioè, spiega l'Ansa, tra le nutrite minoranze russe che vivono in questi Paesi e la popolazione autoctona. E' il caso anche del Kazakistan, il gigante centroasiatico vera potenza del settore energetico, dove la parata del 9 maggio è stata semplicemente cancellata, ufficialmente per carenza di fondi. 

I due Paesi, insieme a Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, hanno cercato a lungo di tenere sotto traccia la loro posizione sulla guerra in Ucraina, anche per via del loro isolamento geografico e della dipendenza economia dalla Russia. Il timore è che Mosca possa rivoltarsi anche contro di loro, sfruttando, come fatto in Ucraina, le frange pro-russe della popolazione. Ma col passare delle settimene, i 5 Stati dell'Asia centrale hanno cominciato a far notare la loro posizione "non allineata": per esempio, nessuno di loro "si è schierato con Mosca nelle risoluzioni del 2 o 24 marzo dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che condannano l'invasione", ricorda Paul Stronski di Carnegie Europe. "A seguito dell'imposizione delle sanzioni occidentali, i membri dell'Unione economica eurasiatica Kazakistan e Kirghizistan - scrive ancora Stronski - hanno rifiutato di accettare dazi doganali dalla Russia in rubli. Questa decisione, ripresa dall'Armenia, solleva interrogativi sulla coesione del blocco, che è stata a lungo l'iniziativa preferita di Putin per integrare la regione, sebbene non sia progredita molto dal suo lancio nel 2014", conclude.

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