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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Eutanasia negata, donna si suicida in un hotel

Il caso in Spagna, dove il fine vita è stato legalizzato sulla carta. Ma tra obiettori di coscienza e burocrazia la realtà è più complessa

Da 14 anni soffriva di una patologia muscoloscheletrica cronica incurabile. Neanche i farmaci potevano alleviare il suo dolore, perché intollerante agli oppioidi. A peggiorare il quadro la scoperta di un tumore alla vescica. Un calvario a cui sperava di porre fine con l'eutanasia, dal momento che il suo Paese, la Spagna, nel marzo scorso, aveva legalizzato il fine vita e il suicidio assistito. Ma la donna non aveva fatto i conti con la burocrazia e con le resistenze interne alla politica e al sistema sanitario. Perché, come per l'aborto, un conto è la legge, un altro la sua applicazione pratica: il medico che doveva aiutarla, dopo un primo assenso, si era dichiarato obiettore di coscienza. Al resto ci ha pensato il silenzio delle autorità sanitarie di Madrid. E così la donna ha prenotato una stanza d'albergo nella capitale spagnola. E si è tolta la vita.

La sua morte, resa nota solo in queste ore, ha scosso l'opinione pubblica spagnola. Dal 25 giugno, chi vuole ricorrere all'eutanasia può farlo, per legge. Ma nella pratica si stanno innalzando muri che ricordano da vicino quanto successo in Italia dopo la legalizzazione dell'aborto. In diverse regioni del Paese ci sono ritardi organizzativi, spesso alimentati da questioni politiche e religiose. E tra i medici il numero di obiettori di coscienza cresce di giorno in giorno. 

Il caso di Madrid è emblematico. Stando a quanto ricostruito da El Pais, che a inizio settembre aveva ricevuto una lettera della donna poi morta suicida, ci sarebbero delle incongruenze tra quanto raccontato da Fernando Marín, consigliere dell'associazione Right to Die with Dignity che assiste i malati che vogliono chiedere l'eutanasia, e quanto reso noto dalle autorità di Madrid. Di sicuro, c'è che la donna aveva chiesto il 7 luglio al suo medico di riferimento all'ospedale Gómez Ulla di Madrid di poter accedere alla procedura di eutanasia. Il medico aveva dato il suo consenso, ma dopo 48 ore ha cambiato idea, dichiarandosi obiettore di coscienza. 

La legge prevede che in tali casi debba essere nominato un altro medico che esamini il paziente e valuti se soddisfa i requisiti stabiliti dalla legge. Ma stando a chi ha assistito la donna nelle sue ultime ore di vita, dalle autorità non sarebbe arrivata alcuna risposta. Versione smentita da un portavoce della Regione di Madrid: “Il medico che l'ha curata si è dichiarato obiettore. Per questo è stata valutata da un altro medico ospedaliero, che ha ritenuto che non rispondesse ai criteri” per accedere all'eutanasia.

Il dottor Marín, che aveva preparato un ampio rapporto in cui spiegava che la paziente soddisfaceva tutti i requisiti stabiliti dalla legge sul regolamento sull'eutanasia, ha ribadito a El Pais che invece la richiesta non è mai stata valutata da un secondo medico. Tanto che lui stesso aveva presentato una denuncia all'inizio di settembre presso l'ufficio competente della regione, che a sua volta avrebbe girato il documento al ministero della Sanità. Niente di più

A ogni modo, quale che sia la verità, la donna non ha voluto attendere eventuali risposte o ricorsi. A El Pais aveva dichiarato di avere da tempo pronta nel cassetto una sostanza mortale: "La decisione è presa. Ho sempre detto che non voglio vivere se non posso prendere una decisione sulla mia vita. E non so più cucire, non so leggere. Non c'è niente che mi entusiasmi. Non è un capriccio, è che la mia vita consiste nel soffrire il meno possibile, e anche quando ci riesco, la mia sofferenza è intollerabile. Per questo dico che forse resisterò fino a ottobre o forse no. Alternative all'eutanasia? È violento pensare 'mi sto suicidando'. Non voglio quello. Non voglio suicidarmi. Voglio solo che mi si aiuti a smettere di soffrire. Niente di più. Per me è inconcepibile che ci sia una legge e che non possa essere applicata". Alla fine, la donna ha aperto il cassetto. 

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