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Venerdì, 19 Aprile 2024
Energia e geopolitica

L'Europa paga le bollette dei Balcani per allontanare Russia, Cina e Turchia dalla regione

Stanziato 1 miliardo di euro per i sei Paesi dell'area: metà servirà a far fronte ai rincari energetici. Il resto sarà usato per progetti su gas e rinnovabili

L'Unione europea fornirà 1 miliardo di euro ai Paesi dei Balcani occidentali (Serbia, Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo e Montenegro) sotto forma di sovvenzioni per "affrontare le conseguenze immediate della crisi energetica" e per progetti volti ad accelerare la transizione ecologica. Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a margine del summit di Berlino sui Balcani occidentali. Sullo sfondo della conferenza, i timori di Bruxelles sulle potenze estere che aleggiano sulla regione: in primis la Russia, con i suoi forti legami in Serbia  e Bosnia. Ma a preoccupare sono anche, se non soprattutto, le mire di Cina e Turchia. 

Il cortile interno dell'Europa

La regione, scrive il quotidiano tedesco Welt, "è il cortile interno dell'Europa e collega il fianco sudorientale della Nato con l'Europa centrale. I sei Paesi dei Balcani occidentali sono circondati da altri Paesi dell'Ue: Croazia a ovest, Ungheria e Romania a nord, Bulgaria a est e Grecia a sud. Secondo gli esperti, l'integrazione della regione nelle strutture occidentali è essenziale quando si tratta di sicurezza e stabilità a lungo termine dell'Europa". La Germania ne è convinta, e proprio per questo, nel 2014, l'ex cancelliera Angela Merkel aveva lanciato il cosiddetto Processo di Berlino, un'iniziativa diplomatica che coinvolge i Balcani e nove Stati Ue (tra cui Italia e Francia) con lo scopo dichiarato di promuovere la progressiva integrazione di questi Paesi nell'Unione. 

Del gruppo dei sei, Albania e Macedonia del Nord sono quelli che hanno già un mezzo piedo dentro l'Ue: Tirana e Skopje hanno di fatto completato tutte le riforme richieste per passare dallo status di candidate all'accesso a quello di membri effettivi dell'Unione. Ma prima il presidente francese Emmanuel Macron, e poi la Bulgaria, hanno opposto resistenze che ne hanno congelato l'adesione. Una situazione che dimostra le divisioni interne alla stessa Ue dinanzi al futuro dei Balcani. E che fa il pari con il difficile percorso verso la democrazia di buona parte della regione: la Bosnia ne è un esempio lampante: per evitare lo scoppio delle mai sopite tensioni etniche, nel Paese è stata creata una struttura istituzionale con 3 presidenti, uno per ciascuna delle tre principali etnie: bosniaci musulmani, croati cattolici e serbi ortodossi. Bruxelles sta cercando di favorire la stabilità della Bosnia, ma deve fare i conti con le mosse di un suo membro, la Croazia, e con quelle di una sua candidata all'adesione, la Serbia. 

Le mire di Russia, Cina e Turchia

Proprio la Serbia è diventata col tempo la porta di accesso della Russia nella regione: il presidente Aleksandar Vucic non ha aderito alle sanzioni europee contro Vladimir Putin ed è considerato un importante alleato del Cremlino. Al contempo, Vucic sottolinea costantemente la sua fedeltà all'Ue e il suo impegno per l'integrazione. Un doppio gioco palese che finora ha funzionato, ma che con la guerra in Ucraina Bruxelles non può più tollerare.

Mosca, come dicevamo, non è l'unica potenza geopolitica ad aver allungato le mire sulla regione: la Cina, per esempio, ha già avviato importanti investimenti nell'area sotto forma di prestiti per la costruzione di infrastrutture: la Serbia, per esempio, nel 2021 annoverava un credito verso Pechino pari al 7% del Pil, più o meno la stessa quota della Macedonia del Nord. In Montenegro, il peso dei prestiti cinesi era addirittura del 21%, e il Paese si è trovato lo scorso anno in serie difficoltà a ripagare una maxi rata a Pechino per i soldi ricevuti per la costruzione di un'autostrada. La cosiddetta 'trappola del debito cinese' è un'altra sfida per l'Ue nei Balcani, insieme al corteggiamento sempre più insistente della Turchia nell'area, che ha da poco rilanciato il sogno di diventare un hub del gas per l'Europa puntando da un lato dai flussi proveniente dalla Russia, e dall'altro sulle connessioni nel Vecchio Continente (anche) attraverso i Balcani.

Bollette e infrastrutture

Dinanzi a queste sfide, è proprio sull'energia che Bruxelles ha rilanciato il suo impegno in investimenti nella regione. Il pacchetto varato oggi si divide in due parti: la prima dovrebbe partire subito, già a gennaio, e prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro per sostenere "le famiglie e le piccole e medie imprese ad attutire gli aumenti dei prezzi dell'energia e il loro impatto", scrive la Commissione. La seconda parte, invece, guarda al medio termine (1-2 anni) e punta sui progetti infrastrutturali: altri 500 milioni di euro da investire "nella diversificazione energetica, nella generazione di energia rinnovabile e nelle interconnessioni del gas e dell'elettricità", compreso il Gnl. 

Tra le infrastrutture di punta c'è senza dubbio il gasdotto ionico-adriatico che dovrebbe portare il gas dell'Azerbaigian fino al Nord Europa passando da Albania, Bosnia e Croazia. Di questo si parlerà a Tirana il 6 dicembre prossimo, quando Ue e Balcani torneranno a sedersi intorno al tavolo. Tra i temi in agenda, anche l'avanzamento del percorso di adesione della Bosnia. 

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