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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il summit

L'Europa finanzierà muri anti migranti, ma niente codice di condotta per le ong

L'accordo raggiunto al vertice di Bruxelles sancisce una svolta a destra delle politiche sulla migrazione. Ma potrebbe essere una beffa per l'Italia

"Mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell'Ue per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza — compresa la sorveglianza aerea — e delle attrezzature". È con questo passaggio delle conclusioni che i leader dell'Unione europea, al termine di una lunga notte di negoziati, hanno sancito il via libera alla costruzione di muri per bloccare i migranti. Nonostante l'opposizione della Germania (a dirla tutta, più di forma che di sostanza) e le rassicurazioni della Commissione sul fatto che le risorse Ue serviranno a finanziare solo telecamere e attrezzature, e non mattoni o simili, nel concreto dal summit di Bruxelles è emersa un'Europa divisa su come affrontare le sfide economiche, ma non sul pugno duro contro la migrazioni in ingresso.

Fortezza Europa

"L'Unione europea rimane determinata ad assicurare il controllo efficace delle sue frontiere esterne terrestri e marittime", si legge in apertura del capito del documento conclusivo del vertice. Per farlo, "ribadisce il proprio sostegno" a Fronte, l'agenzia europea di guardia di frontiera e costiera che è finita nella bufera per la gestione dei fondi a sua disposizione e per aver chiuso gli occhi sui respingimenti in mare da parte della Grecia. A Frontex viene chiesto non solo di svolgere il "suo compito principale" (protezione delle frontiere esterne, contrasto alla criminalità transfrontaliera e intensificazione dei rimpatri), ma anche di operare nell'ambito degli accordi tra gli Stati dell'Ue e i Paesi terzi per la "cooperazione" nella gestione delle frontiere. 

Visti e dazi in cambio di rimpatri

C'è poi il capitolo rimpatri, dove i leader Ue hanno accolto la proposta dell'Olanda di "introdurre misure restrittive in materia di visti nei confronti dei Paesi terzi che non cooperano" nel riprendersi i migranti giunti illegalmente nell'Ue. Tra le leve da usare per portare questi Paesi terzi a più miti consigli, c'è anche il commercio: le conclusioni del summit non lo citano, ma nelle scorse settimane i 27 avevano già concordato una misura che consentirà di sospendere i dazi agevolati sull'export nell'Ue a quei partner commerciali che non collaborano sui rimpatri. Ma come risolvere il problema delle leggi internazionali, a cui l'Ue aderisce, che vietano i rimpatri nei Paesi non sicuri? Nelle conclusioni, la soluzione sembra essere stata affidata all'Easa, l'agenzia europea per l'asilo, che dovrà "fornire orientamenti per incrementare il ricorso ai concetti di Paesi terzi sicuri e di Paesi di origine sicuri". Questi concetti sono da sempre un grattacapo giuridico. L'impressione è che l'Ue voglia allargare la lista degli Stati sicuri in cui rimpatriare i migranti.

I muri

Infine, la questione dei muri. La costruzione di barriere ai confini Ue non è certo una novità: nel 2018, InfoMigrants aveva calcolato che tali strutture in giro per il continente avevano raggiunto già i 1.000 chilometri. Ma Bruxelles si è sempre rifiutata di finanziare "filo spinato e muri", per usare le parole di Ursula von der Leyen di un anno fa. Da allora, però, la presidente della Commissione sembra aver perso l'appoggio di un pezzo importante del suo partito, il Ppe, sul tema migrazione. E il summit di ieri ha sancito una sconfitta per la leader dell'esecutivo Ue in tal senso: le conclusioni del vertice sono una chiara sollecitazione a Bruxelles di finanziare le "infrastrutture di protezione delle frontiere", così come richiesto dal presidente del Ppe Manfred Weber, dall'Austria e da altri 11 Paesi, tra cui l'Ungheria di Viktor Orban, ma anche il governo di centrosinistra della Danimarca.

Von der Leyen, in conferenza stampa, ha fatto intendere che i fondi Ue non andranno direttamente a muri o barriere, ma a "telecamere, strade lungo le barriere per pattugliarle, torrette di sorveglianza, veicoli". Lo scopo, ha aggiunto, "è avere un confine funzionante, è mostrare che abbiamo procedure funzionanti al confine", perché i muri da soli "non bastano". Ma al di là dei giri di parole, la decisione presa a Bruxelles fa felici quegli Stati che potranno avere più risorse extra per sigillare i confini, in particolare lungo la rotta balcanica.

La beffa per l'Italia

Per l'Italia, l'accordo Ue sulle politiche per l'immigrazione non può dirsi un grande successo diplomatico. Nonostante l'appoggio del leader popolare Weber e di alcuni governi Ue, le conclusioni del summit non citano l'istituzione di un codice di condotta per le ong, uno dei pilastri del 'manifesto' con cui Meloni si era approcciata al summit. E manca del tutto un riferimento alla parola "solidarietà" quando di tratta di gestire gli arrivi: alla vigilia del summit, l'Italia ha rilanciato la proposta delle "ricollocazioni obbligatorie" dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. Ma a Bruxelles hanno fatto tutti orecchie da mercante. Anzi, seppur il testo finale "riconosce le specificità delle frontiere marittime", aspetto sottolineato come un passo avanti dagli ambienti italiani, si aggiunge subito dopo che questo riconoscimento vale "anche per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane, e sottolinea la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso". Solidarietà sì, ma per salvare i barconi alle deriva. Che, per paradosso, potrebbero aumentare di numero se i muri terrestri dovessero funzionare, costringendo i migranti a cercare rotte alternative nel Mediterraneo.

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