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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il summit

Draghi attacca la Germania: "Chi dice no al price cap fa salire i prezzi del gas"

Duro intervento del premier al suo ultimo vertice Ue. Lo scontro con i frugali è anche sul nuovo fondo comune per far fronte alla crisi energetica

Nomi non ne ha fatti, se non tra le righe. Ma è chiaro che l'intervento di Mario Draghi al suo ultimo vertice Ue da presidente del Consiglio è stato rivolto a un Paese in particolare: la Germania. Un intervento "nettissimo e forte", secondo quanto riporta l'Ansa, che è suonato come un atto di accusa contro chi sta bloccando da mesi una risposta congiunta dell'Europa alla crisi energetica. L'Italia e altri 14 Stati membri, tra cui Francia, Spagna e Polonia, chiedono un tetto al prezzo del gas importato. Ma la battaglia forse più importante è sulla misura finora rimasta nelle retrovie del dibattito pubblico, quella che porterebbe le lancette dell'orologio indietro al maggio 2020, quando in piena prima fase della pandemia l'Ue lanciò la prima parte del suo pacchetto anticrisi, il Sure.

Già, perché al netto di tutte le soluzioni tecniche che si possono trovare per contrastare i rincari energetici, la questione di fondo è che in Europa ci sono governi, come la Germania, che hanno le casse solide per aiutare le proprie imprese e famiglie. E altri, come l'Italia, il cui esborso in sussidi ha già raggiunto livelli prossimi all'insostenibilità, tanto più se il progressivo rialzo dei tassi di interesse della Bce (promosso con insistenza dai falchi tedeschi per contrastare l'inflazione) dovesse comportare contraccolpi al nostro debito pubblico.   

Draghi lo sa, e ha avvertito sul rischio "recessione", bacchettando anche la Commissione europea, che finora ha sposato la linea tedesca: nel suo intervento, il premier, citando le previsioni 'ottimistiche' degli esperti di Bruxelles, secondo cui i consumi di elettricità "caleranno" riducendo l'impatto dei prezzi alti, ha detto che "non c'è dubbio" che questo accadrà: caleranno a mano a mano che "andremo ulteriormente in recessione. Lo vedrete". Per il premier bisogna agire subito.

Occorre contenere i prezzi del gas, e per farlo la strada è quella del price cap: quando qualcuno "potente" dice di no al tetto al prezzo del gas, i prezzi "salgono", e questo ha già provocato "danni immensi", perché "abbiamo finanziato la guerra di Putin" e "provocato la recessione", ha ribadito. Parole che sono arrivate a poche ore dalle dichiarazioni del cancelliere Olaf Scholz, che ha detto esattamente il contrario, sostenendo che il price cap comporterebbe minori flussi di metano verso l'Europa, e di conseguenza farebbe risalire i prezzi. Una posizione, quella di Scholz, condivisa dall'Olanda del frugale Mark Rutte come dall'Ungheria del filo-russo Viktor Orban, ma anche dal nuovo leader delle forniture di gas via pipeline dell'Ue, ossia la Norvegia. 

L'intervento di Draghi, come dicemvamo, non si è esaurito qui. A chi, durante la discussione dei leader Ue, ha aperto la porta a un price cap sul modello iberico (ossia un tetto non sul gas importato, ma sull'elettricità rivenduta dalle centrali europee), il premier ha risposto che una soluzione del genere può anche andare bene, ma richiede uno sforzo di denaro pubblico non da poco: perché il prezzo calmierato è possibile, in questo modello, solo se lo Stato fornisce alle sue centrali elettriche delle compensazioni miliardarie. Come sta avvenendo per l'appunto in Spagna e Portogallo.   

E qui si torna al Sure: nell'Ue serve una "capacità comune" di raccolta, che metta i Paesi con meno spazio fiscale sullo stesso piano di gioco di quelli che hanno più mezzi, ha detto Draghi. Si tratta di tutelare il "mercato interno", e non di "solidarietà". Dovrebbe essere composto solo di "prestiti" e della dimensione di ciò che la Germania ha usato "per sé", ossia i 200 miliardi di euro che Berlino ha stanziato per far fronte alla crisi. E che secondo diversi Stati Ue rischia di favorire le imprese tedesche a danno di quelle dei Paesi che non godono della stessa potenza di fuoco. 

Sul Sure, i falchi di Berlino, come quelli degli altri governi frugali, hanno già elevato un muro. La Commissione europea è divisa al suo interno, e per ora Bruxelles si è tenuta alla larga da inserire una proposta del genere nel pacchetto anticrisi. Lo stallo prosegue, e molto probabilmente la patata bollente passerà nelle mani del prossimo governo italiano. Draghi ha avvisato che senza una soluzione comune, si rischia la "vittoria di Putin". E ha anche caldeggiato un futuro in cui l'Italia potrebbe seguire "la sua strada" sull'energia: facendo "qualche sforzo", ha detto, il nostro Paese potrebbe diventare "totalmente indipendente" sia dal gas russo che da quello proveniente dall'Europa del Nord. 

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