Filmare donne che urinano e pubblicarle su siti porno non è reato, almeno in Spagna
La sentenza, che archivia il caso rigettando l’istanza di appello, è stata ampiamente criticata dalla società civile e dal mondo politico
Ha suscitato un’ondata di indignazione la decisione di un giudice spagnolo di archiviare un’inchiesta sulla diffusione di filmati che ritraevano delle donne mentre urinavano per strada, finiti anche su siti porno a pagamento. Le vittime erano state riprese con telecamere nascoste e i video, in cui si vedevano chiaramente sia i loro volti che le loro parti intime, sono stati diffusi in rete. Ma per il giudice, visto che le donne si trovavano per strada e non in luoghi al chiuso, non c'è stata nessuna violazione della privacy e quindi nessun reato.
I filmati incriminati
La vicenda risale all'agosto del 2019 quando a Cervo, in Galizia, durante le celebrazioni di A Maruxaina, una partecipatissima festività locale, a causa della mancanza di servizi igienici disponibili diverse donne hanno urinato per strada. Alcune telecamere nascoste hanno ripreso la scena, spesso inquadrando da vicino il volto e i genitali delle donne (anche molto giovani). Non è noto chi sia stato a effettuare le riprese, ma alcuni di questi filmati, che in totale sarebbero 80, sono poi finiti anche su siti pornografici, anche a pagamento. Una volta scoperto l’accaduto, l’anno scorso molte delle donne coinvolte hanno intentato un’azione legale chiedendo che venisse aperta un’indagine sui filmati in questione. Secondo le promotrici della causa, quelle immagini (e la loro diffusione non autorizzata) violavano il diritto alla privacy delle persone in esse ritratte. “Stavo andando nel panico”, ha dichiarato Jenniffer, una delle donne il cui volto è finito in rete, parlando alla Bbc. Quando una persona a lei vicina le ha segnalato il video, “piangevo, ero davvero imbarazzata, non sapevo cosa fare”. Jenniffer, come tante altre delle donne immortalate nelle riprese, ha dovuto ricorrere a terapia per elaborare l’accaduto.
La sentenza del tribunale
Ma il giudice Pablo Munoz Vazquez, che già l’anno scorso aveva archiviato il caso in primo grado, non ha cambiato idea e ha così rigettato la richiesta d’appello dell’associazione femminista Bumei, che chiedeva la riapertura delle indagini. Come riporta l'Independent, secondo il magistrato, dal momento che le riprese erano state effettuate in un luogo pubblico, non costituiscono reato penale, ma tutt’al più un illecito civile. Sugli atti processuali si legge inoltre che il giudice ha stabilito l’assenza dell’intenzione “di violare la resistenza fisica e morale” delle donne coinvolte, il che impedisce di apprezzare un vero attentato all’integrità morale delle stesse. La procura, dal canto suo, ha fatto appello in Cassazione contro la sentenza, sostenendo che “il diritto fondamentale alla privacy individuale non è un diritto che si esercita esclusivamente nei luoghi privati o chiusi, ma un diritto dal contenuto ampio che ogni persona porta sempre con sé”.
La reazione dei gruppi femministi
“Mi fa sentire così frustrata”, ha commentato a caldo Jenniffer: “In pratica stanno dicendo che va tutto bene se qualcuno ti riprende per strada e poi pubblica il filmato su un sito porno e ci guadagna pure”. La sentenza ha innescato un’ondata di indignazione nel paese: ci sono state diverse manifestazioni di solidarietà nei confronti delle donne in questione e si è anche attivata una campagna online con l’hashtag #XustizaMaruxaina (“giustizia Maruxaina”). María del Mar Fraga, presidente di Bumei, ha dichiarato a El Pais: “Non desisteremo dal nostro impegno. Tutto quello che chiediamo è che sia fatta giustizia e che questi eventi non restino impuniti perché si creerebbe un precedente pericolosissimo”. “Solo perché ti trovi in uno spazio pubblico non significa che filmare immagini intime per poi distribuirle non sia un atto criminale, perché questo riguarda i diritti fondamentali”, ha aggiunto Ana Garcia, portavoce dell’associazione.
Il caso politico
Naturalmente, il “caso Maruxaina” non è rimasto fuori dai radar del dibattito politico, dove il tema dei diritti delle donne è molto caldo negli ultimi tempi. Il ministro dell’uguaglianza, Irene Montero, ha commentato in questi termini la vicenda su Twitter: “Una donna per strada o in un luogo pubblico continua ad avere intatto il proprio diritto alla privacy. Scattare foto ad una donna senza il suo consenso e diffonderle è violenza sessuale. I progressi nei diritti delle donne devono essere applicati da tutti i poteri dello stato”. María Jesús Lorenzana, ministro dell’impiego e dell’uguaglianza alla giunta regionale della Galizia, ha espresso un netto rifiuto della sentenza, sostenendo che l’intero episodio “danneggia la dignità e la privacy delle donne”.