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Venerdì, 29 Marzo 2024
Strasburgo

Tre donne e un uomo per la successione di Sassoli: ecco chi sono i candidati alla presidenza del Parlamento europeo

Secondo i bookmaker, la favorita è l'esponente del Ppe Roberta Metsola. Ma le sue posizioni antiabortiste potrebbero far salire le chance della sfidante dei Verdi

La prossima settimana il Parlamento europeo eleggerà il suo nuovo presidente. Che con molta probabilità sarà "una" presidente. Già, perché dei quattro candidati a prendere il posto di David Sassoli, scomparso a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, ben tre sono donne. E una di queste, la popolare Roberta Metsola, è accreditata come favorita. L’unico candidato maschile, al momento, è quello dei Conservatori e riformisti (Ecr), il polacco Kosma Złotowski.

Roberta Metsola

Come dicevamo, Metsola, 42enne di Malta, è considerata dai più il nome ampiamente favorito per succedere a Sassoli. È stata scelta dal suo gruppo, il Ppe (il Partito popolare europeo, di centrodestra), come candidata alla presidenza lo scorso novembre. I popolari sono convinti che sia la candidata migliore per tenere insieme il gruppo, alle prese da tempo con le tensioni tra centristi moderati e l'area più vicina agli ex colleghi di Fidesz, il partito del leader ungherese Viktor Orban.

Donna, giovane, conosciuta e benvista da un gran numero di eurodeputati e proveniente da un piccolo Paese del Sud quando tutte le posizioni apicali sono in mano agli Stati più grandi (o fondatori) dell’Ue: le carte in regola Metsola parrebbe averle tutte. Quello che le viene contestato, semmai, è la sua posizione contraria all'aborto, che le potrebbe creare dei problemi con liberali e socialisti, le due forze che, in seguito agli accordi siglati a inizio legislatura, dovrebbero sostenere la sua candidatura. 

Il nodo aborto

Su questo punto, Metsola ha sviato le polemiche sostenendo che l'aborto è una questione nazionale, e non europea. E che da presidente terrà conto delle posizioni di tutta l'Aula, e non solo degli antiabortisti come lei.  “Quest’elezione non riguarda la politica e i partiti, ma riguarda l’istituzione”, ha dichiarato a sua difesa Manfred Weber, leader del Ppe, aggiungendo che Metsola “ha un’idea chiara del ruolo presidenziale, di cos’è questa istituzione e di cosa va fatto nei prossimi due anni e mezzo”. E si è detto sicuro delle sue chance di vittoria.

Dal canto suo, Metsola ha rimarcato il proprio lavoro come “costruttrice di maggioranze”: “Quello che ho fatto fin qui è di guardarmi intorno per colleghi deputati intenzionati a costruire quella maggioranza centrista pro-Ue, come ho fatto nelle commissioni Libe e Envi e nel bureau della presidenza da vice-presidente”. Se eletta, sarebbe la terza donna a presiedere l’Eurocamera e la più giovane presidente di sempre. Si tratta di una figura chiave nel Ppe, e dunque nell’intero emiciclo, che ha seguito da vicino molti dossier fondamentali nelle ultime due legislature. Inoltre, ha lavorato attivamente perché il suo Paese entrasse nell’Ue (2004) e nel 2002, a soli 22 anni, ha presieduto la Convenzione dei giovani sul futuro dell’Europa, assistendo da una posizione privilegiata alla stesura del mai ratificato Trattato costituzionale (2004) e del Trattato di Lisbona (2007).

L’alleanza agli sgoccioli?

Come dicevamo, a inizio legislatura, popolari, socialisti e liberali (i tre maggiori gruppi all’Europarlamento) hanno siglato un patto politico per spartirsi le cariche. Secondo i termini dell’accordo, i socialisti avrebbero guidato l’assemblea di Strasburgo per i primi due anni e mezzo, per cedere poi il passo al Ppe. È stato questo accordo a insediare Sassoli alla presidenza, e ora i popolari vogliono che venga onorato fino in fondo. Da parte loro, i liberali di Renew Europe hanno confermato che si atterranno alla decisione presa nell’estate del 2019 (dunque sostenendo Metsola).

Ma non è ancora chiaro cosa intendano fare i socialisti, che contano sul secondo gruppo per numero di eurodeputati: verso la fine dell’anno scorso, pareva che volessero proporre un proprio candidato, stracciando di fatto il patto con i popolari. Si era parlato di una ricandidatura dello stesso Sassoli, che aveva però successivamente smentito perché non voleva spaccare l’alleanza europeista. Mentre ora la leader del gruppo, Iratxe García Pérez, dichiara che “nulla è ancora deciso, dunque ogni scelta è aperta”, sottolineando che la decisione verrà presa direttamente a Strasburgo, lunedì prossimo. E qui entrano in gioco gli altri candidati.

Sira Rego

I malpancisti tra i socialisti (ma anche tra i liberali) potrebbero dirigere i loro voti su altre due candidate. La prima è Sira Rego, scelta dalla Sinistra unitaria europea (Gue/Ngl) a inizio dicembre dello scorso anno. Per Rego, che proviene dalle fila della sinistra spagnola, le priorità dell’Eurocamera sono il contrasto alla "crescita dell’estrema destra" e "alla sua guerra contro i diritti umani" e "la crisi eco-sociale”. Rego è stata chiara su come intende affrontarle: “La risposta a queste sfide è il femminismo, l’ambientalismo, i servizi pubblici, lo Stato sociale, e l’impiego di qualità. Per ottenere tutto questo, abbiamo bisogno di istituzioni europee riformate e di un diverso tipo di governance in Europa”.

La 48enne è una new entry a Strasburgo ma non è per nulla alla sua prima esperienza con la politica: attivista da quando ha 20 anni, femminista della prima ora, è stata tra le altre cose consigliera locale a Rivas Vaciamadrid, dove si è occupata di sostenibilità, mobilità, ambiente ed edilizia. “Ogni giorno vediamo come la politica migratoria, la politica contro le donne, la politica contro la comunità Lgbti, e la demolizione dello Stato sociale sono una realtà in Europa. Ci serve una risposta collettiva. Una risposta che offra un futuro, che dia speranza, che mobiliti le persone”, ha dichiarato.

Alice Bah Kuhnke

Se Rego può essere un nome "rifugio" per alcuni deputati, i bookmaker del Parlamento pensano che se c'è davvero qualcuno che può impensierire Metsola, quella è Alice Bah Kuhnke. Candidata dai Verdi (Greens/Efa), Kuhnke ha 50 anni, è nata a Malmo (Svezia). Anche lei ha debuttato come eurodeputata in questa legislatura, ma può far leva sul suo curriculum, dove, oltre agli incarichi di direttrice generale dell’Agenzia svedese per la gioventù e la società civile e di segretaria generale per Fairtrade Sweden, può vantare un'esperienza da ministra per la Cultura e la democrazia, che le ha permesso di lavorare a stretto contatto con le istituzioni Ue. 

Accettando la nomina, Kuhnke ha affermato di volersi porre in continuità con il lavoro svolto da Sassoli: “Lo ricorderemo come una voce per la solidarietà, la giustizia, la democrazia e un’Europa più forte. Presento la mia candidatura sapendo che l’eredità di David Sassoli di supporto per la democrazia parlamentare europea dev’essere rispettata e deve durare”. E ha aggiunto: “Noi nel gruppo dei Verdi siamo per un’Europa femminista, sostenibile e democratica e facciamo appello a tutti gli eurodeputati per sostenere questi princìpi. La crisi climatica è troppo urgente, la minaccia alla biodiversità, alle nostre foreste e ai nostri oceani è troppo seria per non agire ora. Il Parlamento europeo deve lavorare con i suoi cittadini per costruire insieme un futuro sostenibile e inclusivo”.

Nel nome di Sassoli

Il richiamo a Sassoli, dicono a Bruxelles e Strasburgo, potrebbe funzionare per attrarre pezzi di quella "maggioranza Ursula" che si è formata al Parlamento Ue dopo le ultime elezioni europee (e che ha eletto per l'appunto Ursula von der Leyen alla presidenza). Una maggioranza che, si è visto in questi due anni e mezzo, è stata a geometrie variabili, allargandosi una volta sul campo progressista (ossia ai Verdi stessi), e dall'altro a quello conservatore (l'Ecr, il gruppo di cui fa parte Fratelli d'Italia). Kuhnke, dunque, a differenza di Rego, non è una candidata "anti sistema" e questo potrebbe aiutarla a raccogliere consensi tra socialisti e liberali. E c'è chi dice anche tra i popolari. 

A sua volta, Metsola deve guardarsi alla sua destra, vista la candidatura del polacco Kosma Złotowski. La nazionalità del candidato Ecr non è casuale: è nota la posizione della Polonia negli equilibri Ue. Su Złotowski dovrebbero convergere anche i voti dell'altro grande gruppo di destra del Parlamento, quello di Identità e democrazia (Id) guidato dalla Lega. Tra i due gruppi (Ecr e Id), o meglio tra pezzi dei due gruppi, sono da tempo attivi i colloqui per un'eventuale fusione e la creazione di un maxi-gruppo di destra capace di rompere la storica grande alleanza a tre che ha retto finora l'Ue: popolari, socialisti e liberali.

Metsola potrebbe sventolare proprio questo rischio per convincere i malpancisti della maggioranza Ursula: scegliete me, o la deriva verso destra dei popolari sarà inevitabile. E in questo caso, il condizionale non è poi così d'obbligo. 

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