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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il giallo / Russia

Ondata di dimissioni eccellenti in Russia: cinque governatori lasciano il posto

Non è chiaro se si siano ritirati volontariamente, in polemica contro le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina, oppure se siano stati sospesi da Mosca

Fa scalpore l’ondata di dimissioni di governatori regionali in Russia, anche se non è chiaro quali siano le reali motivazioni. Il dubbio è se si tratti di una scelta libera di protesta contro il prolungarsi della guerra in Ucraina oppure se siano stati rimossi dal Cremlino per mancanza di lealtà o altre ragioni.

Gli aggiornamenti della guerra in diretta

Come riportato dal Welt, nella giornata di martedì sono stati cinque i governatori ad annunciare che si dimetteranno o, quantomeno, che non cercheranno un nuovo mandato. I primi sono stati Sergei Shyachkin e Igor Vasilyey, rispettivamente a capo delle oblast’ di Tomsk (in Siberia) e di Kirov (a est di Mosca). Dopo di loro è stato il turno di Valery Radayev, a guida della provincia di Saratov (al confine con il Kazakistan), e di Alexander Yevstifeyev, capo della Repubblica autonoma di Mari El (lungo il corso del Volga), mentre Nikolai Lyubimov, governatore di Ryazan (a sud-est della capitale), ha chiuso il cerchio dichiarando di non essere intenzionato a ricandidarsi.

La Russia è composta da oltre 80 cosiddetti soggetti federali, cioè diverse entità territoriali ed amministrative (province, regioni, territori e repubbliche autonome) che costituiscono la Federazione e sono elencati nella Costituzione. Dal 2014, anche la repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli sono entrate a far parte della lista, che si è così ufficialmente allungata a 85 enti, ma la comunità internazionale continua a ritenerle parte dell’Ucraina occupata illegalmente.

Come motivazioni ufficiali, i governatori dimissionari hanno addotto l’età (hanno tutti tra i 50 e i 65 anni) e la volontà di lasciar posto ad amministratori più giovani, soprattutto chi, come Radayev, occupava la carica da una decina d’anni. Ma queste giustificazioni non sono state sufficienti per evitare che gli annunci provocassero stupore nella cittadinanza e innescassero speculazioni di vario genere.

In diversi canali Telegram, ad esempio, molti utenti si sono chiesti se i capi degli oblast’ abbiano fatto un passo indietro deliberatamente, in polemica contro la “operazione militare speciale” che dura ormai da due mesi e mezzo e le sue ricadute economiche sulle rispettive regioni. A causa delle sanzioni occidentali, infatti, ci sono stati licenziamenti di lavoratori in molte aree della Russia, comprese quelle elencate.

Una possibile lettura, quindi, vedrebbe questi governatori come critici nei confronti della linea del Cremlino, o comunque non intenzionati a prendersi la responsabilità di guidare le proprie amministrazioni nella prospettiva, sempre più probabile, di un conflitto prolungato nel tempo. Ma c’è anche un’altra possibilità: che siano stati rimossi dall’altro, direttamente da Mosca, magari proprio per una percepita slealtà verso il presidente Vladimir Putin e la sua guerra in Ucraina. Ma come spesso accade quando si parla di Russia, al momento non è possibile verificare le reali ragioni dell’accaduto.

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