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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Il "patto del cavoletto" tra Pd e M5s spacca il governo. E ora la Lega teme per il 'suo' commissario

I 5 stelle, decisivi per l'elezione di von der Leyen, tornano in corsa per la scelta dell'esponente di governo che dovrà essere proposto alla nuova presidente dell'Esecutivo Ue. E potrebbero far leva sulle alleanze trasversali a Strasburgo. Comprese quelle con i dem

Fino all'ultimo, si sono tenuti le mani libere nella speranza di essere decisivi, in contrasto con la scelta ufficiale del gruppo di cui sono primo azionista, e di ottenere delle garanzie sulla nomina del futuro commissario in quota Italia. Ma quando hanno capito che le loro 28 preferenze non avrebbero cambiato l'esito del voto, e che anzi avrebbero solo dato maggiore consistenza all'elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue, gli eurodeputati leghisti hanno sciolto le riserve, tornando nei ranghi dell'opposizione. E di fatto bocciando la scelta fatta poche settimane fa a Bruxelles dal loro stesso governo, per la precisione dal premier Giuseppe Conte. Ecco perché il voto di ieri a Strasburgo ha aperto inevitabilmente una nuova frattura tra il Carroccio e il M5s. Con tanto di sospetti di inciucio pentastellato con il Pd. 

Un inciucio che l'europarlamentare leghista Antonio Rinaldi ha ribattezzato il "patto del cavoletto" (con riferimento al tipico ortaggio di Bruxelles). Il sospetto che tra democratici e 5 stelle, almeno in Europa, ci fosse un'intesa trasversale era già emerso nel corso dell'elezione delle principali cariche del Parlamento europeo. Prima la nomina del dem David Sassoli a presidente dell'Eurocamera, al quale erano mancati i voti di una parte consistente della maggioranza di riferimento, quella composta da popolari del Ppe, dai socialisti del S&D e dai liberali di Renew Europe: insieme, queste tre forze, contano su 444 eurodeputati. Al primo turno, Sassoli ebbe 325 preferenze, 7 in meno della soglia necessaria. Al secondo turno, divennero 345, consentendogli l'elezione. E qualcuno sospetto' che nel secondo pacchetto di voti ci fossero anche quelli del M5s. 

La conferma indiretta, sempre secondo le voci di corridoio, arrivo' il giorno dopo, quando il Parlamento voto' per i vicepresidenti. Almeno uno di loro, secondo il metodo d'Hondt con cui solitamente vengono spartire le cariche principali dell'Eurocamera, sarebbe dovuto spettare a Identità e democrazia, il gruppo della Lega. Tanto che il Carroccio candido' la sua ex capodelegazione Mara Bizzotto. Non avendo un gruppo di riferimento, i 5 stelle non avrebbero dovuto ottenere cariche. E invece, a sorpresa, l'Aula boccio' la Bizzotto preferendole il pentastellato Fabio Massimo Castaldo. Cui andarono i voti dei socialisti, ossia del gruppo del Pd. 

Ma la vera beffa per la Lega è arrivata con l'elezione di von der Leyen. Stando agli accordi di governo, il Carroccio avrebbe dovuto sostenere la donna scelta dal premier Conte dopo estenuanti trattative con gli altri leader Ue. Ma in cambio del suo appoggio, Matteo Salvini ha chiesto garanzie sul commissario europeo in quota italiana. Stando all'esito delle europee, infatti, dovrebbe spettare alla Lega la scelta del nome da proporre a von der Leyen, ma il cosiddetto 'cordone sanitario' che le forze europeiste hanno stretto intorno ai sovranisti (tenendoli fuori da qualsiasi carica dell'Eurocamera) sta creando non poche preoccupazioni al leader leghista. 

Per la nomina dei commissari, infatti, non basta solo l'ok della presidente, ma anche il voto di fiducia del Parlamento europeo. E per quanto si è visto finora, senza un aiuto dei popolari, il partito di von der Leyen, e di almeno una parte dei liberali, il Carroccio non ha i numeri per superare lo scoglio di Strasburgo. Ecco perché fino all'ultimo, la pattuglia leghista, guidata dal neo ministri degli Affari europei, Lorenzo Fontana (arrivato nella città francese nelle ore calde dei negoziati finali), ha cercato di entrare nel patto di maggioranza che, per soli 9 voti, ha eletto l'ormai ex ministra tedesca. 

I leghisti volevano essere ago della bilancia, ma l'appoggio ufficiale del M5s e dei suoi 14 eurodeputati ha reso vano il tentativo del Carroccio. "È gravissimo il voto europeo: Von der Leyen passa grazie all'asse Merkel, Macron, Renzi, 5stelle. Avrebbe potuto essere una svolta storica: la Lega è stata coerente con le posizioni espresse finora, ha tenuto fede al patto con gli elettori e difende l'interesse nazionale", ha scritto in una nota la delegazione europea della Lega subito dopo il voto. 

Parole in netto contrasto con quelle del premier Conte, che ha salutato l'elezione di von der Leyen come "un inizio incoraggiante" e ha assicurato che potrà contare sull'impegno del governo italiano. Dura la replica alle accuse leghiste dei 5 stelle: "Se la Lega vuole lamentarsi con qualcuno, lo facesse con i suoi alleati sovranisti, visto che Orban e Kacinsky l'hanno votata. Mentre fanno finta di smarcarsi dalla von der Leyen, ora chiedono che venga nominato un leghista come vice della von der Leyen. Avete capito bene: il vice presidente della Commissione vorrebbero fosse un leghista. Ma a questo punto, se questi sono i brutti e cattivi, lo sono sempre. Abbiano coerenza almeno in questo", si legge in una nota del Movimento.  

La partita vera, dunque, è quella del commissario italiano. La Lega vuole imporre un suo esponente e avere un portafoglio economico, Concorrenza o Commercio. I 5 stelle, dopo la batosta elettorale, sembravano ormai avere ceduto il timone di comando sul tema, ma adesso potranno far valere due punti a loro favore: quello di essere stati decisivi per l'elezione di von der Leyen e di avere dimostrato, anche con la nomina di Castaldo, di avere un tessuto di relazioni dentro l'Eurocamera che puo' supportare l'eventuale candidato italiano. Coinvolgendo anche il Pd. 

Ecco perché, alla fine, il governo potrebbe proporre un nome che non sia riconducibile a uno dei due partiti di governo. Da tempo, circola l'ipotesi del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Che proprio il giorno prima dell'elezione della neo presidente della Commissione, aveva portato a Bruxelles la proposta italiana per superare lo stallo europeo sulla gestione dei migranti, con al centro l'istituzione di corridoi umanitari e il superamento delle regole di Dublino. Due punti che von der Leyen ha fatto propri nel suo discorso programmatico al Parlamento Ue. 

Nel suo curriculum, Moavero vanta grande esperienza europea: capo di gabinetto dell'allora commissario Ue Mario Monti, è stato ministro degli Affari europei sia con lo stesso Monti, che con il dem Enrico Letta. Difficile pensare che un nome del genere venga bocciato dall'Aula di Strasburgo. 

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