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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Dietro la lettera di Bruxelles all'Italia, il rischio di 10 miliardi di tagli all'anno

A tanto ammonterebbe l'aggiustamento dei conti per il nostro paese qualora la Commissione Ue dovesse avviare una procedura per l'alto debito pubblico. La decisione rinviata alla prossima primavera. Era già successo nel 2009, quando al governo c'era Berlusconi

La Commissione europea è tornata a scrivere all'Italia per chiedere di aggiustare la manovra varata dal governo (e adesso al vaglio del Parlamento) per il 2018. Una modifica dello 0,2 per cento del Pil, pari a circa 3,5 miliardi. Senza la quale, a partire dalla prossima primavera, Roma potrebbe ritrovarsi di nuovo sotto procedura per deficit eccessivo. Che tradotto in tagli alla spesa pubblica, significherebbe 10 miliardi in meno all'anno. Una tegola non da poco per il governo che dovrà gestire la eventuale nuova patata bollente.

Il problema del debito pubblico 

Ma andiamo per gradi. Il problema di fondo è l'elevato debito pubblico italiano, che secondo i patti con Bruxelles sarebbe dovuto calare in questi ultimi anni e che invece è tornato a crescere, anche se di poco: è passato al 132,1% nel 2017 e dovrebbe scendere, ma solo leggermente,  al 130,8% nel prossimo anno. Per questa ragione, l'Esecutivo Ue potrebbe avviare una procedura contro l'Italia. Era già successo nel 2009 e per il nostro paese arrivarono anni di tagli alla spesa pubblica e riforme che hanno pesato non poco sulle famiglie e sulle imprese. Anni di instabilità politica, con la caduta del governo Berlusconi e l'arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi.

Gli anni del commissariamento

La fine di quello che per molti fu un vero e proprio “commissariamento” dell'Italia da parte di Bruxelles arrivo' nel 2013, quando la Commissione decise lo stop alla procedura. Ma a una condizione: Roma avrebbe dovuto ridurre il suo debito pubblico in modo consistente negli anni a venire. Cosa che non è accaduta. Già nel 2015, l'Italia rischio' l'attivazione di una nuova procedura, ma, complice anche il quadro politico più solido (l'arrivo di Renzi a Chigi, la netta affermazione del Pd alle elezioni Europee a fronte della crescita dei populismi negli Stati membri), l'Ue decise di rinviare qualsiasi decisione e di accordare, per il 2016, una serie di flessibilità giustificate dalla scia di terremoti e dallo scoppio della crisi migratoria. 

Perché l'Italia rischia una nuova procedura

Ed è proprio su questa fase che la lettera della Commissione europea torna ad accendere i riflettori:  il rispetto degli obiettivi di bilancio del 2017, sulla base dei quali era stata concessa la flessibilità per il 2016 ed era stata presa la decisione di non aprire una procedura per i conti 2015, “ora appare a rischio”. In altre parole, l'Ue teme che i patti non verranno rispettati: Bruxelles, stando a quanto fa intendere, era stata “magnanima” con il nostro paese dopo gli sforzi e l'impegno del governo Monti. E ha continuato a esserlo anche dopo, vuoi per ridare fiato alla crescita, vuoi per i terremoti e i migranti. Ma adesso la pazienza potrebbe finire, avverte tra le righe. Anche perché per il 2018 la situazione economica italiana potrebbe essere peggiore di quanto finora previsto: una crescita nominale meno sostenuta, un rallentamento sulle privatizzazioni, possibili nuove operazioni di sostegno al settore bancario (si veda il caso Carige) e l'alto numero di crediti vantati dalle imprese con la pubblica amministrazione. Sono i “rischi” per l'economia italiana messi nero su bianco dalla Commissione nella missiva inviata a Padoan. 

La "patata bollente" e il nuovo governo

Il governo ha ora due strade davanti: convincere il Parlamento che il taglio di 3,5 miliardi non puo' essere rinviato, o tenere botta nel braccio di ferro con Bruxelles. In questo secondo caso, la patata bollente verrebbe passata al prossimo esecutivo. 

L'Ue ha infatti specificato che qualsiasi decisione sull'attivazione di una procedura verrà presa la prossima primavera, ossia dopo le elezioni. Se in quel caso deciderà di usare le maniere forti, l'Italia potrebbe ritrovarsi nuovamente “commissariata”, con molti meno margini di manovra e soprattutto con l'obbligo di un aggiustamento dei conti dello 0,6% all'anno: che in euro ammonta a circa 10 miliardi. Sarebbe come tornare indietro al 2009. All'epoca, a Chigi c'era Berlusconi. 

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