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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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La sinistra danese sposa la linea dura sull'immigrazione, e potrebbe vincere

Il partito socialdemocratico ha appoggiato alcune delle misure volute dall'attuale governo conservatore, e avrebbe così conquistato parte dei voti delle formazioni di destra, promettendo però anche la fine dell'austerità e più spesa sociale

Quello della gestione dei flussi migratori è un tema centrale ormai non solo nella politica italiana, ma in quella di tutti i Paesi europei. In Danimarca, dove domani i cittadini si recheranno alle urne, il centrosinistra potrebbe tornare al potere proprio per aver abbracciato al linea dura che solitamente è appannaggio delle destre. Come riporta il The Guardian, l'ultima rilevazione dà i socialdemocratici della leader Mette Frederiksen in testa nei sondaggi con il 27% delle preferenze, e con il “blocco rosso” degli altri partiti di sinistra della coalizione nel complesso potrebbe arrivare ad ottenere il 55%. I Liberali, formazione conservatrice del premier uscente Lokke Rasmussen, non andrebbero oltre il 18%, mentre l'ultradestra del Partito del Popolo (Dpp) si fermerebbe addirittura all'11%, la metà dei consensi ottenuti nelle elezioni del 2105 e una ripetizione del deludente risultato delle recentissime europee.

Voti rubati all'ultradestra

Proprio parte degli elettori del Dpp si sarebbero rivolti di nuovo ai socialdemocratici dopo che questi hanno appoggiato le dure misure sull'immigrazione affermando che fossero necessarie per proteggere il sistema sociale del Paese ma anche per facilitare l'integrazione degli immigrati e rifugiati già presenti sul territorio. "Non sei una persona cattiva solo perché sei preoccupata per l'immigrazione", ha detto Frederiksen in un dibattito all'inizio di questo mese. Fece scalpore lo scorso anno la decisione del governo di creare un centro di detenzione ed espulsione per irregolari su un'isola, allo scopo di tenere i migranti lontani dalla popolazione locale.

Più spesa sociale

Frederikssen non si è però limitata a chiedere una gestione più rigorosa dei flussi, ma si è però anche impegnata ad aumentare la spesa pubblica per il welfare dello 0,8% nei prossimi cinque anni, il che metterebbe fine ad un decennio di tagli. Tagli che hanno portato dal 2008 ad oggi alla chiusura di un quinto degli ospedali pubblici, a una diminuzione della qualità del servizio secondo i cittadini, nonché alla chiusura del 20% delle scuole pubbliche. Anche altre spese legate alle cure e alle residenze per gli anziani sono scese del 25%.

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