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Sabato, 20 Aprile 2024
Diritti / Bulgaria

La Corte Ue "obbliga" la Bulgaria a riconoscere la figlia di una coppia dello stesso sesso

La sentenza sul caso di una bambina di 2 anni cui Sofia aveva negato la carta d'identità. Ferrara (M5s): "Monito anche per l'Italia"

La Bulgaria deve riconoscere la figlia di due donne anche se la sua legislazione non lo provede. È quanto ha stabilito la Corte di giustizia europea con una sentenza che obbliga Sofia a rilasciare un documento di identità e un passaporto a una bambina di 2 anni, nata in Spagna da madre bulgara. 

La sentenza arriva in seguito al ricorso presentato dalle due madri: dopo essersi sposate e avere avuto una figlia nel 2019, la famiglia si è trasferita in Bulgaria. Poiché la bambina aveva un regolare certificato di nascita rilasciato dalle autorità spagnole, che riconosce le due donne come genitori, la coppia ha richiesto al Comune di Sofia il rilascio di un documento di identità per la piccola. Le autorità della Capitale bulgara hanno però respinto la richiesta, in quanto per ottenere il documento è necessario avere un certificato di nascita che indichi un padre e una madre, e non due persone dello stesso. Cosa che la Bulgaria non prevede nella sua normativa. 

La Corte Ue ha ritenuto le motivazioni dell'amministrazione di Sofia non in linea con il diritto europeo. Nella sentenza, i giudici di Lussemburgo hanno ricordato che "nel caso di un minore, cittadino dell’Unione, il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro ospitante designi come suoi genitori due persone dello stesso sesso, lo Stato membro di cui tale minore è cittadino è tenuto, da un lato, a rilasciargli una carta d’identità o un passaporto, senza esigere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle sue autorità nazionali e, dall’altro, a riconoscere, come ogni altro Stato membro, il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente a detto minore di esercitare, con ciascuna di tali due persone, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri", si legge in una nota.

La Corte Ue non entra nel merito del riconoscimento dei matrimoni tra coppie dello stesso sesso, ma afferma che se un minore è riconosciuto come figlio di due donne o di due uomini in uno Stato membro dell'Ue, questo deve valere in tutti gli altri Paesi del blocco, in modo di consentire alla famiglia e allo stesso bambino la possibilità di circolare liberamente in Europa. 

“Ancora una volta è la Corte di giustizia europea a dover intervenire per far rispettare i più elementari valori europei in molti Stati che, invece, per ragioni propagandistiche o di arretratezza culturale non hanno ancora leggi all’altezza dei Trattati europei - dice Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle -  Questa sentenza rappresenta, inoltre, un monito per tanti Comuni italiani e che non possono ignorare che i diritti dei bambini devono essere primari e superiori a qualsiasi altra battaglia di tipo politico e ideologico", conclude. 

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