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Giovedì, 18 Aprile 2024
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I controlli alle frontiere italiane di Francia e Austria? Ci sono già costati 50 miliardi

Introdotti da Parigi e Vienna per l’allerta terrorismo e in piena crisi dei migranti, secondo una relazione del Parlamento europeo rappresentano un pesante costo per i contribuenti e l’economia, oltre che una violazione di Schengen: “Non sono né necessari, né proporzionati e sono dunque illegittimi”. Critiche anche a Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia

Finora ci sono costati tra i 25 e i 50 miliardi di euro in due anni. E questo solo per il ripristino dei controlli alle frontiere da parte di Francia, Austria, Germania, Svezia, Danimarca e Norvegia. Se tutti gli altri membri dell’area Schengen seguissero il loro esempio, il costo arriverebbe a 230 miliardi in 10 anni. E’ il caro prezzo che i contribuenti e l’economia europei rischierebbero di pagare se, da domani, tutti i 26 paesi Schengen (22 Ue a cui si aggiungono Svizzera, Liechtenstein, Islanda e Norvegia) rialzassero i muri doganali alle frontiere interne. 

A denunciarlo è il Parlamento europeo, che ha approvato una relazione in cui si condannano “il continuo ripristino dei controlli alle frontiere interne causate dell’inadeguatezza dell’attuale sistema comune europeo di asilo e dalla mancanza di volontà politica, solidarietà e ripartizione delle responsabilità”. In altre parole, dalla mancanza di quella riforma delle regole di Dublino sui richiedenti asilo che paesi come Italia e Grecia chiedono a gran voce, ma che rischia di restare un miraggio.

La questione delle regole di Dublino

Sempre il Parlamento europeo ha sostenuto una posizione sulla riforma in cui si chiede di istituire un meccanismo automatico di ricollocamento dei richiedenti asilo: chi arriva in Italia e chiede di voler presentare la sua domanda d’asilo in Germania o Francia, verrebbe in poco tempo trasferito nel paese indicato. Una soluzione che alleggerirebbe notevolmente il peso degli arrivi di migranti nei paesi di primo approdo, come per l’appunto il nostro. La proposta dell’Eurocamera (che ha visto schierati sullo stesso fronte M5s, Pd e Forza Italia) verrà vagliata a fine giugno dagli Stati membri. Ma appare chiarissimo già oggi che la strada è in salita. 

C’è il blocco dei paesi di Visegrad, ossia Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica ceca, che si oppone. Ma anche Austria e Francia non sembrano propense a seguire le richieste del Parlamento e dell’Italia. Del resto, proprio Parigi e Vienna sono tra gli Stati che hanno ripristinato i controlli alle frontiere contro cui puntano il dito gli eurodeputati e che di fatto sono serviti anche a “fermare” i migranti provenienti dall’Italia, come il caso di Bardonecchia ha evidenziato.

Ripristinare la fiducia

Il Parlamento europeo ritiene che tali controlli “non sono né necessari, né proporzionati e sono dunque illegittimi”. I deputati condannano inoltre qualsiasi costruzione di barriere fisiche, comprese recinzioni, tra gli Stati membri.
Quello che serve, si legge nella relazione adottata a Strasburgo, è ripristinare la fiducia in Schengen. Come? 

I punti principali messi nero su bianco dal Parlamento sono:

  • Una risposta efficace dell’Unione alle operazioni di ricerca e salvataggio in mare per salvare vite umane
  • Garantire da parte della autorità nazionali delle procedure di rimpatrio rapide ed efficaci, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali
  • Eseguire una decisione di rimpatrio presa da un altro Stato membro, piuttosto che rinviare un immigrato irregolare nel primo Stato membro che l’ha emessa
  • Garantire infrastrutture, alloggi e condizioni di vita adeguati per tutti i richiedenti asilo, specialmente per minori non accompagnati e famiglie con minori, così come donne in situazioni vulnerabili
  • Riformare il sistema d’informazione Schengen (SIS) sulle seguenti questioni: protezione dei minori a rischio o scomparsi, scambio immediato di informazioni sul terrorismo e sulle decisioni di rimpatrio.

I deputati sottolineano inoltre che negli ultimi anni l’Ue ha adottato misure per rinforzare lo spazio Schengen, come l’istituzione dell’Agenzia europea delle frontiere e della guardia costiera, controlli sistematici alle frontiere esterne in ingresso e in uscita per cittadini non Ue e un nuovo sistema di registrazione degli ingressi e delle uscite.

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